World music italiana, eppur si muove

Gli album di Arneo Tambourine Project, Alessio Bondì, Tiziana Fuochi, Bonifica Emiliano Veneta, Stefano Saletti

Alessio Bondì
Alessio Bondì
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Eppur si  muove. Cosa? Il mondo di quella che, almeno fino a quattro lustri fa si definiva, con scarso senso del ridicolo e rombante volontà di definire ogni cosa con un'etichetta, “world music italiana”. 

Perché lo si dice? Perché questa fumigante stagione internettiana e piattaforme-dipendente in cui se va bene si ascoltano, per farselo piacere, quindici secondi di un brano che nasce già cotto e mangiato alla bisogna ha attorno, attraverso, a lato isole di resistenza che sembrano bellamente ignorare tali (il)logiche di mercato. Pur facendo parte del mercato esse stesse. Forse consapevoli di esserlo, isole, e allora ben venga qualche accorto turista culturale dell’ascolto che continua a pensare che note nate sulla tradizione e l'incrocio delle stesse, e non sul tradizionalismo, possano accorpare quantità di bellezza ancora necessaria per vivere un po’ meglio.

Prima segnalazione  per il Salento infuocato di Giancarlo Paglialunga con il suo Arneo Tambourine Project di Arnissa, una macchina biologica del ritmo che accorpa in formazione ben nove tamburellisti, tutti anche vocalist, il solista Francesco Motolese, e poi corde, fisarmonica e organetto  per un viaggio davvero senza respiro tra pizziche e tarantelle.

 

Sorprendente e coinvolgente assieme il nuovo disco del cantautore palermitano Alessio Bondì, che ricordiamo alle prese con solari, radiose avventure sonore a gettare un ponte tra Sicilia e Brasile. In Runnegghiè (Maia) Alessio Bondì svela il senso di una ricerca durata molti anni per arrivare al cuore della musica popolare siciliana, ricerca condotta in archivi etnomusicologici e ascoltando i preziosi documenti sonori del secondo dopoguerra, raccolti nella Sicilia rurale. Tutto si armonizza in otto splendidi canti che tengono assieme tradizione e radente modernità negli arrangiamenti, concepiti per un sestetto elettroacustico di grande precisione strumentale.

Chiamata a raccolta di talenti che poco hanno bisogno di presentazioni per il nuovo disco di Letizia Fuochi (Ma.So), La scelta, scritto in occasione dell'ottantesimo anniversario della Liberazione, e col patrocinio dell'Istituto storico toscano della Resistenza: ci trovate Riccardo Tesi, Chiara Riondino, Alberto Morselli, Filippo Chieli, Francesca Breschi, Anna Maria Castelli, Anna Granata, Sara Rados, Paolo Lambardi, Cinzia Blanc, Francesca Torselli, Oretta Giunti, Silvia Poli. Tutti assieme a dar corpo e spessore “popolare”  a nuovi brani accostati a "Dante di Nanni" degli Stormy Six, Se "Equivocò la Paloma" di Rafael Alberti, e due testi, musicati da Fuochi, pubblicati nel 1945 dai letterati partigiani Raffaello Ramat e Carlo Coccioli.

Splendido il ritorno discografico, spostandoci a nord, per la Bonifica Emiliana Veneta, per la quarta incisione in studio, Quattro, appunto (Visage), dopo un’assenza di quasi vent’anni. Formazione a sei con la voce guida, il piffero e i sassofoni di Marco Mainini, e cinque altri musicisti coinvolti a rinforzo per atmosfere che riescono al contempo a suonare trasognate e terragne, merito di arrangiamenti raffinati e attenti (magnifica la “pasta sonora” dei fiati unita al ronzare delle corde nelle danze “trad”), ennesimo  e notevole “carotaggio culturale” nel patrimonio immateriale sonoro dell'Appennino e delle Quattro Province, a sostenere nuove composizioni che rilanciano un'eredità preziosa.

Di nuovo rotta a Sud, ma è un sud dell'anima più che un preciso, pignolesco riferimento geografico con Mediterranima, il nuovo lavoro di Stefano Saletti, per Materiali Sonori. L’autore presenta qui un sontuoso parterre di ospiti: le voci femminili Gabriella Aiello, Yasemin Sannino, Ginevra Di Marco, Elena Ledda, Lucilla Galeazzi, Eleonora Bordonaro, Fabia Salvucci, i membri storici dlela Banda Ikona, e talenti navigati e guizzanti come Roccardo Tesi, Rita Marcotulli, Nando Citarella. Tutti brani originali, spesso sapientemente ispirati da schegge sonore mediterranee diverse, con la scelta strepitosa di tradurli e farli cantare in Sabir, l’antica lingua franca di comunicazione che usavano marinai e mercanti del Mediterraneo fino ai primi anni del secolo scorso. Un altro tassello di civiltà per un mondo che deraglia verso contrapposizioni velenose.

 

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