La compassione secondo Forest Swords

Un disco politico di poche parole dal produttore inglese Matthew Barnes

Forest Swords
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Forest Swords
Compassion
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Definire “politica” un’opera dove le voci umane formulano raramente parole comprensibili può sembrare un paradosso, eppure l’autore la considera tale. «Una risposta al nuovo mondo d’incertezza e aggressività con cui ci stiamo confrontando», ha scritto Forest Swords, al secolo Matthew Barnes, originario di Liverpool, presentando il proprio secondo album. Il fatto stesso che per intestarlo abbia scelto programmaticamente un vocabolo – “compassione” – poco allineato con lo spirito del nostro tempo ne rappresenta la conferma, del resto.

Appartenente a una generazione di musicisti svezzata nell’alveo della club culture, dal quale crescendo via via si è allontanata però (diciamo dalla “primula rossa” Burial in poi), Forest Swords si era segnalato quattro anni fa con Engravings, disco denso di umori cupi, a tratti addirittura claustrofobico. Rispetto a quel precedente, Compassion è più lieve all’ascolto ed esibisce una complessità formale senz’altro superiore. L’effetto suscitato dagli arrangiamenti per mezzo di una strumentazione che include – siano veri o simulati – archi, fiati, tamburi e pianoforte è sovente orchestrale, tanto da rasentare i confini del progressive, senza mostrarne tuttavia la tronfia prosopopea: esemplare lo sviluppo misurato dello splendido “Raw Language”, l’episodio maggiormente ambizioso del lotto.

A proposito di “linguaggio crudo”, dicevamo dell’ineffabilità narrativa: eccezion fatta per “Panic” (dov’è espresso in maniera esplicita un senso di allarme: “Sento che c’è qualcosa di sbagliato/il panico è in moto”), le voci sono dissociate dal significato lessicale, sia nella dimensione corale (se “Exalter” pare un aggiornamento dei Carmina Burana di Carl Orff, in “The Highest Flood” il taglia-e-cuci al quale è stata sottoposta la materia prima rende il canto dislessico) sia in quella di una solitudine che sa di smarrimento (nel solenne e toccante “Arms Out”).

Aperto dall’eloquente “War It”, il cui tema conduttore è scandito da percussioni marziali, e chiuso in modalità per certi versi neoclassica da “Knife Edge”, il nuovo lavoro di Forest Swords ne testimonia il valore assoluto, ponendolo ai vertici della scena musicale contemporanea, elettronica e non.

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