Il ritorno al Ravenna Festival di Maria de Buenos Aires

Dopo 20 anni, l’opera di Piazzolla viene ripresentata in una realizzazione musicale di alto livello, con le affascinanti voci di Belli, Peloni e Bonilla-Torres guidate da Rivani

María de Buenos Aires (foto©Zani-Casadio)
María de Buenos Aires (foto©Zani-Casadio)
Recensione
classica
Ravenna, Rocca Brancaleone
María de Buenos Aires
07 Luglio 2021

Il centenario della nascita di Astor Piazzolla (1921-1992) ha favorito in vari luoghi la riproposta della sua opera María de Buenos Aires, creata nel 1968, che già aveva attirato l’interesse di alcuni teatri italiani all’inizio di questo secolo. Lo stesso Ravenna Festival l’aveva messa in scena nel 2002, e la ripropone oggi in coproduzione con il Teatro Comunale di Ferrara.

Più che un’opera in senso classico, una “tango operita”, come recita il sottotitolo. Il testo simbolista di Horacio Ferrer – condotto fra il sacro, il profano e il surreale – suggerisce piuttosto il genere dell’oratorio, in cui i fatti non sono rappresentati ma evocati, con tanto di narratore a connettere gli eventi. Il tutto affidato a tre voci (un mezzosoprano, un baritono e un attore) che incarnano a turno i vari personaggi chiamati in causa, dall’identità sempre sfumata, allusa.

Su questo testo, Piazzolla confezionò 17 lunghi numeri musicali, la gran parte ispirati al tango: un tango nuevo di forma e genere non classico, lontano dalla cosiddetta “vecchia guardia” d’inizio Novecento, costruito piuttosto su giri armonici ripetitivi e bassi ostinati circolarmente ipnotici.

Di grande efficacia la realizzazione musicale presentata a Ravenna, con l’Orchestra Arcangelo Corelli (dominata dal suono peculiare del bandoneón di Davide Vendramin) posta in fondo al palcoscenico, sotto una impalcatura metallica calcata per gran parte dello spettacolo dagli interpreti vocali (microfonati come gli strumentisti): Martina Belli, voce di raro fascino quasi contraltile e grande versatilità, usa a spaziare dal belcanto romantico alle avanguardie novecentesche; Rubén Peloni, di origine argentine, specialista della parte da oltre un decennio; Daniel Bonilla-Torres, di non minore esperienza in quest’opera, la cui voce parlata con venature da basso sciorina tutta la varietà di un canto incantatorio. Ed è stato un vero piacere fisico lasciarsi avvolgere dalla rotonda sonorità della lingua spagnola affidata a timbri vocali così diversi fra loro, ma assolutamente complementari.

Il direttore d’orchestra Jacopo Rivani, ravennate di formazione, ha concertato con piglio e precisione, contribuendo al meglio per l’alto livello musicale della serata.

Su tutto ciò, in primo piano davanti al pubblico, il coreografo Michele Merola creava un secondo spettacolo, con nove danzatori della MM Contemporary Dance Company che riempivano le due ore di musica sovrapponendovi quasi ininterrottamente quell’azione mancante al testo: gestualità a senso unico, tutta appoggiata alla sensualità di corpi bellissimi e agli sguardi perennemente concupiscenti dei ballerini, qualunque fosse il tono delle parole pronunciate dagli interpreti vocali.

Applausi convinti e nutriti per tutti, da parte del pubblico ospitato nello spazio aperto sempre suggestivo della Rocca Brancaleone.

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