Non si può più cantare il gregoriano come cinquant’anni fa

Per i 50 anni dell’Associazione Internazionale Studi di Canto Gregoriano intervistiamo Giovanni Conti e Alessandro De Lillo

PS

17 dicembre 2025 • 9 minuti di lettura

Kiedrich Pfarrkirche Choralbuch
Kiedrich Pfarrkirche Choralbuch

L’Associazione Internazionale Studi di Canto Gregoriano ha compiuto 50 anni, e nel luglio scorso  ha organizzato a Vicenza una grande tavola rotonda intitolata “(Ri) Costruiamo il futuro del canto gregoriano”, chiamando a raccolta gregorianisti, paleografi, musicologi, archivisti e direttori di coro per fare il punto sullo stato delle prassi storicamente informate e delle teorie che le ispirano.

La Associazione fondata nel 1975 conta oggi un grande numero di appartenenti, grazie anche alla attività dei corsi che hanno contribuito a far crescere il numero di persone che coltivano questa tradizione, che rappresenta una delle più importanti fondamenta della storia della musica europea.

Per raccontare questo importante traguardo della vita della Associazione e ricordare brevemente le tappe della sua storia, abbiamo intervistato Giovanni Conti, musicologo presidente della sezione italiana e Alessandro De Lillo, gregorianista con una grande esperienza didattica.

Com'è nata la vostra associazione e chi sono i suoi fondatori?

Giovanni Conti: «L'Associazione è nata nel 1975 dall'idea di rendere più efficace l'insegnamento di Eugène Cardine, questo monaco francese che viveva a Roma, dove ha sviluppato tutta la sua teoria, che poi è sfociata in quella che per noi oggi è la semiologia gregoriana. Questa è essenziale per la prassi esecutiva del canto gregoriano, perché ci permette di andare oltre il segno grafico in sé per comprenderne il significato, quindi dalla paleografia alla semiologia. Insegnava al Pontificio Istituto di Musica Sacra, e insieme ai suoi allievi ha deciso di fondare un'associazione, nata già internazionale perché tra gli altri c'era una francese, un italiano, un brasiliano… Oggi la semiologia gregoriana è fondata su basi scientifiche, riguardo le prassi e gli approcci a questo repertorio storico, ma a quel tempo c’erano teorie un po' aleatorie, perché si era alla costante ricerca di un ritmo da dare a questo canto e ognuno diceva la sua. Già alla fine dell'Ottocento, ma poi per buona parte del Novecento, nacquero tutta una serie di teorie in varie parti del mondo, dagli Stati Uniti all'Europa, soprattutto in Francia, che cercavano di dare un senso ritmico al canto gregoriano.

Naturalmente alcune teorie sono prevalse, tipo quelle dell'Abbazia di Solesmes, alla quale paradossalmente apparteneva questo monaco francese, ma lui aveva trovato una chiave di lettura che si basava sul dato del manoscritto e non su aspetti puramente musicali. Per cercare di dare un ordine alla melodia, si inventavano alternanze di ritmi  binari e ternari, e la semiologia ha completamente spostato l'asse sul testo e sul rapporto che il testo ha con la melodia. Da qui l'esigenza di avere un gruppo di persone preparate, con degli studi specifici alle spalle, che hanno iniziato a mettersi assieme per continuare a dar vita a un percorso che è continuato e Alessandro e io siamo qui per questo motivo. Dunque la sezione italiana è stata la sezione fondante di una associazione internazionale, e poi crescendo negli anni si sono creati di gruppi di studiosi linguisticamente aggregati in sezioni distinte».

Quante persone ne fanno parte oggi?

G.C. «In tutto il mondo saremo 600-700, tenendo conto che abbiamo una sezione italiana, una germanofona, che comprende Germania, Austria, la Svizzera tedesca e alcuni paesi tipo l'Olanda, poi una sezione in Spagna  che abbraccia anche alcuni paesi dell'America Latina. Inoltre abbiamo una sezione in Giappone, fondata da persone di lingua tedesca, e a gennaio  sarò in Brasile per la fondazione della sezione brasiliana».

Manoscritto Biblioteca Capitolare Verona
Manoscritto Biblioteca Capitolare Verona

La semiologia e la prassi esecutiva sono i principali obiettivi delle attività della AISCgre.

