Cigarettes After Sex, fra tabacco e Venere
Le canzoni sensuali del gruppo statunitense, fra Badalamenti e gli xx.
09 giugno 2017 • 2 minuti di lettura
Cigarettes After Sex
Cigarettes After Sex
Già il nome descrive l’atmosfera: rilassatezza post-coitale al gusto di tabacco. E le musiche si accordano su quel registro: languide, quasi sfibrate, venate di malinconia e ovviamente sensuali. Dieci canzoni destinate con ogni probabilità a fare la fortuna del quartetto creato dal texano naturalizzato newyorkese Greg Gonzalez: uno che cita fra le proprie fonti d’ispirazione Françoise Hardy e Leonard Cohen, insieme al Davis di Kind of Blue. E in più ci mette un tocco cinematografico, dovuto a un precedente lavorativo in una sala d’essai di Manhattan, il Beekman Theatre, dove programmava i suoi film preferiti, da L’avventura di Antonioni a La doppia vita di Veronica di Kieslowski, benché all’ascolto – per associazione d’idee – venga in mente soprattutto l’accoppiata Lynch/Badalamenti: la seducente “Each Time You Fall in Love” sembra uscita dalla colonna sonora di Blue Velvet, così come l’eloquente “John Wayne”, del resto.
<a data-cke-saved-href="http://cigarettesaftersex.bandcamp.com/album/cigarettes-after-sex" href="http://cigarettesaftersex.bandcamp.com/album/cigarettes-after-sex">Cigarettes After Sex by Cigarettes After Sex</a>
Dal principio, scandito dal ritmo indolente di “K.”, alla fine, sulle note di “Young & Dumb”, intonata fra spire di vapori narcotici, il primo album delle “sigarette” tesse l’apologia di un romanticismo voluttuoso, piuttosto esplicito nei testi – “Allora apri il vestito e mostrami le tette”, in “Sunsetz”, oppure “So benissimo che sei la santa patrona dei pompini”, nel citato brano di chiusura – e però sempre garbato nella forma, verosimilmente in virtù del timbro fragile della voce androgina di Gonzalez. Esemplare dell’equilibrio tra i vari fattori costitutivi è “Apocalypse”, dotata di un “gancio” pop sottile ma affilatissimo.
Divenuta tempo fa un caso da milioni di visualizzazioni su YouTube, la band statunitense si appresta a capitalizzare il culto cresciutole intorno per mezzo di questo disco, che non propone nulla di nuovo – siamo in una zona intermedia fra lo spleen da cameretta stile The xx, la sognante catalessi dei Beach House e il vellutato slowcore degli Spain – svolgendo tuttavia il compito con ammirevole meticolosità e ottenendo in cambio un prodotto pressoché perfetto.