Field Music, pop e politica

Open Here è il nuovo album dei Field Music nell’Inghilterra del dopo Brexit

Field Music, nuovo album
Disco
pop
Field Music
Open Here
Memphis Industries
2018

I fratelli Brewis, David e Peter, da sempre coppia motrice del progetto Field Music, sono nati e vivono a Sunderland, nel Nord Est inglese: luogo dove il “leave” ha trionfato nel referendum su Brexit in misura larghissima (oltre il 60%), a tal punto da meritare un reportage di approfondimento sul New York Times.

Niente di nuovo, né sorprendente: una città industriale in crisi di vocazione, esposta perciò ai venti del populismo. L’album realizzato dai due, sesto della serie con quel marchio dal 2005 a oggi (al netto di raccolte antologiche, colonne sonore e divagazioni individuali), riflette ovviamente l’accaduto e i relativi postumi. “Speravo non fosse vero”, recita ad esempio il testo di “Checking on a Message”, quando in “Goodbye to the Country” un verso dice: “Sono certo che sarà divertente fare soldi a spese dei tuoi figli”. Parole da cui trasuda amarezza. Ma ad accoglierle è una cornice pop mai così luminosa in passato: come a compensare la densità narrativa dell’opera maggiormente “politica” concepita dal duo.

Intendiamoci, “pop” nel senso più aristocratico del termine, sulla falsariga di quanto fatto negli anni Ottanta in Gran Bretagna da eccentrici di genio quali XTC, Prefab Sprout o Scritti Politti, mentre se si guarda oltreoceano il modello potrebbero essere gli Steely Dan. Nulla di banale o prevedibile, dunque: linee di accordi complesse, ritmi arzigogolati e arrangiamenti spesso sorprendenti, dall’armonia astratta dell’iniziale “Time in Joy” al melò quasi barocco della conclusiva “Find a Way to Keep Me”.

Una sfida per l’ascoltatore, a un primo approccio. Se si ha però la pazienza di prestare attenzione, è possibile ammirare la brillantezza di gioiellini tipo “Front of House”, dall’ambientazione cameristica, e “Daylight Saving”, delizioso esercizio di manierismo, benché in assoluto il meglio venga distillato nel brano che dà titolo al disco: minuetto allestito in prossimità del “progressive”. Una squisitezza, insomma. E allora si capisce perché la buonanima di Prince avesse un debole per loro.

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