La Sagra Musicale Umbra tra guerra e pace

Il direttore artistico Alberto Batisti racconta l'edizione 2018 della rassegna, nel nome di San Francesco e Aldo Capitini

St. Jacob's Chambers Choir, Sagra Musicale Umbra
St. Jacob's Chambers Choir
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classica

È Guerra e pace il tema della Sagra Musicale Umbra 2018, settantatreesima edizione della storica manifestazione, che si svolgerà dal 13 al 22 settembre (dopo un’anteprima tenutasi a Norcia il 9, protagonista l’Orchestra di Piazza Vittorio). Nella terra di San Francesco e San Benedetto – così sottolinea Alberto Batisti, direttore artistico della Fondazione Perugia Musica Classica Onlus che organizza la manifestazione – ma anche nella città di Aldo Capitini, fondatore della Marcia per la pace di cui ricorrono i cinquant’anni dalla scomparsa, la Sagra vuole tenere accesa una fiamma artistico-culturale per «ammonire il mondo contro le convulsioni belliche sempre alle porte e le innumerevoli stragi che ogni giorno lo insanguinano».

Partendo dal bene supremo della pace, affiancato dal suo tragico opposto, il ricco programma offre dunque uno sguardo a composizioni sia legate a scenari bellici – a iniziare dalla Missa in tempore belli, scritta da Haydn in concomitanza con le guerre napoleoniche che sconvolsero l’Europa – sia portatrici di ideali appelli alla pace e alla fratellanza universale. È il caso della Nona Sinfonia di Beethoven, cui la Sagra giungerà nell’appuntamento conclusivo del 22 settembre.

Tra i suoi momenti più caratterizzanti ci sarà anche il Premio “Francesco Siciliani”, concorso internazionale di composizione per un’opera di musica sacra giunto quest’anno alla quarta edizione e nato da una collaborazione col Pontificio Consiglio per la Cultura presieduto dal cardinale Gianfranco Ravasi. Il concerto di premiazione si svolgerà il 15 settembre nella Basilica Superiore di San Francesco e sarà affidato al prestigioso St. Jacob’s Chambers Choir. Da segnalare anche la meritoria sezione che porta il nome di “Concerti della speranza”, che quest’anno si rivolgerà alle detenute del penitenziario femminile di Perugia e agli anziani delle case di riposo, offrendo loro alcuni concerti affidati a formazioni cameristiche dell’Orchestra da Camera di Perugia.

Con Alberto Batisti abbiamo approfondito gli aspetti più salienti dell’edizione 2018.

Alberto Batisti
Alberto Batisti

L'edizione di quest'anno sembrerebbe convergere sul capoluogo umbro di quanto accaduto negli ultimi anni.

«Quest’anno per motivi logistici buona parte della programmazione si svolge a Perugia, ci sono infatti almeno tre produzioni che hanno bisogno di grandi spazi. La Chiesa di San Pietro bastava solo per l’appuntamento (il 14) col St. Jacob’s Chambers Choir e l’Orchestra da Camera di Perugia che sarà diretto da Gary Graden, con un programma che culminerà nella Missa in tempore belli di Haydn. La Nona Sinfonia di Beethoven, con cui si chiude il Festival (il 22), potevo collocarla solo in Cattedrale, visto che quest’anno la Sagra ha dovuto fare i conti con la chiusura per restauro del Teatro Morlacchi, e grazie alla bontà dell’Arcivescovo sarà ancora la Cattedrale a ospitare la produzione più ambiziosa della Sagra 2018, il War Requiem di Britten (il 21), che proprio alla Sagra fu eseguito per la prima volta in Italia, nel 1963, presente l’autore come interprete».

Tra Guerra e Pace dunque un numero più ampio di grandi produzioni, nelle quali entra in gioco una significativa collaborazione col Coro dell’Accademia di Santa Cecilia.

«Questa è stata una bella novità per la Sagra, che pure ha già ospitato l’Orchestra: avevo in mente di proporre il War Requiem e l’unico coro che lo ha in repertorio molto saldamente è quello dall’Accademia di Santa Cecilia, formazione che quindi dava una sicurezza interpretativa di alto profilo. Poi devo dire che ho trovato davvero tanta disponibilità, anche per la realizzazione – il giorno successivo – della Nona Sinfonia».

Oltre a quelli nel capoluogo, quali appuntamenti segnalare tra quelli nei bei centri che circondano la zona di Perugia?

«Direi quello al Santuario di Mongiovino (il 22 alle 17) con il Trinity Boys Choir e quello di Montefalco (il 16 alle 17), su cui peraltro c’è una interessante combinazione tra la musica di Debussy e gli scritti dello stesso compositore e di altri autori coevi. Insieme all’esecuzione delle tre sonate – per violino e pianoforte, per violoncello e pianoforte e per flauto, viola e arpa, composte da Claude Debussy negli ultimi tre anni di vita e dunque durante il primo conflitto mondiale – verranno letti (da Maddalena Crippa) estratti dalle sue lettere, da Monsieur Croche, ma anche passi da la Recherche di Proust, scritta nel medesimo periodo. Tra le letture ho voluto inserire, alla fine, anche la voce di Hindemith, che in una lettera dà una bella testimonianza di quando nel 1918 era soldato. Il compositore tedesco faceva parte di un quartetto che suonava per l’ufficiale capo del reggimento, uno che amava la musica, soprattutto francese, e detestava la guerra, e narra un episodio davvero toccante: si trova nel mezzo di un concerto per gli ufficiali quando arriva un ufficiale d’ordinanza che annuncia la morte di Debussy, e racconta l’emozione dei musicisti e degli ufficiali, proprio mentre intorno infuriavano le battaglie. Le parole di Hindemith ci danno la prova toccante dell’esistenza di un altro mondo, nel quale in un istante la guerra veniva a essere cancellata da una notizia che per tutti era più forte della stessa guerra».

Anche il concerto dedicato alla canzone di Sarajevo, con Damir Imamović, tocca evidentemente il tema delle ferite causate dalle armi.

«Si tratta di un vero e proprio chansonnier, che raccoglie un tipo di canzone bosniaca – si chiama Sevdalinka (dà il titolo al concerto del 16 settembre, alle ore 17) – caratteristica della città di Sarajevo. È canzone di strada che ho trovato interessante, anche se un po’ fuori dall’ordinanza del nostro materiale più abituale, perché è una testimonianza della città da cui è partita la Grande Guerra, nonché città martire di tante guerre, dalla quale proviene la voce di Damir Imamović».

Torna insomma un’idea – che la Sagra ha preso a tema in più occasioni – della musica che va oltre le discordie.

«La musica potrebbe salvare il mondo dalle guerre se il mondo si organizzasse. Qui siamo nella terra di San Francesco, ma anche di Aldo Capitini, un uomo che era un visionario, faceva sorridere tutti mentre era in vita, tuttavia ha lasciato un segno profondo con la sua marcia della pace. E la bandiera di questo movimento, che oggi tante persone conoscono, l’ha inventata lui ed è custodita proprio qui a Perugia».

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