L’ispirata trilogia verdiana di Lanzillotta e Catalano

Un bel successo ha accolto la maratona “popolare” di Rigoletto, Il trovatore e La traviata con le voci di Meli, Salsi e Petti, Malfatti e Iniesta

AR

07 novembre 2025 • 4 minuti di lettura

La traviata (foto Luca Attilii)
La traviata (foto Luca Attilii)

Piacenza, Teatro Municipale

Rigoletto, Il trovatore e La traviata

29/10/2025 - 09/11/2025

Che si trattasse di un progetto ambizioso era abbastanza chiaro, forse meno scontato era un esito così positivo. L’audace scommessa posta in atto dal Teatro Municipale di Piacenza proponendo le tre opere Rigoletto, Il trovatore e La traviata declinate in un corpus unico attraverso una nuova produzione ideata ad hoc – e realizzata grazie al contributo straordinario del Ministero della Cultura per la promozione del teatro musicale verdiano – si può senz’altro considerare vinta, almeno a giudicare dalle tre “prime” che abbiamo seguito nei giorni scorsi.

Al di là delle difficoltà insite nei tre titoli – per molti aspetti, com’è noto, anche molto differenti tra loro – e a prescindere dal coinvolgimento di interpreti dai nomi che infiammano gli appassionati, la vera insidia a parer nostro si annidava proprio nella popolarità di queste opere, foriera delle più variegate aspettative – e relativi luoghi comuni – in agguato su diversi fronti: dalla scelta dei tempi staccati dal podio allo sfoggio degli “acuti”, per arrivare alle ambientazioni sceniche più o meno “rispettose” del dettato primigenio e così via.

Rigoletto (foto Maria Parmigiani)
Rigoletto (foto Maria Parmigiani)

In questo quadro la chiave di volta dell’intero progetto è stata rappresentata dal combinato disposto tra la lettura musicale di Francesco Lanzillotta e la visione registica di Roberto Catalano, due personalità capaci di tracciare quei solidi ed efficienti binari drammaturgici sui quali è transitato l’intero progetto. Entrambi fondamentali anche per la capacità di offrire il necessario agio espressivo ai protagonisti attivi sulla scena, senza in ogni caso rinunciare a una coerenza interpretativa che si è rivelata – sia sul versante musicale sia su quello scenico – compatta, coerente ed efficace.

L’impianto registico di Catalano – ottimamente coadiuvato dalle essenziali e funzionali scene di Mariana Moreira, dai misurati ed eleganti costumi di Veronica Pattuelli e dalle efficaci ed evocative luci di Silvia Vacca – ha disegnato uno spazio astratto e concreto al tempo stesso, attraversato con attenta misura dai movimenti coreografici di Marco Caudera. Una presenza, quest’ultima, che ha accompagnato con pregnante discrezione tutte e tre le rappresentazioni, incarnando un filo conduttore che da un lato ha concretizzato l’articolata valenza simbolica legata a una sorta di itinerante metamorfosi della maledizione rigolettiana descritta dallo stesso Catalano nelle sue “Note di regia”, e dall’altro ha sedato in chi scrive un’innata avversione nei confronti della presenza di mimi et similia sulle scene liriche.

Il trovatore (foto Luca Attilii)
Il trovatore (foto Luca Attilii)

In questo panorama Lanzillotta ha saputo costruire variegati pannelli musicali coerenti con l’impianto unitario del progetto nel suo complesso ma, al tempo stesso, significativamente differenti per le tre opere, passando dal taglio deciso e trascinante di Rigoletto – da “Cortigiani, vil razza dannata” al terzetto e tempesta del terzo atto – al passo sovente più soppesato e articolato de Il trovatore – “Il balen del suo sorriso” o il Miserere – fino all’intenso tratteggio animato da una delicata misura de La Traviata, con momenti decisamente ispirati quali il finale del primo atto o l’intero duetto tra Germont padre e Violetta del secondo atto. Una direzione, quella di Lanzillotta, animata da una visione personale ed efficace, che ha saputo anche guidare con attenzione il Coro del Teatro Municipale di Piacenza preparato da Corrado Casati e un’Orchestra Sinfonica di Milano che a tratti denunciava alcune smagliature nella tessitura timbrico-strumentale.

La traviata (foto Gianni Cravedi)
La traviata (foto Gianni Cravedi)

Sul palcoscenico la matrice unitaria di questa produzione veniva incarnata dall’avvicendarsi nei diversi ruoli di un cast vocale che comprendeva Francesco Meli nei panni del Duca di Mantova, di Manrico e di Alfredo Germont – sempre generoso nonostante qualche incertezza vocale e soprattutto protagonista di alcune interpretazioni di grande eleganza – Luca Salsi nei panni di un Rigoletto restituito con rara pregnanza e di un Giorgio Germont dall’efficace misura. Ruth Iniesta ha dato corpo a una Gilda nel complesso adeguata nella recita del 29 ottobre, chiamata in sostituzione dell’indisposta Maria Novella Malfatti che abbiamo poi ritrovato le sere successive nei panni di una Leonora dalla misurata efficacia e in una Violetta Valéry decisamente ispirata, capace di restituire tratteggi interpretativi animati da una salda padronanza vocale e da una bella personalità interpretativa. Oltre a un solido Ernesto Petti nei panni del Conte di Luna, vanno almeno ciati Teresa Romano e Adolfo Corrado, bravi interpreti rispettivamente di Azucena la prima e di Sparafucile e Ferrando il secondo, oltre a Irene Savignano (Maddalena e Flora).

Pubblico da “tutto esaurito” nelle tre prime che abbiamo seguito, giustamente generoso di applausi nei confronti di tutti gli artisti coinvolti in questa originale e popolarissima maratona verdiana.