Che gelida Poppea

Alla Scala l'Incoronazione di Poppea diretta da Alessandrini con la regia di Bob Wilson

Recensione
classica
Teatro alla Scala Milano
Claudio Monteverdi
01 Febbraio 2015
Da tempo programmato dall'ex sovrintendente Lissner (non a caso figura in coproduzione con l'Opéra di Parigi) quest'ultimo Monteverdi non ha riservato sorprese, nel bene e nel male. L'esecuzione musicale è di primissimo ordine, Rinaldo Alessandrini è autorità indiscussa in materia, ma ogni volta sembra superarsi. Ha scelto un organico ridottissimo, due clavicembali, due arpe piccole, archi quanto basta e (sorpresa per il gran finale) un paio di trombe. La buca d'orchestra è sollevata quasi al livello della platea, ma ciò nonostante è stata necessaria un'amplificazione discreta con due altoparlanti piazzati a metà sala all'altezza della quarta fila dei palchi. Il direttore ha spiegato che di fronte alle due edizioni dell'Incoronazione di Poppea, la veneziana e la napoletana, ha giustamente scelto qua e là secondo i propri gusti. La compagnia di canto è eccellente: Miah Persson (Poppea), Monica Bacelli (Ottavia), Sara Mingardo (Ottone), Leonardo Cortellazzi (Nerone), Adriana Di Paola (un'Arnalta spiritosissima), Maria Celeng (Drusilla) e tutti gli altri. Qualche difficoltà, dovuta una cattiva serata, l'ha dovuta superare Giuseppe De Vittorio (la Nutrice). Quanto alla regia (scene e costumi compresi) di Bob Wilson è risultata un dejà vu, raffinatissima, calcolatissima nell'imporre gesti da marionette e bocche stupefatte che rimangono splancate, ma al solito raggelante. Col risultato, gravissimo, di essere del tutto impermeabile alla forte carica erotica dell'opera: l'iniziale "Non partire, signor" o il duetto "Pur ti miro" sono stati mostrati con algida eleganza, ma nulla di più. Unica eccezione il personaggio di Arnalda, dinoccolata e buffa, che ha aperto un piccolo spiraglio di vitalità. Forse a causa della prima che si è svolta di domenica qualche posto vuoto in platea e molti palchi deserti, grandi applausi comunque al termine dello spettacolo. Interrotti in modo improprio e anche villano con una brusca calata del sipario, come se qualcuno avesse fretta di tornare a casa.

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