La Toscanini tra Festival e bilanci: intervista al sovrintendente Alberto Triola

Dal 5 giugno a Parma e in Emilia-Romagna la seconda edizione del Festival Toscanini | IN COLLABORAZIONE CON FONDAZIONE TOSCANINI

Filarmonica Arturo Toscanini (foto Luca Pezzani)
Filarmonica Arturo Toscanini (foto Luca Pezzani)
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classica

A partire dal 5 giugno a Parma e in Emilia-Romagna si terrà la seconda edizione del Festival Toscanini, cartellone premiato con la Medaglia del Presidente della Repubblica che si ispira alla figura del leggendario direttore d’orchestra, riproponendo autori e brani da lui prediletti e offrendo modalità di fruizione coerenti con i suoi principi ideali e morali.

Oltre a illustrarci il programma della rassegna, che quest’anno raggiungerà anche il Festival di Musica di Dresda, abbiamo chiesto al sovrintendente e direttore artistico della Fondazione Toscanini Alberto Triola un bilancio dei suoi cinque anni di politiche di gestione culturale.

Alberto Triola (foto Masiar Pasquali)
Alberto Triola (foto Masiar Pasquali)

Dal 2018 è sovrintendente e direttore artistico della Fondazione Toscanini: qual è il bilancio di questi cinque anni?

«Siamo arrivati quasi a conclusione di questo mandato e il bilancio mantiene l’impegno che avevo assunto all’insediamento, nel novembre 2018, quando ho annunciato che avrei fatto di tutto per riconsegnare l’istituzione con un valore intrinseco più alto di quello già importante che avevo trovato. E se questo valore si misura da alcuni indicatori che sono sia economici che di performance produttive, posso dire con molta soddisfazione che si è mantenuto l’impegno grazie al lavoro di tutto lo staff e dell’Orchestra. Riconsegniamo oggi ai soci della Fondazione Toscanini un’istituzione che dal punto di vista economico ha registrato dei dati record, come testimonia l’ultimo bilancio appena approvato, con un valore della produzione che supera 8.200.000 euro, il più alto di sempre. Questo significa che la Toscanini è in fase espansiva con un patrimonio netto consolidato che sfiora il milione di euro, e che di anno in anno si è fortificato nonostante la crisi scatenata dalla situazione pandemica; 2.400.000 euro di ricavi propri, ovvero tutte le forme di entrate che non rientrano nei contributi pubblici, anche questo valore è il più alto della storia della Toscanini. E in particolare abbiamo sfondato il muro di 500.000 euro di introiti tra sponsorizzazioni ed erogazioni liberali, valore che segna un incremento del +719% rispetto all’anno precedente il mio arrivo. Tutto ciò significa che, nonostante la pandemia, le proposte progettuali, identitarie, di profilo artistico e soprattutto l’investimento nel rapporto con il territorio, ovvero tutta la regione Emilia-Romagna, unito alla creazione di progetti con un’altissima rilevanza di carattere collettivo hanno convinto il tessuto sociale ed economico».

Immagino che con “carattere sociale” si faccia riferimento anche alla missione della Fondazione sul territorio.

«In questi anni abbiamo creato programmi innovativi attraverso i quali è possibile formulare delle proposte indirizzate a fasce di pubblico, rivolgendoci a porzioni e settori di fragilità territoriale e di comunità che naturalmente intercettano l’età della formazione. A queste ultime si aggiungono anche quelle periferie in senso fisico, lontane dalle proposte culturali, ma che la Toscanini con pervicace convinzione ha inseguito e intercettato in questi anni, anche grazie all’impulso dato dall’emergenza pandemica. Ricordo anche che, nei lunghi mesi di blocco delle attività imposto dalle normative di legge, la Toscanini ha registrato un numero irrilevante di giornate in cui ha chiesto accesso al FIS (Fondo d’Integrazione Salariale) poiché si è ritenuto eticamente non sostenibile che un’istituzione mantenuta già da cospicui contributi pubblici potesse pretenderne altri, specialmente in un momento come quello. Per cui abbiamo tenuto sempre accesi i motori, non solo con attività in streaming, tra i primi in Italia a raggiungere il pubblico di tutto il mondo, ma anche utilizzando quel momento storico per condurre una riflessione a tutto tondo sul significato più profondo di ruolo che un’istituzione come la nostra deve interpretare in un contesto socio-economico, se non antropologico, completamente disorientante. Con l’esigenza di ricostruire un rapporto con il pubblico, che non poteva essere più quello di prima, e di un tessuto comunitario a cui offrire una fruizione culturale che abbandoni l’idea di élite, abbiamo così creato degli asset aziendali nuovi».

Con il programma Community Music e con La Toscanini NEXT la Fondazione si pone tra tradizione e innovazione: quali esiti ha portato questo ampliamento degli orizzonti?

