All'età di sessantuno anni, compiuti lo scorso 25 agosto, Declan Patrick MacManus stila un bilancio artistico e umano della propria vita movimentata e zeppa di soddisfazioni nell'autobiografia Unfaithful Music & Disappearing Ink: un tomo di 688 pagine in uscita martedì 13 ottobre sul mercato angloamericano, affiancato la settimana seguente da una doppia compilation che ne costituisce la colonna sonora, intitolata anch'essa alla "musica infedele" e contenente 38 brani selezionati da lui personalmente, due dei quali inediti ("I Can't Turn It Off", risalente addirittura al 1975, e "April 5th", registrato nel 2008 insieme a Rosanne Cash e Kris Kristofferson).
Ciò dovrebbe rappresentare una specie di punto fermo nella sua carriera, visto che due anni fa, riferendosi a Wise Up Ghost, album appena realizzato con la crew hip hop di Filadelfia The Roots, disse che sarebbe stato in assoluto il suo ultimo lavoro discografico, affermando inoltre che in futuro intendeva esibirsi in pubblico solo per eventuali necessità di cassa, siccome voleva dedicarsi alla cura dei due gemelli avuti nel 2006 dalla terza moglie, la cantante e pianista Diana Krall. Se così fosse effettivamente, a suggellarne il curriculum individuale resterà invece National Ransom (2010): ventiquattresimo episodio di una serie inaugurata nel 1977 da My Aim Is True. Si era allora nel bel mezzo del marasma sonoro creato dal punk, fenomeno al quale l'esordiente Elvis Costello - pseudonimo coniato accostando al nome di Presley il cognome fittizio usato dal padre, trombettista e cantante jazz di discreta fama - venne associato per semplice coincidenza cronologica e geografica. Altro non era, a quei tempi, che un arguto cantautore rock: discendente dello stile britannico formalizzato negli anni Sessanta dai vari Beatles e Kinks, cui aggiungeva da parte sua un'ampiezza di vocabolario rara in ambito musicale (prerogativa riassunta da una definizione che diede a un certo punto di se stesso: "Sono il campione di Scarabeo del rock'n'roll").
Esemplari dimostrazioni del suo talento furono gli altri due capitoli della trilogia iniziale: This Year's Model e Armed Forces, datati rispettivamente 1978 e 1979. Già nel 1981, però, manifestò il proprio irrequieto eclettismo, confezionando un album - Almost Blue - concepito come tributo alla tradizione americana del country & western. Indizio di una fascinazione culturale che lo spinse a emigrare oltreoceano nel 1982, anno in cui diede alle stampe una delle sue opere migliori, Imperial Bedroom, medesimo titolo di un successivo romanzo dello scrittore statunitense Bret Easton Ellis, che già si era ispirato a lui in occasione dell'esordio con Less Than Zero (omonimo al primo 45 giri del giovane MacManus). Strada facendo, poi, l'Elvis con gli occhiali avrebbe incrociato le rotte del jazz (il disco ricavato nel 2005 dallo show radiofonico con la pianista Marian McPartland) e della classica (l'album The Juliet Letters, prodotto nel 1993 col Brodsky Quartet, la collaborazione del 2001 con la mezzosoprano svedese Anne Sofie von Otter e la partitura composta su commissione della compagnia italiana Aterballetto per uno spettacolo basato sul Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, edita nel 2002 da Deutsche Grammophon). Senza dimenticare, d'altro canto, le partnership con giganti del pop quali Burt Bacharach (Painted from Memory, 1998) e Paul McCartney (una dozzina di canzoni scritte a quattro mani e sparse nelle rispettive discografie). Non propriamente una star, né tanto meno primatista da hit parade, Elvis Costello ha impresso comunque in modo indelebile il suo nome nei testi di storia della musica popolare.