I primi 100 giorni del pop italiano 2022

Dai C'mon Tigre ad Alessandro Fiori, quanto di meglio è uscito in Italia in questo primo scorcio di 2022

C'mon Tigre (foto Margherita Caprilli)
C'mon Tigre (foto Margherita Caprilli)
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Cos’è successo in Italia, musicalmente parlando, nei primi 100 giorni del 2022? Dopo un Sanremo forse mai così eclettico, e nell’attesa del circo dell’Eurofestival, proviamo a dare un’occhiata ad alcune tra le pubblicazioni più significative dell’indie nazionale.

Ovviamente nessuna pretesa di esaustività, solo la voglia di segnalare qualche disco che ci è sembrato, tra i tanti, particolarmente meritevole, e magari anche non troppo convenzionale.

Il primo nome da non perdere per nessun motivo è quello dei C’mon Tigre, che pubblicano Scenario, il loro terzo album, che si ripropone fedele allo stile del gruppo e, tanto per cambiare, è qualitativamente ineccepibile. Chi ebbe modo di scoprire l’esordio, nel 2014, di questo collettivo variabile guidato da due musicisti di Ancona di stanza a Bologna, probabilmente ancora ricorda la meraviglia nel sentire la facilità con cui venivano giustapposti stili eterogenei quali il funk, l’hip hop, la world music del Mediterraneo, lo spiritual jazz, la dance elettronica e chi più ne ha più ne metta.

Naturalmente un pastiche così ambizioso può funzionare solo se dietro al progetto c’è un’identità molto forte, e questa traspare in modo evidente anche in quest’ultimo album, che peraltro osa sconfinamenti inediti nei ritmi brasiliani (la splendida “Kids Are Electric”) o nel mood cinematografico della library music (“Automatic ctrl”). A completare il menù alcuni featuring assai illustri (Xenia Rubinos, Mick Jenkins e soprattutto Colin Stetson), ma non serve neanche citare questi nomi di prestigio per attestare che la statura di Scenario è superlativa.

Se foste però orientati su un umore di stampo ancor più sperimentale, non dovreste mancare Requiem For A Tree, l’esordio di LupMorthy. Lui è milanese e si chiama Luca Recchia, è un bassista di chiara fama da vent’anni (nel suo curriculum una collaborazione di lunga data con Cesare Basile, tra le tante), e per ideare questo disco si è lasciato ispirare da una sua grande passione: la montagna.

Il sound è pertanto naturale e organico, senza beat troppo marcati, dominato da fiati e archi con un contorno non invadente di droni di elettronica ambientale. L’album, interamente strumentale e composto da 5 movimenti dalla durata media di 10 minuti, è un affresco che riesce a essere al contempo maestoso e intimo, contemplativo e ricco di energia compressa; anche qui la schiera delle collaborazioni è molto prestigiosa (Enrico Gabrielli, Rodrigo D’Erasmo, Stefano Pilia e molti altri) e il risultato veramente suggestivo.

Estremamente curioso nella progettazione, ma assai godibile nei risultati, è invece 6/4 Of Love di Shiva Bakta, un musicista eclettico che di vero nome fa Lidio Chericoni ed è qui alla sua terza prova solista. L’idea dietro a questo album è di comporre canzoni tutte basate su un ritmo in sei quarti, che rispetto al tradizionale e diffusissimo 4/4 conferisce ai pezzi un umore lievemente zoppicante, ma non così sbilenco (e talvolta di difficile assimilazione) come nei tempi dispari in 5 o in 7.

L’abilità dell’autore è però quella di non far sentire questa difformità ritmica all’ascoltatore comune, che percepisce giusto un ritmo appena disorientante che in definitiva non fa che accrescere il fascino delle composizioni. Sono pezzi molto melodici, intrisi di romanticismo anni Settanta e di qualche puntata più melliflua nel decennio successivo, ma nel complesso estremamente efficaci e, proprio per la loro struttura intrinseca, sempre distanti dal già sentito. Per essere nato quasi per scherzo (la data di pubblicazione ufficiale è il 6/4…), 6/4 Of Love è veramente un disco riuscito.

Andando avanti con le cose strambe, segnaliamo poi il disco degli Artura Some People Falling, anche in questo caso una terza prova. Gli Artura sono un progetto di Matteo Dainese, artista noto soprattutto per la carriera solista a nome Il Cane, ma anche per esperienze eterogenee, tra cui Meathead e Ulan Bator; nel gruppo è affiancato da Deison, Tommaso Casasola e Dj Cic.1.

Lo stile degli Artura agli esordi era una sorta di kraut/prog melodico prosciugato da qualsiasi enfasi e con un sound modernissimo e contaminato. Nel tempo, senza rinnegare del tutto il passato, si è avvicinato a sonorità sampladeliche che combinano elettronica post dancefloor, math rock e nu jazz, un mix di fatto tanto ardito quanto impossibile da descrivere (l’effetto è ulteriormente amplificato dall’uso di sample vocali in tante lingue diverse). Prendetelo come un grosso complimento: poiché non si tratta di un’esibizione fine a se stessa, ma al contrario di un catalogo di suggestioni inesauribili che va ascoltato con la massima apertura mentale – sarete ricompensati con un meraviglioso caleidoscopio di impressioni sfavillanti in cui perdersi senza secondi fini.

Per finire, il disco sicuramente più convenzionale tra quelli presentati, che è l’ultima prova di Alessandro Fiori, Mi sono perso nel bosco (la data di pubblicazione sfora un po’ dal limite dei 100 giorni, ma vabbè…).

Fiori è anche l’autore più anziano della nostra selezione, essendo il suo esordio solista datato oltre dieci anni fa (2010), dopo la militanza fondamentale nello straordinario gruppo dei Mariposa. Ma da subito si era capito che Fiori non era un cantautore come gli altri, poiché la sua predisposizione a mischiare le carte in tavola, incorporando in particolare influenze dal rock (in questo a livelli raggiunti solo da quell’altro genio che è Paolo Benvegnù), lo elevava a un altro livello rispetto ai tanti emuli del cantautorato classico degli anni Settanta.

Per cogliere tutta la ricchezza compositiva dell’autore, Mi sono perso… richiede più di un ascolto, ma alla fine emerge in una ricchezza di suoni e colori che fa pensare al miglior Lucio Dalla e che comunque presenta le commistioni stilistiche più ardite del genere, unite a un disincanto nei testi (sentire ad esempio “Fermo accanto a te”) che ha pochi termini di paragone. Non stiamo a listare anche in questo caso i featuring del disco (sono tantissimi), che consigliamo a scatola chiusa agli amanti del cantautorato e non solo.

Ci si risente, magari, per una nuova tornata prima dell’estate…

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