«Community Music è un programma pluriennale ispirato dall’agenda 2030 dell’ONU e fondato nella convinzione che non c’è miglior investimento possibile che non sia la cultura per ricucire il tessuto lacerato di una comunità. Con questo programma La Toscanini accoglie un pubblico molto ampio, compresi i portatori di disabilità fisica, sensoriale e addirittura cognitiva con percorsi di approccio dedicati. A questo va aggiunta la pubblicazione del libro Concertosa, una storia originale che racconta di una società dove attraverso la musica si ricostruisce un’armonia e un significato. Così la musica viene vissuta come strumento di aggregazione sociale, costruzione di reti e non elemento fine a sé stesso».

«La Toscanini NEXT è un progetto innovativo nato nel 2019 da percorsi di Alta Formazione per dare un’opportunità di lavoro ai giovani».

«La Toscanini NEXT è invece un progetto innovativo nato nel 2019 da percorsi di Alta Formazione per dare un’opportunità di lavoro ai giovani. È formato da musicisti under35 selezionati attraverso tre bandi della Regione tra le eccellenze musicali emergenti, con evidenti qualità solistiche e polistrumentistiche. Nelle estati del 2020 e 2021, quando fu possibile tornare a fare musica dal vivo, grazie a un virtuoso accordo sindacale La Toscanini fu in grado di suddividere l’orchestra in piccoli gruppi da camera, e questa opportunità, insieme alla disponibilità della nuova NEXT, ci ha permesso di effettuare anche 100 concerti in 40 giorni, con occasioni in cui la Toscanini era presente in una sola giornata anche con quattro concerti diversi in altrettanti punti della Regione».

Il 5 giugno si terrà l'evento inaugurale della seconda edizione del Festival Toscanini: qualche anticipazione a livello di artisti coinvolti e di repertorio?

«Si tratta di un Festival a vocazione regionale che raggiunge spazi che dal punto di vista artistico e architettonico che sono delle vere e proprie gemme. Il 5 giugno la Filarmonica Arturo Toscanini eseguirà un doppio programma che anticiperà i due concerti a Dresda, per la direzione di Omer Meir Wellber che, nella veste di direttore musicale del Festival, sta costruendo con la nostra orchestra un rapporto di grande e feconda amicizia, oltre che di collaborazione. I due programmi sono un riflesso di questo manifesto, e accoglieranno brani di tre autori di riferimento per Toscanini: Verdi e Wagner, con la Sinfonia da I Vespri Siciliani, il Preludio da Lohengrin e l’Ouverture da Tannhäuser, e Respighi, con le raffinatissime Metamorphoseon XII. All’Orchestra si aggiungono due grandi solisti, il violoncellista Jan Vogler per il Concerto n. 1 di Šostakovič, e Mikhail Pletnëv, interprete del Concerto n. 1 di Čajkovskij. Nell’intervallo, l’esibizione all’aperto de La Toscanini NEXT su musiche di Verdi, Wagner e Bach sarà accompagnata dalla degustazione di alcuni tra i più apprezzati prodotti regionali».

«Si tratta di un Festival a vocazione regionale che raggiunge spazi che dal punto di vista artistico e architettonico che sono delle vere e proprie gemme».

«La musica di Respighi sarà presente anche nel concerto del 12 giugno in Piazza Duomo a Parma con l’evocativo poemetto Il Tramonto interpretato da Anna Caterina Antonacci insieme alla Chanson perpétuelle di Chausson, con la direzione del giovane Alessandro Bonato. In apertura sarà possibile ascoltare l’Ouverture da Medée di Cherubini, altro brano toscaniniano, mentre il concerto proseguirà con le Suite da Carmen e da L’Arlesienne di Bizet. Il concerto a Piacenza nel maestoso cortile di Palazzo Farnese (18 luglio) vedrà protagonisti Omer Meir Wellber e il mandolinista virtuoso Jacob Reuven, impegnati nelle Otto Stagioni di Vivaldi e Piazzolla. Il 31 agosto saremo ad Argenta, nel centenario dell’assassinio di Don Giovanni Minzoni, sacerdote ucciso barbaramente dai fascisti nel 1923. L’Orchestra eseguirà la Sinfonia n. 5 di Beethoven, opera toscaniniana ed emblematica per il tema trattato, che sarà preceduta da A cuore aperto, melologo per voce recitante e orchestra in prima esecuzione assoluta di Marco Taralli, proprio su testi di Don Giovanni Minzoni».

Anna Caterina Antonacci (foto J.D. Shaw)
Anna Caterina Antonacci (foto J.D. Shaw)

Dopo l’apertura del Festival la Filarmonica sarà in cartellone al Festival di Musica di Dresda.

