Naomi Berrill, la forza delle fragilità

Due concerti per StringsCity e un nuovo disco per la violoncellista e cantante irlandese, fiorentina d’adozione

Naomi Berrill
Articolo
oltre

Le corde all’inferno. Naomi Berrill quando entra con il violoncello nella Sala “Inferno” del Centro Internazionale per le Arti dello Spettacolo Franco Zeffirelli a Firenze, nello stupefacente gioco di nuvole che si rincorrono minacciose sopra di lei, appare ancora più esile. È lì per il suo primo set della rassegna StringsCity – in 48 ore ottanta eventi musicali dedicati agli strumenti a corda diffusi in 50 luoghi della cultura della Città Metropolitana – il secondo la vedrà impegnata nel pomeriggio nella Cappellina delle Murate. Le basteranno in realtà poche note per diradare quelle nuvole, creare un ambiente magico e poetico tra i bozzetti scenografici dell’Inferno Dantesco secondo Zeffirelli.

Sorprende subito la scelta del repertorio: Billie Holiday, Nina Simone, Nick Drake. Personaggi, le prime due, apparentemente lontane da lei sia sul piano strumentale che vocale, ma la Berrill, cosa che riesce solo ai grandi interpreti, annulla questa distanza rendendo tutto credibile, coerente, piacevole. L’artista irlandese smussa l’asprezza inquieta della Holiday – non potrebbe fare altrimenti con la delicata tessitura vocale della quale dispone – ma ne salvaguarda profondità e emozionalità esistenziale. Della Simone evidenzia con leggerezza espressività, libertà melodica, le inflessioni blues. Un omaggio commosso, originale a due grandi donne afroemaricane. Di Drake, più vicino alla sua poetica di cantautrice, la Berril sottolinea la ricchezza delle sfumature, i caratteri intimistici, fragilità, malinconia e introversione.

Non si può nemmeno rimanere indifferenti anche allo stile strumentale, alla tecnica che la Berril esprime nell’uso del violoncello. Uno stile efficacissimo che combina, mischia aspetti ritmico-melodici, dall’accompagnamento alle parti soliste. Un equilibrio mirabile che le permette di usare lo strumento come chitarra, contrabbasso, percussione senza rinunciare però agli aspetti più classici con l’archetto e il pizzicato. Su questo background vitalissimo la fragilità della voce risalta nei suoi aspetti più intensi e coinvolgenti. Una fusione perfetta.

Le corde nell’acqua. Il set pomeridiano nella Cappellina delle Murate la Berrill lo dedica alla presentazione del suo ultimo lavoro To the sky per Casa Musicale Sonzogno (Distr. Egea). Dieci tracce da lei composte, che la vedono quindi mettersi in gioco anche come compositrice, che con risultati alterni confermano l’originalità, la qualità artistica del suo percorso. Lavoro incentrato intorno a un elemento – l’acqua –, tema al quale dedica le composizioni sia sul piano evocativo (mare, viaggio, marinai e terre lontane) ma anche sul piano acustico-sonoro, nonché con venature di impegno ambientalista.

Sul fronte strumentale l’artista irlandese, oltre al fido violoncello, suona chitarra e concertina. Si avvale anche della collaborazione dei fratelli Matthew (clarinetto) e Peter (tromba) – la famiglia ha un ruolo fondamentale nel percorso musicale della Berril – e del pianista Simone Graziano (con il quale ha collaborato nel 2016 in un progetto su Jimi Hendrix).

To the sky è un viaggio, tra poesia e delicatezze, che cattura proprio perché evidenzia un aspetto compositivo naturalistico, un approccio, che la compositrice definisce artigianale, a una musica al servizio dell’emozione di un colore, di un suono, di una marea, ma anche di una visione di un mondo che sta rischiando una involuzione sia sul fronte umano che ambientale. Un messaggio di speranza quasi sottovoce, nel quale la Berrill usa linguaggi diversi: fondamentalmente, quello della Berrill è un pop d’autore con sprazzi folklorici, soprattutto legati alla sua terra, ma anche improvvisazione e sapori classici. Personaggi, paesaggi, storie, barche, onde, foglie, ninna nanne che danzano in uno scenario color pastello, mai stucchevole, visione di un mondo che dovremo forse rimettere un po' a posto. La musica ci può aiutare. Ma rimane impressa soprattutto la voce, delicata, trasparente, gestita in un controllo tale dell’emissione, del dettaglio, del sospiro, da trasformarla in forza comunicativa, emozione pura.

 

Se hai letto questo articolo, ti potrebbero interessare anche

oltre

Il festival torinese arriva alla settima edizione in grande stile: intervista al direttore artistico, Alessandro Gambo

oltre

Il tour italiano di Alabaster DePlume, fino al 10 marzo: la nostra intervista

oltre

Il meglio di Seeyousound – International Music Film Festival, dal 23 febbraio al 3 marzo 2024 a Torino