Contrasti vitali per la Messa da Requiem
Il carattere netto della lettura di Robert Treviño ha segnato la pagina verdiana applaudita al Regio di Parma
22 ottobre 2025 • 2 minuti di lettura
Parma, Teatro Regio – Festival Verdi
Messa da Requiem
18/10/2025 - 18/10/2025Atto conclusivo del cartellone del Festival Verdi 2025, la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi proposta sabato scorso sul palcoscenico del Teatro Regio di Parma ha visto protagonista il piglio interpretativo di Robert Treviño, direttore d'orchestra messicano-americano tra i più interessanti della sua generazione, attuale direttore ospite principale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI e per anni direttore musicale dell'Orchestra Nazionale Basca.
Un piglio che è emerso fin dalle prime note, anzi per meglio dire fin dal primo silenzio che ha avviato l’esecuzione della pagina verdiana, germinata da un pianissimo di rara intensità, che ha connotato fin dalle battute iniziali il carattere di un’esecuzione che ha coinvolto le compagini rappresentate dalla Filarmonica Arturo Toscanini e dal Coro del Teatro Regio preparato da Martino Faggiani.
Una lettura dai contorni netti, che ha dato forma al capolavoro verdiano attraverso contrasti espressivi che divenivano plastica rappresentazione sonora della contrapposizione drammatica che infonde quest’opera, costantemente giocata tra il terrore della morte e la speranza di salvezza. Una prospettiva espressiva esplosa nel passo deciso e incombente del celeberrimo “Dies irae” – le cui riprese successive hanno evidenziato significativamente una sorta di rassegnato depotenziamento evocativo – per poi confluire nel “Tuba mirum” attraverso un accento interpretativo più misurato. Un percorso assecondato sia dalla cifra potente e compatta del coro sia da una compagine orchestrale dalla resa timbrica sostanzialmente equilibrata e dalla risposta dinamico-ritmica reattiva, capace di restituire gli slanci più decisi così come le oasi più riflessive della direzione di Treviño, compreso quel “Lacrymosa” attraversato in questa occasione con passo decisamente dilatato, quasi a indagare tra le pieghe della materia musicale estremamente distesa di questa pagina la ragione più intima del suo significato spirituale e trascendente.
Un gioco di contrasti al tempo stesso vitale e personale, quello proposto dal direttore texano originario di Fort Worth, che ha coinvolto con segno coerente in questa sua lettura anche i quattro solisti, tutti impegnati in una prova interpretativa restituita con palese e consapevole dedizione, a partire dal mezzosoprano Valentina Pernòzzoli e dal tenore Piero Pretti, per arrivare al soprano Marta Torbidoni e al basso Michele Pertusi, protagonisti questi ultimi di una varietà di lettura a tratti più riccamente espressiva.
Rompendo il silenzio protratto per qualche secondo che ha seguito le ultime note dell’opera verdiana – quasi a chiudere idealmente il cerchio con il clima che ha segnato l’avvio di serata – il folto pubblico presente ha salutato con convinti e ripetuti applausi tutti gli artisti impegnati, riservando un calore particolare a Michele Pertusi, beniamino della città emiliana e del suo teatro.