Paolo Carrus e Manuela Mameli, il jazz (sardo) del futuro

Il giornale della musica presenta i finalisti del Premio Parodi

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Dal 13 al 15 ottobre si tiene a Cagliari la nona edizione del Premio Parodi. È un'edizione di altissimo livello, che conferma come il Parodi si sia ormai imposto come il maggior appuntamento italiano dedicato alla world music: "il giornale della musica" – media partner del Premio – vi presenta gli artisti finalisti.

Negli anni, la musica sarda ha avuto diversi incontri con il jazz, con le sue pratiche e i suoi stilemi (con poco timore di essere smentiti: molto più di quanto altre tradizioni regionali italiane abbiano fatto). In questo solco si inscrive anche il progetto della cantante Manuela Mameli insieme al pianista e compositore Paolo Carrus, con Matteo Marongiu al contrabbasso e al giovane Giovanni Mameli alla batteria. Un progetto nato in occasione della tesi di laurea della Mameli, che mira proprio a riproporre questo dialogo, partendo dalle sue radici "storiche" (ad esempio con composizioni di Gavino Murgia) e arrivando fino a nuove composizione firmate da Carrus. Proprio il pianista, che può vantare una lunga e fertile frequentazione con questo genere di repertorio, ha risposto alle nostre domande.

Forse poche tradizioni regionali italiane hanno cercato un dialogo con il jazz come quella sarda… C’è ancora qualcosa di nuovo da dire, nel 2016? Come si fa – nella pratica musicale, del musicista che mette le mani “dentro” la musica – a creare qualcosa di originale con questi “ingredienti”?
«Ho sempre scritto composizioni basate sul mio background musicale; non è una scelta deliberata, sono un sardo cresciuto con i canti e i balli sardi, il jazz l’ho assimilato per passione dai dischi in vinile che consumavo con ascolti ripetuti. Per quanto riguarda la sintesi fra il jazz e la musica sarda, siamo ancora all’inizio. Nel jazz del futuro il contatto con la matrice afro-americana è destinato a stemperarsi per accogliere forme musicali assai diversificate. Ma questo vale per tutti i generi musicali e artistici».

 
 
  Quali sono i modelli del progetto con Manuela Mameli?
«Sono i modelli che abbiamo vissuto: il quartetto jazz, la voce utilizzata anche come strumento musicale, la musica popolare. Per i brani con i quali partecipiamo al concorso la forma della canzone popolare è un punto di riferimento essenziale. Il brano "Sa stella" è una mia composizione inedita; Manuela ha scritto il testo».

Voi partecipate al Premio Parodi, un concorso intestato alla “world music”. Vi riconoscete in questa etichetta?
«Sì, con la massima apertura possibile. Siamo legati intimamente alla tecnica dell’improvvisazione e alla sonorità prevalentemente acustica. Utilizziamo la strumentazione tipica del quartetto jazz».

Un esercizio di profezia: come sarà la “world music” fra vent’anni?
«I generi musicali sono una semplificazione della realtà. Con la diffusione delle reti, la creazione musicale è sempre più aperta agli apporti delle culture del mondo. L’arte inesorabilmente segue l’evoluzione della globalizzazione e fra vent’anni la world music avrà percorso un ulteriore passo per il raggiungimento di un ruolo centrale nel panorama della musica d’arte».

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