Macbeth, opera al nero con striscioni
Successo pieno per la componente musicale governata dal podio da Alexander Soddy con Luca Salsi protagonista, qualche dissenso per la messinscena di Mario Martone per il nuovo allestimento al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
14 ottobre 2025 • 5 minuti di lettura
Firenze Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Macbeth
12/10/2025 - 19/10/2025Cominciamo dal direttore ! Alexander Soddy ha fornito una lettura efficace e molto ben calibrata della prima delle tre opere verdiane da Shakespeare, dando un rilievo particolarmente vigoroso e scattante ai profili strumentali e a certe linee vocali risonanti di guerra e volontà di potenza, ma anche delineando fin dal prologo, con gesto lirico ben respirato ma sempre controllatissimo, gli altri e contrastanti elementi all’insegna del lutto, del pianto, della pazzia. Abbiamo trovato in questa esecuzione una grande limpidezza di tratto, e un ineccepibile coordinamento con il palcoscenico, qualità direttoriale che ha avuto modo di rifulgere in molti momenti, ad esempio nell’intensa ma trasparente conduzione del finale del primo atto, che ci è sembrato veramente bello; ma ci hanno colpito per felicità d’esecuzione anche pagine che riflettono la maturazione linguistica di Verdi per la seconda versione (Parigi 1865), come l’etereo ballabile degli elfi che fa seguito alla scena delle apparizioni del terzo atto, con quell’orchestra aerea e puntuta. E infatti alla fine, nel grande successo generale, gli applausi e le acclamazioni più vive sono andati proprio al direttore inglese, che, lo ricordiamo e come avemmo già modo di riferire per la Salome diretta da Soddy nell’ultima edizione del festival del Maggio, era fra i papabili al ruolo di direttore principale dell’Orchestra del Maggio dopo la conclusione del contratto con Daniele Gatti (che poi invece è rimasto in carica dopo la strana vicenda della sua mancata nomina scaligera). Ma anche il cast ha ricevuto molti consensi a partire da un veterano del ruolo come Luca Salsi; quanto alla Lady di Vanessa Goikoetxea, che tornava a Firenze dopo la sua Tosca del ‘24, la tipologia vocale in sé non ci sembrerebbe quella della tenebrosa signora shakespeariana, ma i suoi mezzi di lirico pieno questa cantante li usa con tanta abilità, grinta e doti sceniche da rendersi credibile anche in un ruolo come questo, che per il pubblico del Maggio di più longeva memoria si identifica in vocalità più foscamente potenti come Leyla Gencer, Gwyneth Jones (la Lady dell’indimenticabile edizione Muti – Enriquez) e Deborah Voigt. Molto bene il Banco di Antonio Di Matteo e il Macduff di Antonio Poli, e bene anche tutte le parti di contorno a partire dal Malcom di Lorenzo Martelli.
Le contestazioni alla regìa di Mario Martone, vivaci ma, diremmo, non maggioritarie rispetto agli applausi, avevano diverse ragioni che cercheremo di evidenziare. Ci è piaciuto senz’altro il nero quasi totale della scena variato solamente dal rosso vibrante della Lady e da alcuni abili tocchi delle luci (Pasquale Mari), ci è piaciuta nel primo atto la particolare sottolineatura demoniaca, anzi l’azzardo, di un cavallo nero scalpitante (un vero cavallo, cavalcato dall’amazzone Michaela Ricci convenientemente ammantata e incappucciata in nero anche lei), e come sempre le signore del coro del Maggio hanno dato il meglio di sé, musicalmente e scenicamente, nell’interpretare le streghe. Abbiamo trovato discutibili altri elementi, come il fatto di far dire dalla voce di Macbeth, e non dalla Lady, il testo della fatale lettera “Nel dì della vittoria” e quanto segue, perché ci sembra che Verdi volesse proprio questo, usare uno stereotipo dell’opera italiana (la lettura di una lettera è normalmente in parlato, vedi Traviata) per enfatizzare con il difficile passaggio tra il parlato e il cantato il carattere dark del personaggio. Un espediente simile – usare la voce registrata di Macbeth – era stato adottato, se ben ricordiamo, da Strehler per una celebre edizione scaligera del Macbeth, diretta da Abbado; ma usare in scena, come è successo qui, il telefonino, beh, questo forse era un po’ banalizzante. C’era un abuso o meglio un uso non sempre accorto e realmente creativo, diciamo pure un po’ facile, dei video nella scena delle apparizioni; ma nel complesso era una regìa ben condotta nelle scene di massa e nella gestione del palcoscenico, con qualche bella invenzione non peregrina, come quando, nel finale del primo atto, una velatura scende a separare i cortigiani in lutto per la morte di re Duncan dalla festa segreta e danzante di Macbeth e della Lady.
Certamente l’attualizzazione non dovrebbe provocare più scandalo, oramai ci siamo abituati tutti, e qui, nei costumi di Ursula Patzak, c’erano i guerrieri in mimetica e mitraglietta oppure in uniforme da grandi occasioni, e per le signore normali abiti da sera. Il coro “Patria oppressa” (benissimo eseguito dal coro) aveva sullo sfondo un video che sembrava riferirsi inequivocabilmente alle distruzioni della Striscia di Gaza. Ma se vogliamo attualizzare, su cos’altro si dovrebbe farlo oggi ? D’altra parte, nella controscena all’aria di Macduff “Ah, la paterna mano”, si vedeva la mesta fossa pronta per un corpo di adulto e due di bambini, che magari poteva far pensare al giovane padre israeliano che ha perduto la sua famiglia, Yarden Bibas… Questa impronta di presa diretta sulla cronaca è poi proseguita in modo più militante, dopo che gli applausi duravano oramai da parecchi minuti, con la presentazione a sipario aperto, davanti al cast schierato, di tre striscioni contro il genocidio e per la libertà della Palestina. Cosa che però ha suscitato anche molte reazioni negative e diversi buuu, non tanto per ripudio della cosa in sé, crediamo, ma perché, diceva parecchia gente uscendo da teatro, il ruolo del teatro è un altro… E allora il Viva V.E.R.D.I., dicevano altri ? Lasciamo la questione in sospeso. La cosa brutta è che, siccome il team dell’allestimento è uscito, come spesso avviene, tutto insieme, i fischi, oltre a Martone, se li è presi anche un grande artista come Mimmo Paladino, che firmava le scene (peraltro semplici e scabre come si conveniva a questo taglio registico) in collaborazione con Barbara Bessi, e aveva realizzato il grande sipario di tela su legno che si vedeva prima dello spettacolo: uno splendido Trionfo della Morte.