Alessandro De Lillo: «La sezione italiana si è caratterizzata da subito come una sezione didattica creando dei corsi. Questo è stato determinante perché per diversi anni sono stati unici in tutta Europa con allievi da molti paesi soprattutto del nord ossia tedeschi e olandesi, e nei corsi di Cremona c’erano 150 iscritti. Poi col passare del tempo i corsi si sono moltiplicati in diversi luoghi. La caratteristica italiana è ancora quella, nel senso che è la sezione che si caratterizza per il maggior numeri di momenti formativi».

G.C. «La vocazione didattica all'epoca della fondazione dell'associazione è stata un po' una necessità, perché si voleva dare una risposta concreta e diffondere questo nuovo verbo semiologico che era stato anche abbastanza osteggiato fino a quel momento, perché la vecchia prassi esecutiva del canto gregoriano era diffusa e faceva parte di un patrimonio comune difficile da sradicare. In quella fase c’era l’esigenza di diffondere tutte le novità sulla interpretazione, frutto di ottanta anni di studi a partire dalla fine dell'Ottocento, con la pubblicazione dei manoscritti in formato fotografico e le riviste specialistiche, che hanno preparato il terreno perché questa rivoluzione potesse avvenire. In tutta Europa vigeva una prassi esecutiva nota contro nota, con esecuzioni omoritmiche o isoritmiche, se così vogliamo chiamarle. Sostanzialmente la parola si perdeva rispetto a una ritmica predefinita molto mensuralistica. La vocazione didattica è stata inizialmente e storicamente una necessità e poi è diventata la nostra odierna principale ragione associativa, e noi sulla scia di quei maestri proseguiamo questo discorso».

A.D.L. «L'attività primaria è stata quella della decodificazione dei neumi  delle principali notazioni europee sviluppate a partire dal nono o decimo secolo in poi, come la scrittura sangallese, metense, la aquitana, e ci sono voluti decenni dedicati alla decodificazione della funzione, oltre che della morfologia di questi neumi. Una volta decodificato il neuma e la sua funzione si è studiata l'applicazione della scrittura neumatica alla parola e si è visto che si trattava di sistemi già estremamente evoluti per l'epoca in cui sono stati elaborati. La scrittura sangallese è una scrittura che nel momento in cui compare sullo scenario paleografico, diciamo internazionale, quindi siamo intorno alla fine del nono inizio decimo secolo, è un sistema perfettamente formato.  Se vogliamo è davvero straniante per la nostra concezione dell'alto medioevo, perché si tratta di un sistema che invariabilmente ti dà delle indicazioni ritmiche, melodiche, espressive ed esecutive in maniera molto molto precisa. La principale conquista è stata questa, poi si è trattato di applicare alla prassi queste prescrizioni ritmiche e melodiche e questo invece è stato un processo più lento, faticoso, ricco di contrasti, ricco anche di contraddizioni e di interpretazioni diverse, perché oggi noi ragioniamo sull'interpretazione ritmica e melodica basandoci su un sistema che però è stato elaborato un migliaio di anni fa. Quindi non è un'azione semplicissima quella che noi stiamo conducendo, però abbiamo numerosi elementi di certezza su cui possiamo fare leva, non a caso i nostri predecessori hanno chiamato la semiologia una scienza, questo perché determinati fenomeni sono ripetibili, verificabili e validi per varie notazioni, quindi questo processo assume una conformazione scientifica o parascientifica».

Dunque l'idea che la notazione si sia perfezionata ed evoluta progressivamente, e quella medievale fosse soltanto embrionale è una prospettiva profondamente errata.

A.D.L. «È la visione evoluzionistica che non può essere applicata alle notazioni. Le notazioni nascono già perfezionate nella loro integrità e poi tendono ad avere fenomeni di decadenza, di approssimazione ma tutte le notazioni nel momento in cui nascono sono già perfette nel loro sistema di collegamento del suono con la parola. Mi riferisco per esempio a una notazione beneventana che nasce con una ricchissima gamma di elementi espressivi e poi nel suo sviluppo piano piano va a decadere. Quindi la visione evoluzionistica non può essere applicata alle notazioni».

G.C. «Paradossalmente, per collegarmi a quello che diceva Alessandro molto bene, si potrebbe parlare addirittura di involuzione, se l'approccio è quello di pensare a un percorso in cui la notazione da qualcosa di antico e primitivo si perfeziona sempre più. Ed è questa, per quanto mi riguarda, la difficoltà con gli studenti dei conservatori, e in generale i musicisti, quella di far capire che quel sistema di scrittura musicale era molto più interessante di quanto possa essere quello oggi. Oggi ci trasmette l’altezza e la durata dei suoni, ma poi il compositore deve inventarsi mille sistemi per darci delle ulteriori informazioni. La notazione medievale, con la modificazione del segno base, ci dice esattamente che cosa dobbiamo fare. Chiaramente non ci dà altre informazioni, perché siamo in un contesto in cui la melodia è ancora nella testa dell'esecutore, viene tramandata oralmente, però ci dice esattamente come eseguire. Non ci dice che cosa, ma ci dice come, cosa che  attualmente non è possibile, mentre il segno neumatico ti dà delle indicazioni, ti dice come devi allargare, se devi essere più veloce e se mettere in rilievo una consonante. Sono tutte questioni che visivamente il cantore esegue naturalmente conoscendo già il brano».

