Il corpo elettrico di Kaitlyn Aurelia Smith

Nell’album The Mosaic of Transformation la statunitense Kaitlyn Aurelia Smith tramuta il sintetico in organico

Kaitlyn Aurelia Smith The Mosaic of Transformation
Disco
oltre
Kaitlyn Aurelia Smith
The Mosaic of Transformation
Ghostly International
2020

La trentatreenne compositrice statunitense Kaitlyn Aurelia Smith include le tecnologie in una visione olistica del mondo e lo dimostra in maniera eloquente nel nuovo lavoro, da lei introdotto così: «Questo album esprime il mio amore e l’apprezzamento per l’elettricità». Intendendo quest’ultima non come banale questione di cavi e morsetti, bensì nei termini di energia vitale: quella generata dal corpo in movimento, tipo il suo raffigurato in copertina nella plastica posizione yoga dello scorpione.

– Leggi anche: Kaitlyn Aurelia Smith, umanesimo elettronico

È bene partire perciò dal fondo, dove troviamo l’episodio più esteso della raccolta, oltre la soglia dei dieci minuti, nonché esplicito a proposito del soggetto: “Expanding Electricity”, suite dall’affascinante portamento sinfonico che nasce da un sommesso bordone d’archi, per poi arricchirsi di un’eterea costruzione polifonica e sfociare infine in un avvolgente crescendo di scuola minimalista.

L’opera ha del resto in sé quel genere di vocazione, frutto del cammino accademico compiuto in gioventù dall’autrice presso il Berklee College of Music di Boston: «Avrei voluto registrarla con una vera orchestra, avendo già scritto tutte le parti, ma non disponevo dei mezzi necessari e allora ho lavorato su campionamenti orchestrali attraverso i sintetizzatori». 

Ecco il polo d’ispirazione opposto: la strumentazione elettronica di natura analogica, in particolare le apparecchiature modulari congegnate da Don Buchla in California dagli anni Sessanta, alla quale si appassionò una volta terminato il ciclo di studi. Esemplare della sua applicazione sul tema è stato nel 2016 Sunergy: disco realizzato in coppia con Suzanne Ciani, antesignana nell’uso di quei macchinari e veterana dell’avant-garde d’oltreoceano, edito nella serie FRKWYS. Eppure, all’ascolto, The Mosaic of Transformation suona quasi per nulla artificiale. Al contrario, evoca paesaggi idilliaci a tinte pastello, come nella poetica pastorale di “Remembering” o nella carezzevole ambient di “Carrying Gravity”.

Sembra dunque un gioco di prestigio – simile a quanto descritto nel titolo del bozzetto d’apertura, “Unbraiding Boundless Energy Within Boundaries”, ossia “Liberando energia sconfinata tra confini” – ciò che la protagonista presenta nella circostanza, all’apparenza un esercizio di alchimia con cui estrarre sostanze organiche da ingredienti sintetici, quando in verità si tratta d’altro: una sorta di ecologia dello spirito nell’era digitale, rappresentata al meglio dal soave mantra elevato in “The Steady Heart” fra eleganti arredi cameristici.

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