Nigeria tra musica e repressione

I musicisti nigeriani si mobilitano sui social chiedendo la fine della violenza e della brutalità di polizia e gruppi paramilitari

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Burna Boy si prepara per la cerimonia dei Grammy 2020 (foto Twitter @burnaboy)
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La Nigeria sta vivendo l’ennesimo momento drammatico della sua fragile democrazia post-coloniale. La musica, almeno dagli anni Settanta dello scorso millennio, ha giocato un ruolo importante per dare voce alle battaglie di opposizione ai regimi militari e ai personaggi ambigui che si sono succeduti alla guida del Paese: oggi è ancora così?

#EndPoliceBrutalityinNigeria

Sabato 17 ottobre: il Napoli sta vincendo 3-0 sull’Atalanta, è il 43° minuto del primo tempo quando Victor Osimhen, calciatore nigeriano del Napoli, dopo aver controllato col petto un lungo rilancio del suo portiere, riesce a girarsi e a far partire un missile verso la porta avversaria. È gol, il suo primo in serie A: dopo l’esultanza di rito, il calciatore esibisce in favore di telecamere una t-shirt con la scritta “End police brutality in Nigeria”.

Passano poche ore e a Crotone si ripete la stessa scena: Simeon Tochukwu Nwanko, dopo aver trasformato il rigore del momentaneo vantaggio contro la Juventus, mostra una maglietta uguale alla precedente. È così che una parte di italiani – quella appassionata di calcio – apprende che in Nigeria sta succedendo qualcosa di grave, qualcosa che, come troppe volte succede, non ha trovato spazio nei telegiornali italiani, impegnati a snocciolare dati e pareri contrastanti sull’andamento dei contagi da COVID, a parlare della malattia di Trump e a liquidare come “contro-golpe” la vittoria del partito Movimento per il Socialismo di Evo Morales alle elezioni boliviane.

Ma cosa sta succedendo in Nigeria? Per mesi la popolazione ha protestato contro i metodi brutali messi in atto dalla famigerata Special Anti-Robbery Squad (SARS) fino a ottenerne lo scioglimento l’11 ottobre ma, come ci ha insegnato Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo, la maniera migliore per cambiare niente è cambiare tutto ed ecco che allo squadrone è stato cambiato il nome ma la sostanza è rimasta immutata. E quindi è continuata la brutalità, figlia di superficialità nell’arruolamento, della presenza di estremisti di destra negli organici, della mancanza di formazione, della impunità dei reati commessi, del corporativismo tra gli agenti. Il culmine è raggiunto a Lekki la notte del 20 ottobre quando, durante il coprifuoco imposto dal governo, l’esercito con l’aiuto di membri del SARS fa irruzione nella biglietteria del traghetto per Lagos, aprendo il fuoco contro i manifestanti inermi che da due settimane la occupavano: il bilancio è pesante, i morti a Lekki sono almeno venti e quarantasei in tutta la Nigeria, ben di più i feriti.

Chi è il presidente della Nigeria? Muhammadu Buhari, 78 anni ed ex-generale, già in carica dal 1983 al 1985 in qualità di presidente del Consiglio Militare Supremo. Diamo un’occhiata alla discografia di Fela Kuti: "Original Sufferhead" e "Coffin for Head of State"quest’ultimo dedicato alla madre morta all’inizio del 1978 in seguito alle ferite riportate durante un attacco alla comune di Kalakuta messo in atto da soldati dell’esercito nigeriano – sono del 1981, e bisogna aspettare fino al 1986 per ascoltare il successivo "Teacher Don’t Teach Me Nonsense”. Nel 1984 il governo di Buhari, di cui Kuti era un convinto oppositore, imprigionò il musicista per esportazione illegale di valuta straniera, accusa che Amnesty International e altre associazioni umanitarie denunciarono come pretestuosa e motivata esclusivamente da ragioni politiche. Fela Kuti venne rilasciato dopo venti mesi di detenzione.

