L’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento compie 60 anni

Il direttore artistico Daniele Spini parla della nuova stagione, che propone quattro prime assolute

Orchestra Haydn
Articolo
classica

Il 2 novembre del 1960 l’Orchestra Haydn iniziò la sua attività con il Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart, pagina che riprenderà anche nel 2020, ma le celebrazioni di questo importante traguardo sono già iniziate con la stagione concertistica che si è avviata nello scorso mese di ottobre.

Nell’ambito dei quattordici appuntamenti che, fino al prossimo maggio, abiteranno le consuete due sedi di Bolzano (Auditorium) e Trento (Auditorium S. Chiara), emerge il progetto Haydn: 60 anni e oltre, dedicato a quattro prime assolute appositamente commissionate ad altrettanti compositori: Sinfonia (après Haydn 104) di Mauro Cardi (il 12 novembre, a Bolzano e domani, 13, a Trento), Infinito Concerto doppio per violoncello e pianoforte di Arturo Fuentes (3 e 4 dicembre), Background Check di Fabio Cifariello Ciardi (28 e 29 gennaio) e The Offline Side di Andrea Mattevi (21 e 22 aprile).

Una scelta significativa che, nelle parole del direttore artistico Daniele Spini, vuole spingersi oltre le occasioni e gli appuntamenti meramente celebrativi per «contribuire a disegnare il futuro».

Orchestra Haydn

Spini, la stagione in corso celebra i sessant’anni di attività dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento: cosa rappresenta un percorso di questo tipo – il 1960 appare oggi un’epoca distante dal punto di vista sociale e culturale – per un’istituzione musicale e il suo territorio?

«Sessant’anni son tantissimi. Per quel che riguarda l’istituzione, innanzitutto, che sessant’anni fa appunto non c’era. Sono sessant’anni di vita, durante i quali questa realtà ha cambiato più volte molti aspetti del suo lavoro, anche per seguire i cambiamenti stessi della società. Per quel che riguarda il territorio… be’, sono sessant’anni durante i quali la Haydn l’ha nutrito di musica sinfonica, credo arricchendolo molto. Se rispetto alle prime stagioni della sua storia è cambiata la Haydn, forse ancor più è cambiato, e in meglio, il panorama culturale della Regione, con le migliaia di concerti eseguiti tanto nei due capoluoghi quanto – sarei tentato di dire “soprattutto” – nei centri minori: la maggior parte dei quali non avrebbe mai ospitato un concerto sinfonico, mentre adesso questo genere di offerta artistica è divenuto un’abitudine irrinunciabile».

Entriamo nel dettaglio della stagione 2019-2020: come nasce la scelta di quattro nuove commissioni e l’individuazione dei compositori coinvolti nell’iniziativa?

«Quattro commissioni non sono davvero poche, su un cartellone di 14 concerti – in realtà 13, se ci limitiamo a quelli eseguiti dalla Haydn [il 3 e 4 marzo il programma ospiterà l'Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano]. Abbiamo aumentato lo sforzo proprio per valorizzare la ricorrenza, e abbiamo voluto sottolineare la proiezione sul futuro, la creatività, la scommessa, se vogliamo, anziché autocelebrarci passando in rassegna delle glorie passate».

«Solo chi guarda avanti ha lo sguardo lieto» (Ferruccio Busoni)

«Abbiamo fatto nostro un motto di Ferruccio Busoni: “Solo chi guarda avanti ha lo sguardo lieto”. E ci siamo rivolti a compositori molto diversi fra loro, di età diverse, di diversi gradi di notorietà, insistendo anche su modi nuovi di intendere il fatto compositivo stesso: si può essere conservatori anche proponendo pezzi nuovi!»

In generale, quali sono i caratteri distintivi dell’identità dell’Orchestra Haydn in termini di scelta del repertorio proposto e di prospettive future di questa istituzione concertistica?

«C’è, da sempre, un repertorio che è fisiologicamente nostro, quello che corrisponde ai nostri numeri, di orchestra con 32 archi, legni corni e trombe a due e timpani, e si estende dalla metà del Settecento e dai primi capitoli dello stile classico fino alle prime stagioni del Romanticismo. Poi andiamo avanti fino all’oggi, se necessario estendendo il nostro organico con l’aggiunta di strumentisti esterni, e guardiamo anche a capitoli precedenti, seppure con la prudenza necessaria in un tempo come questo, che sempre più spesso vuole affidare il Barocco e complessi specializzati, con tecniche e strumenti storicamente consapevoli: certo non rinunciamo a Bach, Händel e Vivaldi, anche poiché un numero sempre crescente di direttori sa bilanciare scrupoli stilistici e consapevolezza di che cosa sia un’orchestra moderna».

Se hai letto questo articolo, ti potrebbero interessare anche

classica

La Folía, motore e fonte di ispirazione per musicisti di tutte le epoche nel racconto di Jordi Savall

classica

Dieci memorabili incisioni per ripercorrere parte del percorso artistico di una leggenda del pianoforte

classica

L’incontro tra Samuel Mariño e il Concerto de’ Cavalieri nel segno di Vivaldi