Tutta l’eleganza di Händel

La direzione di Dantone e la regia di Pizzi segnano con successo la Trilogia d’autunno di Ravenna Festival

AR

19 novembre 2025 • 4 minuti di lettura

Orlando (foto Luca Concas)
Orlando (foto Luca Concas)

Ravenna, Teatro Alighieri

Orlando, Alcina, Messiah

12/11/2025 - 16/11/2025

Dopo Claudio Monteverdi ed Henry Purcell, autori affrontati lo scorso anno, questa volta Pier Luigi Pizzi e Ottavio Dantone hanno dedicato il loro impegno per la Trilogia d’autunno del Ravenna Festival a Georg Friedrich Händel, scegliendo nella vasta produzione del compositore di Halle due drammi musicali cronologicamente vicini ma strutturalmente distanti come Orlando e Alcina – entrambi messi in scena a Londra, il primo al King’s Theatre il 27 gennaio 1733, mentre il secondo al Covent Garden il 16 aprile di due anni dopo – completati dall’esecuzione del Messiah, oratorio in tre parti per soli, coro e orchestra su testo di Charles Jennens che ha visto la sua prima esecuzione alla New Music Hall di Dublino il 13 aprile 1742.

Orlando (foto Luca Concas)
Orlando (foto Luca Concas)

Un percorso tripartito le cui prime due tappe sono state sviluppate nella cornice drammaturgica plasmata dalla visione registica di Pizzi, che ha saputo distillare la sua pluridecennale esperienza in un impianto teatrale disegnato con raffinata efficienza. Una lettura che ha mantenuto la stessa impostazione scenica per le due opere Orlando e Alcina, attribuendo così a questa nuova produzione un segno identitario comune e coerente, pur ritagliando per i due lavori händeliani atmosfere funzionalmente differenti. Un lavoro che lo stesso Pizzi ha concepito in maniera organica curando regia, scene e costumi, coadiuvato da Marco Berriel (assistente alla regia), Serena Rocco (assistente alle scene), Lorena Marin (assistente ai costumi) e Matteo Letizi (video editing).

Alcina (foto Zani-Casadio)
Alcina (foto Zani-Casadio)

Così sul palcoscenico del Teatro Alighieri, nella pulita e simmetrica architettura disegnata dai due ordini di quinte a specchio si sono riverberate ora le identità mutevoli dei personaggi ora le differenti ambientazioni – anche grazie alle variegate proiezioni del ledwall sullo sfondo fondo – passando dalle atmosfere variabilmente bucoliche della prima opera – dove le “amiche piante” conservavano “la memoria fedel” dell’amore tra Angelica regina del Catai e Medoro – ai giochi di rimandi tra le impetuose mareggiate e le misteriose stanze del regno della maga Alcina. Meccanismi e metamorfosi teatrali che hanno rivelato forse maggior dinamismo nell’Orlando, riservando ad Alcina un segno più misurato e discretamente funzionale.

Alcina (foto Zani-Casadio)
Alcina (foto Zani-Casadio)

In questo contesto il passo musicale impresso da Ottavio Dantone è emerso come il vero e proprio filo conduttore di un percorso interpretativo che ha dato alle due opere di Händel un’identità espressiva coinvolgente e coerente al tempo stesso. Nelle due recite che abbiamo seguito – rispettivamente, Orlando venerdì 14 e Alcina sabato 15 novembre scorsi – il tratteggio asciutto e dinamico della direzione ha plasmato la materia musicale dei due lavori ispirati al poema cavalleresco di Ludovico Ariosto con gusto efficace ed elegante, esaltando l’inventiva melodica che nutre i differenti momenti solistico-vocali così come il tessuto orchestrale che emerge di volta in volta ad accompagnare i diversi personaggi protagonisti sul palcoscenico. Un’impostazione ottimamente assecondata dalla trascinante prova dell’Accademia Bizantina, compagnine strumentale che ha confermato la reattiva e raffinata compattezza timbrica che la contraddistingue. Una cifra orchestrale che ha saputo sostenere con attenta puntualità le voci che hanno animato le due opere, a partire dal generoso Orlando di Filippo Mineccia e dall’efficace Angelica restituita dall’accurata interpretazione di Francesca Pia Vitale. Nei panni di Medoro abbiamo trovato il bell’impegno di Elmar Hauser – poi confermato anche nel ruolo di Ruggiero nell’opera seguente – mentre Martina Licari ha dato voce a una brillante Dorinda, un risultato che la cantante ha poi ribadito anche nella successiva Alcina, dove ha vestito i panni di una Morgana particolarmente riuscita. Altre voci impegnate su più fronti sono state quella di contralto di Delphine Galou – partecipe Bradamante in Alcina e solista nel Messiah – e quella di basso di Christian Senn, che ha dato copro prima a Zoroastro, poi a Melisso, fino ad arrivare con un impegno e una dedizione suffragata da palese efficacia anche al ruolo solistico dell’oratorio che ha chiuso la trilogia. A completare un cast vocale nel complesso molto ben assortito abbiamo inoltre seguito la raffinata espressività di Giuseppina Bridelli, perfettamente a fuoco nell’ambivalente profilo di Alcina, Žiga Čopi – appassionato Oronte e tenore solista nel Messiah – e Alysia Hanshaw, soprano solista sempre nell’oratorio.

Messiah (foto Zani-Casadio)
Messiah (foto Zani-Casadio)

Oltre all’intervento di Diletta Filippetto – in scena, con i due soldati Nicolò Matricardi e Luca Montresor, quale principessa Isabella nell’Orlando – e di Giacomo Decol nei panni di Amore – la cui presenza pantomimica ha fatto da ponte ideale tra le due opere – da segnalare naturalmente anche l’ottima prova del Coro della Cattedrale di Siena “Guido Chigi Saracini” preparato da Lorenzo Donati, che ha contribuito a completare la serrata e coinvolgente lettura del Messiah offerta da un Dantone anche qui particolarmente ispirato, alla guida di un altrettanto trascinante Accademia Bizantina nell’ultimo atto di questa trilogia d’autunno che ha appagato il pubblico presente, sempre numeroso e sempre entusiasta nei confronti di tutti gli artisti impegnati.