Per ironia della sorte, trentacinque anni dopo i giovani nigeriani si trovano a combattere contro lo stesso nemico, ma la lotta è resa ancora più difficile dalla pandemia, senza dimenticare che la Nigeria, coi suoi 206 milioni di abitanti, è il Paese africano più popoloso e che in pochi mesi il numero di persone che vivono nel nord-est  e che necessitano di assistenza umanitaria urgente è passato da 7,1 milioni agli attuali 7,9 milioni; altri 3,8 milioni di persone vivono in una condizione di insicurezza alimentare.

La Nigeria è stata definita "il cuore della musica africana": oltre a vantare un vasto patrimonio di musica etnica tradizionale – parte della quale ha influenzato, in seguito alla tratta degli schiavi, la musica americana – è stata la culla o il luogo di massimo sviluppo di moltissimi generi di musica pop africana di grande importanza, come la palm wine music, la highlife, l’afrobeat e le varianti nigeriane dell'hip hop e della dancehall, fondamentali per lo sviluppo del cosiddetto afrobeats, genere che ha conquistato gran parte del continente africano.

I nuovi eroi musicali dei giovani nigeriani sono Burna Boy, Fireboy DML, Wizkid e Davido, artisti che preferiscono farsi portavoce della protesta attraverso i social piuttosto che attraverso i testi delle loro canzoni: Burna Boy ha appena cambiato la foto del suo account Twitter mettendo una bandiera nigeriana insanguinata, mentre Fireboy DML ha messo un pugno chiuso e come sfondo il claim #EndPoliceBrutality.

#EndPoliceBrutalityinNigeria

Dopo aver pubblicato lo scorso anno l’acclamato African Giant, Burna Boy è tornato sotto i riflettori con Twice as Tall, un progetto colossale che vede il coinvolgimento di Chris Martin, Stormzy, Youssou N’Dour, Naughty by Nature e Sauti Sol, con la produzione di Sean “Diddy” Comb.

Ecco il video di “Real Life”, la collaborazione con Stormzy, un ponte per colmare il divario tra la Nigeria e la sua diaspora, girato in una periferia londinese tra amicizia, amore, famiglia e droghe leggere.

Anche Fireboy DML ha da poco messo in circolazione il suo secondo album, Apollo, 17 canzoni che vedono la collaborazione di D Smoke, Wande Coal e YBNL e che alla loro uscita si sono guadagnate il riconoscimento di Best New Music sulla rivista Pitchfork, grazie al loro mix riuscito di pop e R&B.

Per il trentenne Wizkid il successo arriva nel 2016 grazie alla partecipazione a “One Dance”, il blockbuster di Drake numero uno in 15 nazioni.

Un mesetto fa è stata la volta di Made in Lagos, il suo quarto lavoro e senz’altro il più sofisticato finora. Kingston, Londra, la California e Lagos contribuiscono a dare vita a 14 canzoni perfette per essere ascoltate sotto le lenzuola. Anche in questo caso la lista degli ospiti è imponente: Damian Marley, H.E.R., Skepta, Ella Mai, Tems e l’amico Burna Boy.

Esce a giorni il terzo album di Davido, A Better Time, e il singolo che lo precede, “FEM” (stai zitto, nello slang nigeriano), è la sua risposta al disaccordo scoppiato con Burna Boy all’inizio di quest’anno. Dopo nove ore dalla pubblicazione il video era stato visto da più di un milione di persone e oggi veleggia verso gli undici milioni di visualizzazioni.

Sono lontani i tempi del panafricanismo e del pansocialismo di Fela Kuti. Questi sono artisti che sono nati con la rete e che la sanno usare, molto attenti al mercato e alle tendenze. Ciò non toglie che il loro appoggio alla protesta in corso in Nigeria sia totale: al giorno d’oggi ha un’influenza maggiore un loro tweet contro il governo di una canzone di protesta: #EndPoliceBrutalityinNigeria.

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