Andrea Laszlo De Simone, una lunghissima ombra fuori dal tempo

La nuova "opera" dell’artista torinese venerato dai francesi

AC

16 ottobre 2025 • 3 minuti di lettura

Andrea Laszlo De Simone
Andrea Laszlo De Simone

Andrea Laszlo De Simone

Una lunghissima ombra

42 Records 2025

Fin dalle generalità, nulla è ordinario nel mondo di Andrea Laszlo De Simone: artista torinese venerato in Francia, dove in passato ha mietuto gli elogi della grande stampa (da “Liberation” a “Le Monde”) e si è guadagnato lo scorso anno il César per la colonna sonora del film di Thomas Cailley Le Règne Animal.

Refrattario a esibirsi in pubblico, nell’estate del 2021 aveva annunciato su Facebook la decisione di sospendere l’attività dal vivo “a tempo indeterminato” per potersi dedicare al ruolo di “padre di famiglia”. Era alla vigilia di alcuni concerti con l’orchestra intestata all’Immensità (suite che nel 2019 aveva catturato l’attenzione in Italia e all’estero), reduce dall’essersi intrufolato inopinatamente nelle playlist radiofoniche nazionali con il singolo “Vivo”, divulgato in origine attraverso un sito web che irradiava immagini captate da telecamere posizionate in giro per il globo.

Il punto è questo: Laszlo comunica in maniera complessa. La musica sta al centro, ma non è mai unico elemento della messinscena. Annunciando a maggio sui social media l’uscita di Una lunghissima ombra, ha postato in rete l’intero corredo visivo del progetto, sonorizzato esclusivamente da audio ambientali.

Il contenuto musicale arriva adesso, impresso materialmente su doppio vinile: un’ouverture, quattro interludi e una dozzina di brani nell’arco di 67 minuti. La parola esatta è: “opera”. Con tutto l’implicito anacronismo che ciò comporta, nella nostra era scandita da consumi frammentati e compulsivi. De Simone si pone dunque fuori dal tempo.

Per raccontarci cosa? “Emozioni intrusive, pensieri, ricordi e sensi di colpa; desideri, debolezze e dubbi che si proiettano sulla realtà”. Lo fa alla soglia dei 40 anni, concludendo la sequenza con la traccia depositaria del titolo, introdotta da una semplice constatazione: “Io mi accorgo di essere diventato grande”. E tuttavia, appena qualche canzone prima, aveva confessato in “Un momento migliore”: “Ho scelto di voler restare bambino, di non seguire l’esempio di nessuno”.

Anticipato da un conto alla rovescia confuso in un vociare festoso (il video è stato pubblicato a Capodanno), quell’episodio costituisce – in termini cronologici e non solo – il baricentro dell’album.

Registrato nel suo studio Ecce Homo, suonando in proprio un’infinità di strumenti e affidandosi per il resto – archi, fiati e cori, soprattutto – a un manipolo di fidati collaboratori, il nuovo lavoro espande su larga scala l’idea di pop orchestrale da lui perseguita. Non ha timore di tradurre la vastità dell’ambizione in grandeur, a rischio di fare la fine di Icaro (eventualità esplorata nello splendore di “Planando sui raggi del sole”: “Voliamo come angeli…”), né di inseguire l’irraggiungibile fantasma di Battiato nell’incalzante mantra elettronico di “Non è reale”.

Una certa autoindulgenza fa parte del gioco: ecco allora la voce di Lucia, la figlia secondogenita, all’inizio di “Per te”, fischiettante ballata rivolta espressamente a lei, e la prolungata seduta di autoanalisi esistenziale compiuta in “Quando”.

Sbaglieremmo però a isolare i singoli tasselli del mosaico: in questo caso è davvero l’insieme che va considerato.

Oggetto demodé, concept si diceva una volta, Una lunghissima ombra è – a detta dell’autore – “un disco da vedere, un film da ascoltare”. Richiede pertanto dedizione: merce rara ai giorni nostri.