Dal classicismo viennese al romanticismo russo

Al Teatro La Fenice serata con Anne-Sophie Mutter in trio con Lionel Martin e Lauma Skride in pagine di Beethoven e Čajkovskij per il programma di Musikámera

Anne-Sophie Mutter (foto Jürgen Carle)
Anne-Sophie Mutter (foto Jürgen Carle)
Recensione
classica
Venezia, Teatro La Fenice
Anne-Sophie Mutter per Musikámera
19 Maggio 2025

A Musikámera, il programma da camera del Teatro La Fenice, arriva un trio d’eccezione con il violino della diva Anne-Sophie Mutter, il violoncello di Lionel Martin, artista cresciuto e maturato all’ombra della Mutter (è stato borsista della Fondazione Anne-Sophie Mutter e membro dei Virtuosi di Mutter in una tournée in Sud America), e il pianoforte della talentuosa Lauma Skride. In una serata di raffinata intensità musicale nella sala grande del teatro lirico veneziano davanti a un folto pubblico, i tre solisti hanno proposto un programma incentrato su due capolavori per trio con pianoforte: il celeberrimo Trio in si bemolle maggiore op. 97 “Arciduca” di Ludwig van Beethoven e il Trio in la minore op. 50 di Pëtr Il’ič Čajkovskij. L’esecuzione dei tre interpreti, tutti con solida esperienza e provata sensibilità musicale, ha restituito con intelligenza e passione la complessità e la bellezza di due opere tanto diverse quanto complementari. 

Il concerto si è aperto con l’“Arciduca”, uno dei massimi vertici del catalogo cameristico beethoveniano, composto nel 1811 e dedicato al mecenate Rodolfo d’Asburgo, l’Arciduca del titolo. Il trio di musicisti ha saputo cogliere appieno la nobile serenità del primo movimento, Allegro moderato, con un suono ampio e bilanciato, lasciando spazio alle linee melodiche senza mai sacrificare l’articolazione del contrappunto, come anche nel brioso Scherzo, parentesi di respiro brillante restituita nel perfetto gioco di incastri ritmici. Cuore espressivo dell’interpretazione, L’Andante cantabile del terzo movimento viene introdotto dalle note del pianoforte solo con partecipata sensibilità prima del dialogo profondo intessuto con i due archi, che hanno risposto con un fraseggio delicato ma mai lezioso. L’Allegro moderato in forma di rondò del finale ha mostrato una volta di più l’intima intesa dell’ensemble nel restituire l’equilibrio classico e l’inventiva formale beethoveniana. 

Dopo l’intervallo l’atmosfera cambia completamente: dalla compostezza formale del classicismo viennese al clima appassionato del tardo romanticismo russo coniugato con inventiva nella stravagante forma in due ampi e articolati movimenti. Composto in memoria del pianista e amico Nikolaj Rubinštejn, il Trio op. 50 di Čajkovskij sin dalle prime battute dell’imponente movimento di apertura, Pezzo elegiaco, il trio crea un clima di struggente introspezione: il pianoforte, denso e cantabile, ha sorretto la tensione drammatica con grande naturalezza e fluidità, mentre violino e violoncello hanno scolpito le frasi con un lirismo accorato e vibrante. La lunga serie di variazioni del secondo movimento, Tema con variazioni, è l’occasione per i tre solisti di esplorare un’ampia tavolozza espressiva: dall’ironia leggera di alcune variazioni danzanti, allo struggente lirismo quasi brahmsiano (la terza variazione) passando per la seriosa solennità dell’episodio fugato (l’ottava variazione), fino alla struggente ripresa del tema iniziale, proposto come un commiato nostalgico se non doloroso. Ammirevole l’equilibrio mantenuto dai tre solisti – non c’è certo spazio qui per solitari divismi – ma anche la leggerezza a tratti giocosa lungo l’intero arco della lunga composizione čajkovskijana, interpretando con maturità il suo afflato quasi sinfonico. 

Applausi calorosi e convinti hanno salutato festosamente la fine del programma ufficiale, che il trio ha voluto chiudere con un fuori programma: il secondo movimento, Andante con moto tranquillo, del Trio n. 1 in re minore op. 49 di Felix Mendelssohn-Bartholdy. Un congedo in forma poetica in un’atmosfera di malinconica serenità.

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