L’ultimo amore di Bill Evans

Il grande amore. Vita e morte con Bill Evans è il memoir di Laurie Verchomin, ultima compagna del pianista

Bill Evans Laurie Verchomin il grande amore
Bill Evans nel 1961 (foto di Steve Schapiro)
Articolo
jazz

Quasi trent’anni di differenza, lei giovane cameriera in un locale, lui affermato pianista jazz alle soglie di una decadenza psico-fisica ormai imminente: una storia d'amore maturata nell’ambito musicale e culturale newyorkese che viene ora diffusa anche nel nostro Paese grazie alla pubblicazione del volume di Laurie Verchomin Il grande amore. Vita e morte con Bill Evans (Minimum Fax 2021, pp. 176, 16,00 euro).

Laurie Verchomin Bill Evans

La vicenda inizia nell’aprile del 1979 e prende le mosse dall’incontro tra Laurie Verchomin, ventiduenne cameriera in una chiesa sconsacrata di Edmonton (Canada) riconvertita in ristorante e jazz club, e Bill Evans, grande pianista dal carattere schivo e riservato che si trova a esibirsi proprio in quel locale con il suo trio. Da quel momento fino alla morte del musicista avvenuta nel settembre del 1980 Laurie ha vissuto accanto a Bill Evans in una sorta di connubio nutrito da una originale miscela fatta musica, sesso, scrittura, fiducia e tanta tenerezza.

Questo è il clima che emerge dalle pagine di questa sorta di personale memoir che la Verchomin ha deciso di pubblicare a sue spese nel 2010 e che oggi rappresenta un interessante documento attraverso il quale scoprire un lato intimo e inedito di un musicista peraltro celebre e celebrato come lo stesso Evans.

Dal trasferimento a New York alle passeggiate per il Greenwich Village tenendosi per mano, ai tanti momenti vissuti accanto a un uomo dal corpo martoriato ma dalla disperata vitalità – confluita in una creatività musicale inesausta e che si rispecchia tra l’altro in “Laurie”, struggente brano che Bill le dedica – l’autrice racconta il suo punto di vista, i suoi ricordi di quello che ha vissuto, appunto, come un grande amore.

Un sentimento in grado anche di affrontare il problema legato dalla dipendenza dalle droghe, e dalla cocaina in particolare, che ha condannato il musicista: «Mentre lui è intento in questa attività – scrive la Verchomin – io rimango da sola, a scrivere e fumare nella stanza accanto. Ogni volta che si chiude lì dentro mi viene l’angoscia, chiedendomi cosa fare se dovesse non uscirne. È come la roulette russa».

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