Venezia omaggia John Neumeier

Al Teatro La Fenice l’Hamburg Ballett presenta “La dame aux camélias” creazione del 1978 del coreografo insignito del premio “Una vita per la musica”

La dame aux camélias (Foto Kiran West)
La dame aux camélias (Foto Kiran West)
Recensione
classica
Venezia, Teatro La Fenice, Teatro Malibran
La dame aux camélias
18 Gennaio 2023 - 22 Gennaio 2023

È visibilmente commosso John Neumeier quando sale sul palcoscenico del Teatro La Fenice durante la prima pausa del suo balletto La dame aux caméliasper ricevere il premio “Una vita per la musica” dalle mani del sovrintendente Fortunato Ortombina e di Massimo Contiero in rappresentanza del Comitato scientifico del premio presieduto da Giorgio Pestelli. Istituito nel 1979, il premio vanta un albo d’oro di assoluto prestigio inaugurato da Arthur Rubinstein e che include alcune delle personalità più prestigiose del mondo della musica, da Mstislav Rostropovič, Carlo Maria Giulini, Karl Böhm, Claudio Abbado, Leonard Bernstein, Alfred Brendel fino a Charles Dutoit nella scorsa edizione. Novità assoluta per questo riconoscimento è la scelta di un coreografo ma, come recita la motivazione, “le coreografie di Neumeier hanno un legame continuo e radicale con la musica, ne sono la sua stilizzazione plastica in un serrato rapporto fra immagine e suono, fra gesto e fraseggio.”

Non è invece una novità il legame con Venezia di John Neumeier e della compagnia di balletto amburghese, che dirige fin dal 1973 e che lascerà alla fine di questa stagione dopo cinquant’anni tondi tondi. La città lagunare ha, infatti, ospitato regolarmente sue creazioni fin dal 1975, quando il palcoscenico montato in Piazza San Marco accolse in prima italiana la sua Terza Sinfonia di Gustav Mahler, evento che Ortombina ha voluto rievocare omaggiando il coreografo con la locandina dello spettacolo.

Non sorprende la scelta di portare proprio La dame aux camélias al Teatro La Fenice in questa occasione: non tanto perché si tratta di uno dei grandi classici di John Neumeier con innumerevoli riprese nei suoi quasi cinquant’anni di vita anche se ancora mai a Venezia, quanto per il suo legame stretto con un’opera iconica per il teatro veneziano come La traviata, con cui il balletto condivide la fonte letteraria. Rispetto all’opera verdiana e alla riduzione del librettista Piave, il lavoro di Neumeier è più fedele al romanzo di Alexandre Dumas figlio soprattutto nella multidimensionalità delle prospettive narrative e della sovrapposizione dei piani temporali nel racconto della vicenda della cortigiana d’alto bordo Marguerite Gauthier e del suo contrastato amore per Armand Duval. La stessa idea di tracciare un chiaro parallelo fra le vicende della coppia Marguerite-Armand con quelle di Manon Lescaut e del Chevalier Des Grieux, che costituisce il nucleo drammaturgico del balletto di Neumeier, è direttamente ispirata al romanzo di Dumas, nel quale è proprio il libro di Antoine François Prévost a provocare l’incontro fra l’io narrante e Armand e, dunque, a innescare la rievocazione della sfortunata vicenda umana di Marguerite, per non dire del destino comune delle due eroine sottolineato dallo stesso Dumas: “… Manon era morta in un deserto, è vero, ma tra le braccia dell'uomo che l’aveva amata con tutte le energie dell’anima e che, quando era morta, le aveva scavato una tomba, l’aveva innaffiata con le sue lacrime e vi aveva seppellito il suo cuore. Mentre Marguerite, peccatrice come Manon, e forse convertita come lei, era morta in seno al lusso sfarzoso, nel letto del suo passato, ma anche in mezzo a quel deserto del cuore, molto più arido, molto più vasto, molto più spietato di quello in cui era stata sepolta Manon …”. Non siamo nel deserto delle paludi del Mississippi, ma in quello popoloso che appellano Parigi.

Il linguaggio coreutico scelto da Neumeier per questo spettacolo è quello classico, come classica è la struttura di quello che a tutti gli effetti ha l’apparenza di un tipico ballet d’action ottocentesco, con numeri che alternano agli ensemble i “pas de deux” dei due protagonisti spesso a confronto con i loro “alter ego” Manon e Des Grieux. Il tocco novecentesco è invece nel gioco metateatrale e nella costruzione per flashback e dissolvenze, che lo avvicinano a un’opera filmica nel montaggio. Allo spessore cinematografico, aiutano anche le scene immateriali, impreziosite dal sofisticato disegno luci di François Menou, immaginate da Jürgen Rose, autore anche del profluvio di sontuosi costumi d’epoca che sostengono plasticamente la narrazione scenica.

Soprattutto nel primo atto, costruito sui tre movimenti del Secondo concerto per pianoforte di Chopin, il ritmo narrativo è incalzante, a partire dalla frenetica asta iniziale che rappresenta lo smembrarsi dell’esistenza della cortigiana Marguerite nella dispersione degli oggetti di una vita. Lo spettacolo tende però a rallentare il passo nel secondo e ancor di più nel terzo atto, che soffrono di qualche ridondanza e ripetizione, giustificate più dalla necessità di dare spazio a ogni membro del corpo di ballo che da una rigorosa logica narrativa. La stessa scelta dei brani musicali dal repertorio pianistico chopiniano, efficace ma piuttosto frammentaria, sembra servire questa logica.

Questa Dame aux camélias si conferma un grande spettacolo, in primo luogo per la grande qualità dei ballerini dell’Hamburg Ballett e specialmente per i due valenti protagonisti, cioè Anna Laudere, una Marguerite restituita nella sua psicologia fortemente contrastata attraverso la danza, e Edvin Revazov, un Armand che è l’incarnazione del giovane romantico con tutti i suoi tormenti. Alle immagini speculari di Manon e Des Grieux prestano corpo Silvia Azzoni e Alexandre Riabko, incarnazioni perfette del virtuosismo del grande balletto ottocentesco.

Le musiche di Chopin supportano efficacemente le eleganti coreografie di Neumeier nell’esecuzione appassionata del pianista Michal Bialk sia solista che accompagnato dall’Orchestra del Teatro La Fenice diretta con funzionale professionalità da Markus Lehtinen.

Pubblico numeroso in sala, accoglienza festosa.

 

 

 

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