Il San Carlo inaugura con Valčuha

Il debutto della stagione dei concerti del Teatro di San Carlo di Napoli è con Ligeti e Mahler

San Carlo di napoli - Juraj Valčuha
Foto di L. Romano
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classica

Quest'anno il debutto della stagione dei concerti del Teatro di San Carlo (2019-2020) di Napoli è declinato al contrasto tra suono e tempo, l’uomo e la natura, la terra e il dramma psicologico ventesimo secolo. Dalle misteriose ricerche sonore della musica di György Ligeti, alle stagioni della vite e della bellezza elegante e disincantata di Gustav Mahler: questa è la cifra che impagina il concerto inaugurale della Stagione sinfonica, con l’esecuzione di Lontano (1967), composizione per grande orchestra, accostata a Das Lied von der Erde – Il canto della terra (1908) – su testi tratti da un’antologia di liriche cinesi, tutte risalenti all’epoca T’ang (618 – 907 d.c.), dal titolo Die Chinesische Flöte (Il Flauto cinese). 

È già punta di diamante della stagione, questo concerto inaugurale pensato sul profilo timbrico ed emozionale, diretto da Juraj Valčuha alla testa dell’orchestra. Tanti applausi per lui, che senza incertezze ha evidenziato tutta la tavolozza timbrica di una partitura ricca di raffinatezze sonore. Lontano: misteriosa e forte, pennellata di colori, maliosa, lucente sembra cantare il tutto come un lungo Lied. E proprio l'opera a seguire di Mahler è in effetti questo: lui che cerca una tragica rinuncia al mondo e da subito emana dolore. L'inizio del concerto è una lenta, plastica, sovrapposizione di suoni, immaginata come fuoriuscisse dal nulla con canoni, unisoni timbrici e tremoli agli archi. Dopo frasi dispiegate alla massima intensità Valčuha sposta l’attenzione su accenti impercettibili per spingersi alla conclusione del brano esplorando la zona grave dei registri dell’orchestra.   

In Das Lied von der Erde, invece, Valčuha crea una sonorità fluida di fondo, senza spigoli, filologica e impeccabile. Si ruba, slanci agli attacchi, poi tinte diverse per passaggi a contrasti di atmosfere più cupe e maliose e pause come silenzi. È tenore di spessore tragico Eric Cutler, che interpreta in modo eccellente il “Brindisi mortale” del primo lied. La parte meno riuscita è proprio il successivo “Der Einsame im Herbst” in cui l’impasto del contralto con l’orchestra cede leggermente.

Di tutt'altro effetto le liriche della gioventù e della bellezza che seguono e l’addio che chiude con grande forza persuasiva il Canto della Terra. Nell'insieme l’orchestra ha congruenza, anche se non progredisce e regredisce – poco si muove, brancolante in un buio di fonti letterarie e archetipi del passato, la primavera, la solitudine, eccetera. Non sfugge il concetto della vita oscura e della madre terra che muove il ciclo e la sua celebrazione interiore – "Cerco pace al mio cuore solitario". Canta luminosa e giusta il contralto Daniela Sindram, in un registro scolpito e perennemente cangiante.

In conclusione, il podio ha molte qualità, individua perfettamente i tempi dei diversi lied e lima i dettagli in ogni singola sfumatura, confermandosi grande guida dell’orchestra napoletana.  

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