Flavio Giurato, l'atleta della parola

Un libro di Giuliano Ciao e 10 canzoni alla scoperta del mistero Flavio Giurato

Flavio Giurato - Foto Giuseppe Palmisano
Flavio Giurato (foto Giuseppe Palmisano)
Articolo
pop

Trovarsi a leggere un libro su Flavio Giurato, oggi, è sorprendente: come trovarsi di fronte a una rosa appena sbocciata in un giardino colmo di fiori appassiti.

– Leggi anche: Un alieno a Roma: intervista a Flavio Giurato

Resta difficile trovare le parole giuste per descrivere Giurato, uno di quegli autori che hanno talmente forte e intensa la capacità di trovarle e di metterle in fila queste parole che, davvero, un libro sulla sua vita e sulla sua musica m'era sembrato quasi un azzardo. Contento di venire smentito... Flavio Giurato. Le gocce di sudore più puro di Giuliano Ciao, uscito sul finire del 2020 per Crac! edizioni, è in effetti una smentita sotto forma di pubblicazione (di ben 391 pagine). Confesso che durante la lettura mi sono chiesto spesso come si fa a scrivere un libro su un musicista come quello capitolino, di cui in fondo si hanno poche informazioni e su cui si trovano pochi articoli... e invece eccoci di fronte a lunghe e approfondite analisi sulla persona, sul presunto “personaggio”, sulla sua musica – naturalmente – e le sue storie, i suoi amori, i suoi collaboratori e le sue passioni – in primis l'amato baseball, ma anche il cinema e la televisione.

Flavio GIurato - le gocce di sudore più puro

Volete sapere di più su un determinato personaggio? Non chiedete mai al personaggio stesso, cercate tra chi gli sta attorno, tra chi gli è amico, amante, parente, collaboratore. Giuliano Ciao (napoletano, di professione architetto) parte proprio da questo presupposto, facendolo proprio e intervistando molti dei collaboratori, analizzando per filo e per segno tutti i dischi di Giurato usciti finora, senza dimenticare di coinvolgere i suoi fratelli Blasco e Luca.

Naturalmente, Ciao va anche a casa di Giurato stesso, fallendo miseramente nel cercare di estrapolare una sorta di ritratto intimo del compositore di Per futili motivi e Il manuale del cantautore. In quella occasione Giurato si presta e si nega allo stesso tempo, sa bene che verrà “raccontato” in un libro e, pur accettando la sfida dell'incontro, si sfila dolcemente da questo recinto perché forse non può fare altrimenti.

Questo è però un libro necessario, di certo per il ritratto storico che viene fuori, e soprattutto perché dà un quadro intrinsecamente approssimativo – non potrebbe essere altrimenti... – ma affascinante di una persona davvero unica, speciale, che non si può circoscrivere in un numero seppur congruo di pagine scritte.

Flavio Giurato è come un gatto, ci somiglia pure in effetti, che ha mille vite, che sa come reinventarsi e come saltare dall'alto senza farsi male, che tira fuori dischi come e quando meglio crede, anche a distanza di anni uno dall'altro; che insomma ha da dire qualcosa e lo fa solo quando ne ha realmente bisogno. Giurato è un grande e dolce “errore” che va affrontato, assimilato ed accettato; se si riescono a superare tutte queste prove, è chiaro che non avrete vinto proprio nulla. È quello che vuole lui, e sarà quello che vorrete anche voi dopo che avrete letto queste pagine, e dopo che avrete riascoltato per l'ennesima volta (si spera) un suo album.

«Le canzoni di Giurato sono diventate dei lunghi discorsi senza capo né coda. Sono dei discorsi costantemente sospesi, spezzati, frammentari, impenetrabili, in cui chi parla si auto interrompe, si contraddice, si perde. In questo affannoso precipitare delle parole è contenuta tutta l'impossibilità di integrarsi in un mondo che si ritiene inabitabile».

Abbiamo colto l'occasione dell'uscita di Flavio Giurato. Le gocce di sudore più puro per chiedere all'autore Giuliano Ciao di raccontarci Giurato attraverso i suoi 10 pezzi preferiti del cantautore romano. 

1. Un colpo di vuoto (1978, Per futili motivi, Dischi Ricordi)

Una sapiente architettura sonora ci permette di passare dalla levità del sollevamento al velocissimo precipitare nel vuoto di una sagoma d’uomo. Lanciarsi nel vuoto come violento attestato di presenza, come vertiginoso segno di tangibilità.

