Viaggio musicale all’Isola d’Elba

Da Bach a Pärt, un percorso nella XXV edizione del festival Elba Isola Musicale d’Europa

Mario Brunello e Coro Friuli Venenzia Giulia - Pianosa (foto Andrea Messana)
Mario Brunello e Coro Friuli Venenzia Giulia - Pianosa (foto Andrea Messana)
Recensione
classica
Isola d'Elba
Festival Elba Isola Musicale d’Europa
26 Agosto 2021 - 12 Settembre 2021

Giunto alla sua XXV edizione, il festival Elba Isola Musicale d’Europa si è svolto per tre settimane circa con una fitta programmazione di concerti praticamente quotidiani, proponendo un originale cartellone capace di miscelare epoche e stili musicali differenti in maniera non scontata, coniugando a sua volta questa offerta artistica con la distribuzione delle proposte concertistiche in diversi angoli dell’isola toscana, ognuno dei quali caratterizzato da un’identità propria e connotata.

Resistendo alle invitanti lusinghe delle sirene rappresentate dai rinomati artisti che hanno abitato fin dai primi appuntamenti il programma del festival – tra gli altri Gidon Kremer e Martha Argerich, solo per citarne due – abbiamo ceduto proprio sul finale della rassegna, imbarcandoci (letteralmente) in un’avventura d’ascolto che ci ha condotti a confrontarci con luoghi, rimandi culturali e pagine musicali che raccontavano di opere originali e copie delle stesse, di creazioni contemporanee e metamorfosi di brani del passato.

Approdati a Portoferraio nel primo pomeriggio di venerdì 10 settembre, in serata abbiamo raggiunto Forte Longone a Porto Azzurro, sede del primo concerto che abbiamo seguito. Protagonisti di questo appuntamento erano i violoncelli di Mario Brunello, Jing Zhao e Giovanni Gnocchi, impegnati nell’esplorazione di un programma compilato grazie a differenti repertori capaci di sparigliare le carte di un equilibrio strumentale variegato e cangiante. Raccolto nel giardino ornato di olivi posto alla base del Forte – massiccia e incombente costruzione nota anche come forte di San Giacomo e segnalata sui cartelli stradali come Fortezza Spagnola, oggi adibita a carcere – il pubblico presente ha quindi potuto partecipare a un percorso musicale aperto dalla Sarabanda dalla Suite n. 6 BWV 1012 di Johan Sebastian Bach, arrangiata per tre violoncelli, ognuno dei quali chiamato a disegnare una voce distinta. Una dimensione quindi diversa dall’originale, dilatata di una tessitura musicale che siamo abituati a decifrare nell’intreccio timbrico di un unico strumento e che qui ha trovato una prospettiva nella quale il maggior respiro sonoro è stato coniugato con l’affinità espressa dal passo interpretativo dei tre musicisti.

Mario Brunello, Giovanni Gnocchi e Jaha Lee - carcere di Porto Azzurro (foto Andrea Messana)
Mario Brunello, Giovanni Gnocchi e Jaha Lee - carcere di Porto Azzurro (foto Andrea Messana)

Un carattere, quello rappresentato dall’intesa dei tre violoncellisti, che è stato confermato anche dalle pagine successive, che hanno impegnato gli artisti in diverse combinazioni in duo: dal carattere misuratamente romantico del Silvestrov di 8.VI.1810…to R.A.Sch.’s Birthday per due violoncelli, alla rilettura francamente superflua di estratti da La Traviata di Verdi a opera di Antonio Melchiori, qui proposta in un arrangiamento per violoncello e violoncello piccolo, per arrivare all’intensa Elegia per la morte di A. Rubinstein per due violoncelli di Alfredo Piatti. Ma è con il ritorno alla dimensione del trio grazie al Corale Ich ruf zu dir BWV 639 di J.S. Bach che Brunello e compagni hanno restituito l’interpretazione più efficace della serata, capace di offrire un equilibrio strumentale di rara intensità. Un’intesa confermata anche dall’ultimo brano in programma, Terra Aria per tre violoncelli di Giovanni Sollima, una composizione il cui trascinante andamento ritmico-timbrico ha l’unico limite di essere plasmato sul virtuosismo strumentale del compositore siciliano.

Il secondo appuntamento che abbiamo seguito ci ha condotti a imbarcarci di nuovo, il giorno seguente, in questo caso alla volta di quella spianata di terra in mezzo al mare, preziosa e fascinosa al tempo stesso, rappresentata dall’isola di Pianosa. L’esistenza fino alla seconda metà degli anni Novanta di un carcere di massima sicurezza ha reso l’isola di fatto inaccessibile. Con la dismissione del carcere avvenuta nel 1998, l’isola è poi passata alla gestione dell’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano che ha organizzato una fruizione contingentata per conservarne la biodiversità tra terra e mare, permettendo così di mantenere inalterato gran parte del patrimonio naturale dell'isola. Un’occasione ancora più preziosa, quindi, per godere di un ambiente dal fascino unico, scaturito dal particolare equilibrio tra l’incantevole ambiente naturale, le testimonianze di presenze risalenti al neolitico e all’età del Bronzo e quella sorta di indolente decadenza espressa dalle costruzioni più recenti per lo più segnate da un latente abbandono.

Qui, sul sagrato della Chiesa di S. Gaudenzio, il concerto introdotto dalle luci del tramonto ha visto protagonista ancora il violoncello di Mario Brunello, in questa occasione impegnato a dialogare con la voce di Karina Oganjan nell’intensa interpretazione di Akhmatova songs, variegata raccolta di brani dal segno drammatico firmati da John Tavener, preceduti da Sviaty, composizione per coro e violoncello dello stesso autore britannico e restituita con solida pasta vocale da parte del Coro del Friuli Venezia Giulia diretto con preciso impegno da Cristiano Dell’Oste.

Mario Brunello e Karina Oganjan - Pianosa (foto Andrea Messana)
Mario Brunello e Karina Oganjan - Pianosa (foto Andrea Messana)

Un carattere, quello rappresentato dalla cifra timbrica compatta e duttile espressa da questa compagine vocale, che è stata confermata anche nell’iconico brano di Arvo Pärt Fratres, qui proposto nella versione per coro, violoncello e percussioni. Un impegno diversamente originale ha poi visto questo coro coinvolto nella interpretazione della bachiana Ciaccona dalla Partita BWV 1004 in una lettura per violoncello piccolo e coro, dove gli interventi vocali hanno rievocato rimandi a pagine liturgiche che trattano di vita e di morte, in linea con l’interpretazione evocata dallo stesso Brunello che interpreta questa partitura quale omaggio offerto da Bach alla memoria della prima moglie, Maria Barbara. Il risultato, segnato da palese suggestione, ha lasciato un’impressione un poco straniante per un brano che forse siamo troppo abituati ad ascoltare restituito dalla tessitura strumentale solistica del violino.

Mario Brunello e Coro Friuli Venenzia Giulia - Pianosa (foto Andrea Messana)
Mario Brunello e Coro Friuli Venenzia Giulia - Pianosa (foto Andrea Messana)

A completare la serata i Tre Quartetti vocali op. 57 del russo Anton Stepanovič Arenskij e Serenity (O Magnum Misterium) per coro e violoncello del pianista e compositore norvegese Ola Gjeilo, che ha chiuso il concerto regalandoci la morbida e riflessiva intensità di una partitura disegnata su campiture armoniche dalla misurata ripetitività, attraversate dai pregnanti tratteggi del violoncello di Brunello.

Attento e soddisfatto il pubblico con il quale abbiamo condiviso questo viaggio tra luoghi suggestivi e musica.

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