«Si tratta di un’occasione straordinaria. A Dresda terremo due concerti, l’8 e il 9 giugno, e saremo l’unica orchestra italiana tra le quindici compagini internazionali. Porteremo a Dresda l’essenza di Verdi e, allo stesso tempo, un Wagner “italiano” che anche il direttore Omer Meir Wellber è convinto potrà essere un’autentica sorpresa per il pubblico tedesco. La tournée offre anche l’occasione per una sorta di gemellaggio culturale tra due città, Parma e Dresda, che sono intimamente legate una a Verdi e l’altra a Wagner anche se non ne hanno dato i natali».

Com'è nata l'esigenza di un Festival?

«Il Festival è anche un’occasione per raccontare modalità produttive e di approccio musicale un po’ sui generis. Oltre al melologo dedicato a Don Minzoni, altri concerti vedranno protagonisti attori tra i più importi del teatro italiano, e due produzioni di teatro musicale affidate a giovani artisti. Tra musicisti e compositori in residenza, quest’anno possiamo contare anche sul Collettivo teatrale Lynus che ci aiuta a seminare momenti importanti del programma Community Music. A loro abbiamo affidato la creazione di uno spettacolo teatrale originale con musica dal vivo capace di fondere drammaturgia, parola e musica. Tratta da una storia vera ambientata nelle campagne di Reggio Emilia negli anni Venti del Novecento, Carillon testimonia la violenza inaudita di quel periodo, e della resistenza declinata in più ambiti. Lo spettacolo si terrà il 24 giugno alla Museo Cervi, luogo simbolico, nell’anno che apre le celebrazioni per gli ottant’anni della Resistenza. Il secondo spettacolo è invece incentrato sul rapporto tra Toscanini e la radio. Spesso si dice che Toscanini sia stato il primo direttore massmediatico della storia moderna. L’anno prossimo verranno celebrati i 150 anni della nascita di Guglielmo Marconi e il centenario della prima trasmissione radiofonica in Italia. Lo spettacolo 14 secondi di silenzio culmina nel momento drammatico in cui Toscanini perse la memoria, sulle note del primo Quartetto di Haydn, eseguito cent’anni fa nella prima trasmissione radiofonica italiana».

Fabio Luisi in Piazza Duomo a Parma - I Festival Toscanini 2022 (foto Fabio Boschi)
Fabio Luisi in Piazza Duomo a Parma - I Festival Toscanini 2022 (foto Fabio Boschi)

Qual è stata la risposta del pubblico nella prima edizione, in un anno così delicato come quello della ripresa delle attività culturali dopo la pandemia?

«Il Festival è stato pensato per Parma 2020 capitale della cultura e scommette su una serie di piani diversi in modo piuttosto originale. Intende promuovere la figura di Toscanini come musicista impegnato, e per questo il Festival è insieme manifesto artistico ed esempio di politica culturale, modello abbastanza unico in Italia».

«Parma è una città che vive di Verdi in tutte le stagioni, e una città che ha Toscanini e Verdi tra i suoi numi tutelari è una città che deve dividere gli spazi e le attenzioni».

«Parma è una città che vive di Verdi in tutte le stagioni, e una città che ha Toscanini e Verdi tra i suoi numi tutelari è una città che deve dividere gli spazi e le attenzioni. Con il Festival proponiamo, in un momento della stagione non popolato di offerta culturale, un cartellone che alterna momenti di grande godimento collettivo e di ricerca culturale. Detto questo l’anno scorso i primi segnali sono stati incoraggianti. Ricordo ad esempio il tutto esaurito per la Sinfonia n. 9 di Beethoven diretta da Fabio Luisi in Piazza Duomo. A differenza della televisione, in ambito culturale non dobbiamo aspettarci risultati immediati. Il prodotto cultuale ha bisogno di seminare, di far crescere un rapporto di fiducia tra pubblico e istituzione che produce, ci vuole tempo, coerenza, qualità e coraggio. Concludo sottolineando che nelle ultime quattro serate della Stagione concertistica abbiamo praticamente registrato il tutto esaurito con programmi tutt’altro che scontati che comprendevano anche opere in prima esecuzione assoluta. Tutto ciò mi fa pensare che il lavoro fatto in questi anni sia servito e che il Festival avrà modo di crescere e farsi conoscere nel tempo. Tutte le proposte del Festival sono ad alta accessibilità, e garantiscono l’accesso agli spazi ma anche un supporto del linguaggio dei segni, l’audiodescrizione ed esperienze tattili per il pubblico di non vedenti poiché il programma Community Music anche sul Festival ha una sua forte impronta. Proprio con Wellber porteremo la musica in uno spazio adibito all’accoglienza di persone senza fissa dimora, all’ospedale per bambini “Pietro Barilla” e molto altro ancora».

Omer Meir Wellber (foto Jens Gerber)
Omer Meir Wellber (foto Jens Gerber)

 

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