La Bohème nello spazio torna a Bastille tra gli applausi

Ottima Nicole Car come Mimì e direzione attenta di Domingo Hindoyan

AT

16 settembre 2025 • 4 minuti di lettura

La Bohème (Foto MonikaRittershaus/OnP)
La Bohème (Foto MonikaRittershaus/OnP)

Opera Bastille Parigi

La Bohème

12/09/2025 - 14/10/2025

Discussa al momento della sua creazione nel 2017 alla stessa Opéra Bastille, La Bohème di Puccini nell'allestimento di Claus Guth è tornata per aprire la nuova stagione dell'Opéra di Parigi dimostrando che l’idea di base del regista tedesco ha una sua validità e regge nel tempo. Non è mancata anche stavolta qualche voce contraria, sopratutto qualche lamentele che la storia del libretto è poco comprensibile nella nuova drammaturgia, ma Guth riesce a togliere del tutto quella sensazione di polvere che hanno oggi molte messe in scena di quest’opera e offre una chiave di lettura originale che accentuare l’attualità della scrittura musicale pucciniana. Se Puccini, infatti, esalta la bellezza della gioventù anche se con pochi soldi, Guth evidenzia il fatto che a tale gioventù non possiamo non ripensare con nostalgia, quella dolce nostalgia di cui è intrisa la musica di Puccini. Guth colloca i personaggi in un navicella spaziale in avaria, le riserve di ossigeno si stanno esaurendo, i quattro amici cosmonauti - Rodolfo, Marcello, Schaunard e Colline - non hanno più molto da vivere e Rodolfo rivive, tra sogni e allucinazioni, la sua giovinezza e il suo amore per Mimì. Una prospettiva che ci proietta nell’attualità della conquista dello spazio, e il freddo non è più quello di una soffitta povera di fine ottocento ma quello interstellare, trasportandoci nell'infinito di un universo dove gli amori passati fluttuano al tempo stesso nel cosmo e nella mente, al di là del tempo e dello spazio, nella dimensione della memoria. Accentua questa sensazione di modernità della Bohème versione Guth la direzione musicale del giovane ma esperto maestro Domingo Hindoyan, asciutta e precisa, cristallina, priva di qualsiasi eccessiva, mielosa accentuazione romantica, ma i sentimenti e i colori ci sono tutti, veloce quando l’azione deve procedere, pronta a dare tempo all’espressione del sentire interiore. Nei ruoli principali di Mimì e Rodolfo si alternano due coppie, l’australiana Nicole Car e l’americano Charles Castronovo sino a fine settembre e poi sarà la volta del soprano cileno Yaritza Vélize e di un altro americano, il tenore Joshua Guerrero. Nel primo cast domina la scena Nicole Car, dizione italiana perfetta e chiara, bella voce da soprano lirico pucciniano, morbida, dolce, espressiva, con acuti luminosi. Altrettanto melodioso e molto appassionato è Charles Castronovo e i loro duetti sono tra i momenti più toccanti dello spettacolo. Rodolfo ha un suo doppio che saltella in tutta spaziale mentre il cantante interpreta sé stesso giovane e funziona che alcune arie siano come registrate davanti ad un monitor oppure cantate davanti a un microfono. Assai godibili pure i tre amici Marcello, Schaunard e Colline che sono rispettivamente i baritoni Étienne Dupuis, solido professionista anche stavolta centrato nel ruolo, il giovane dalla presenza carismatica e canto elegante Xiaomeng Zhang e il basso greco Alexandros Stavrakakis che ha molto emozionato con la sua “Vecchia Zimarra”. Si fa notare anche il baritono Franck Leguérinel, fin troppo distinto per il personaggio di Alcindoro. Poco adatta al ruolo invece il soprano Andrea Carroll, una Musetta non molto seducente al Caffè Momus, per la verità anche per colpa del rigido cappottino, ma più toccante, e vestita più adeguatamente, nel drammatico finale. Bravi i bambini, vestiti tutti di nero ma con coloratissimi palloncini e lanterne cinesi. Le scene sono di Etienne Pluss ed i costumi di Eva Dessecker, per entrambi il quadro meno riuscito è proprio il Caffè. Ma non convince nemmeno la tenda di fili argentati che risolve alcune difficoltà logistiche ma, anche se richiama Parigi, appare poco poetica, così come il mimo in scena, entrambi troppo presenti quando invece dovrebbero essere il frutto episodico e confuso di menti che si stanno perdendo ed alternano lucidità, ricordi e allucinazioni. Suggestivo il paesaggio lunare in cui la navicella sembra che abbia finito per schiantarsi. Ci sono alcuni cambiamenti nel libretto per renderlo più moderno, così ad esempio la cuffietta diventa un foulard, e c’è qualche piccolo taglio per eliminare alcune incongruenze con la nuova storia che si sta raccontando. L’ultimo quadro è introdotto, in modo opportuno, da un respiro difficile, come quello che sta per mancare a Mimì, è quello degli astronauti con le loro bombole d’ossigeno in esaurimento. Alla fine la fiammella che continua a tenere in mano Mimì si spegne e lei si allontana, l’astronauta Rodolfo pure si adagia per sempre, l’ultima immagine è quella della polvere cosmica da cui tutti proveniamo e a cui tutti dobbiamo tornare. Alla première, alla fine, forti applausi calorosi per tutti gli interpreti.