2. Orbetello (1982, "Il tuffatore", CGD)

La bellezza peculiare del tennista si staglia come presenza singolare sullo sfondo mondano e vacanziero di Orbetello. Ma se emerge una diversità rispetto al proprio mondo, ci si scopre di quel mondo un emblema. Il dolente e sofisticato sentimentalismo di Giurato è incentrato sulla necessità di esorcizzare il proprio disagio e di trovare nella figura femminile un'eco al proprio dolore.

3. Orbetello Ali e Nomi (1982, Il tuffatore, CGD)

Una faticosa preparazione al volo è metafora di un duro esercizio sentimentale, scandito dal susseguirsi di una serie di figure femminili, in una narrazione marcata a fuoco dallo stato di eccitazione creativa del suo autore. La trasvolata si conclude in picchiata, sotto l’avvicendarsi libero di percussioni e piano, entrambi fuori controllo.

4. Il tuffatore (1982, Il tuffatore, CGD)

Si palesa una svolta esistenziale: non si predilige più lo spazio plastico della messa in posa, ma quello intimo e silenzioso dell’abisso, che apre a nuove potenziali rinascite. La necessità della sparizione e dell’allontanamento come doveroso rimedio di chi vive con inquietudine il proprio posto.

5. I punti cardinali (1984, Marco Polo, CGD)

Ripetizione insistente, senso di circolarità, perfetto rapporto fra tessuto narrativo e strappo poetico, scrittura sintetica ed evocativa. Giurato non canta Marco Polo ma finisce per esserne agito, non narra le gesta del viaggiatore veneziano ma vi si confonde. C’è l’ampio respiro dell’epica, ma che si stringe attorno a uno strazio personalissimo.

6. Le funi/ Vela e mare (1984, Marco Polo, CGD)

Giurato declama la sua preghiera in mare aperto, in quello che – attraverso la ripetizione ossessiva del verso – è il rinnovamento a ogni nuovo proferire, a ogni onda e respiro, di un sentimento di rapimento mistico e di stupore. La circolarità diventa moto vorticoso, incessante, inesauribile.

7. Il manuale del cantautore (2007, Il manuale del cantautore, Interbeat)

Dichiarazione lucidissima, ma non priva di ironia, del nuovo corso di Giurato, che da plasmatore anarchico di un materiale tratto direttamente dalla propria vita veste ora i panni del “cantautore”. Questo trattatello sulla canzone vive in bilico fra affermazione e parodia: l'ostinazione di smarcarsi da tutto, soprattutto da se stessi.

8. Centocelle (2007, Il manuale del cantautore, Interbeat)

La narrazione frammentaria di una fuga in auto diventa grido d'evasione da una condizione esistenziale asfissiante, da uno stato di reclusione indecifrabile che si esprime nello spazio compresso dell’abitacolo, che avvolge il corpo e comprime i suoi istinti, specchio di una società che perseguita, controlla, indaga, falsifica i rapporti.

9. La grande distribuzione (2015, La scomparsa di Majorana, Entry)

Ambiziosa canzone-mondo che contiene un’infinità contraddittoria di frammenti, e che nell'abbracciare più cose possibili si stringe intorno al nulla. Questa è la modalità definitiva con cui Giurato (de)compone il suo impetuoso ritratto del reale: sovrapposizione di superfici di significato senza che sia possibile scorgerne al di sotto qualcosa di sostanziale.

10. Digos (2017, Le promesse del mondo, Entry)

Complotti, omissioni e falsificazioni di documenti coinvolgono l’ascoltatore nell'inseguimento di una verità impossibile, trasmettendogli sensazioni di frustrazione e di inesorabilità. L’espressione di un tormento personalissimo – in cui la dimensione intima e privata torna a scontrarsi, e a soccombere, contro l'ostilità di un mondo incombente e persecutorio – raggiunge qui il suo massimo punto di definizione.

 

Se hai letto questo articolo, ti potrebbero interessare anche

pop

Sufferah. Memoir of a Brixton Reggae Head è l'emozionante autobiografia dello scrittore londinese di origini giamaicane Alex Wheatle

pop

Mutiny in Heaven, diretto da Ian White, è il racconto sincero e senza sconti del primo gruppo di Nick Cave

pop

Il film Bob Marley: One Love del regista Reinaldo Marcus Green non riesce ad andare oltre gli stereotipi