Silvestro de' Gherarducci- Gradual 1 – San Michele a Murano (Folio 32)
Silvestro de' Gherarducci- Gradual 1 – San Michele a Murano (Folio 32)

Chiaramente la sua funzione è quella di esaltare, comunicare, trasmettere il testo sacro.

G.C. «E anche di supporto mnemonico, perché dobbiamo essere onesti, un conto è la realtà del cosiddetto canto gregoriano nel quinto, sesto, settimo  e un conto nell’ottavo e nono secolo. Il repertorio della Chiesa si amplia e quindi le esigenze diventano maggiori. Cioè, se c'è una festa liturgica che nasce nell'ottavo secolo, dall'ottavo secolo in avanti bisogna cantarla, prima non si cantava, e così così la celebrazione dei Santi, i Santi si moltiplicano. Tutto questo è repertorio e quindi la memoria ha necessità di avere un supporto. Non so se sia la verità assoluta, ma la nascita del neuma  sicuramente è in parte anche causata dal fatto che l'hard disk umano non mantiene più un certo numero di informazioni e quindi la scrittura in un certo modo aiuta a riportare alla luce ciò che è nella memoria. E poi questi raffinati segni, presentano10-15 modifiche e ognuna di queste ha un suo significato. Chi conosce la paleografia poi applica il concetto della semiologia, quindi il significato, e sa esattamente come comportarsi. Ecco perché abbiamo potuto passare da un'esecuzione statica, che è quella che ancora si sente se vai in una basilica romana e senti i canonici, a una esecuzione che è il canto della parola, nel vero senso della parola, perché è slegata da idee di durata del suono, perché dura tanto quanto la sillaba. È un canto della parola, ed è la sillaba che determina, almeno per certi versi, la durata del suono. È la sillaba tonica. Quando parliamo non ci accorgiamo ma le diamo un po' più di sostanza e le sillabe pretoniche e postoniche hanno un altro valore, ed è esattamente la stessa cosa».

La creazione dei corsi e l'attività sviluppata in questi decenni oltre a diffondere la prassi del canto gregoriano, ha contribuito a farlo apprezzare anche in ragione del suo valore spirituale.

A.D.L. «Negli anni noi abbiamo formato centinaia di figure musicali e non solo, direttori di coro, musicologi, semplici studiosi, appassionati, operatori liturgici e il nostro auspicio è che le modalità di esecuzione e  interpretazione che noi cerchiamo di trasmettere, vengano poi applicate in maniera abbastanza ortodossa anche nei rispettivi settori di intervento. Molti dei nostri corsisti poi a loro volta sono stati anche promotori di iniziative legate al canto gregoriano nelle rispettive parrocchie o abbazie o altri settori di intervento. Non so se siamo stati in grado di modificare, come dire, la situazione generale del canto gregoriano nella chiesa, questo probabilmente no, però sicuramente abbiamo seminato degli interessanti spunti di riflessione».

G.C. «Devo specificare che l'associazione non ha mai avuto la pretesa di intervenire come attore in un contesto religioso e liturgico. Cioè noi proponiamo lo studio dal punto di vista culturale e storico, che entra nel discorso religioso, ma ognuno se lo gestisce come meglio crede. Il carattere aconfessionale dell'associazione è il più possibile salvaguardato. I testi sono tutti biblici, per cui quando si entra nel discorso del rapporto tra la melodia che è generata dalla meditazione di questi testi non si può prescindere da tutto questo, così come la storia di una liturgia che dagli inizi della cristianità ad oggi è mutata diverse volte, e nei suoi mutamenti ha anche mutato la storia del repertorio musicale per la liturgia. Quando eravamo giovani studiavamo la musica barocca in un certo modo. Io andavo a lezione dal mio maestro d'organo e se si suonasse Bach come lo si proponeva allora, oggi ti lapiderebbero… Dunque oggi non si può più cantare il gregoriano del medioevo come lo si cantava 50 anni o 60 anni fa».