Sigfrido fra i borghesi

Al Maggio si conclude con il Crepuscolo l'innovativo Ring Mehta - Fura dels Baus

Recensione
classica
Maggio Musicale Fiorentino
Richard Wagner
29 Aprile 2009
Al Comunale di Firenze, per inaugurare il Settantaduesimo Maggio Musicale Fiorentino, giunge al suo epilogo l’ambizioso Ring Zubin Mehta – Fura dels Baus iniziato nel 2007. La saga approda all’umanità omologata e decaduta dei fatui borghesi Gibicunghi, e Sigfrido perde pelli e bionde chiome per indossare giacca e cravatta. Ma non c’è da temere che la Fura si lasci ingabbiare in una regia di concetto: l’immaginazione resta al potere. Ritornano le cose già viste (le macchine da volo, le figlie del Reno nuotanti nelle loro vasche, le immagini video di Franc Aleu, montagne, acque, metropoli minacciose da fantascienza, il Walhalla fatto dai corpi intrecciati degli eroi), altre se ne aggiungono, come il flottante vascello di Sigfrido su un inquinatissimo Reno. Il corteo funebre si snoda in platea in una chiave di ritualità primitiva, ma sdoppiato nel video che lo riprende e scorre in palcoscenico come un funerale di stato in televisione; né mancano i tratti grotteschi, come nelle ronde degli occhialuti vassalli gibicunghi. Soprattutto si stringe la rete dei simboli e dei significati, in primo luogo la visione di una civiltà che si cementa nel crudele sacrificio dell’umanità alla divinità. Sul podio, Zubin Mehta realizza una narrazione forse un poco più arruffata che nei capitoli precedenti ma sempre calda e trascinante, in piena luce, assecondato da un cast di grande rilievo dove Jennifer Wilson, si conferma come toccante e intensa Brunilde, Lance Ryan è un Sigfrido svettante e sicuro più che seducente, si segnalano l’ottimo Gunther di Stefan Stoll e la Waltraute di Catherine Wyn-Rogers, torna l'ambiguo Alberich di Franz-Joseph Kapellmann, ma la sorpresa è costituita dal possente e crudo Hagen di Hans Peter Koenig. Successo pieno e netto esteso alla generosa orchestra e al coro.

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