Bahrami tra Bach e Chopin

La Filarmonica Romana riapre la piccola, ideale Sala Casella

Recensione
classica
Accademia Filarmonica Romana
21 Maggio 2009
La musica "da camera" viene suonata in sale enormi, da duemila posti: a questa contraddizione in termini reagisce il restauro da parte dell'Accademia Filarmonica Romana (col contributo di Dexia Crediop) della piccola Sala Casella. Da fuori sembra un cottage e la sua rustica semplicità fa quasi tenerezza. Immersa in un tranquillo e ombroso giardino, fa anche sognare a una specie di Glyndebourne della musica da camera, con déjeuner sur l'herbe dopo concerti di quartetti, clavicembalisti e gruppi madrigalistici. A inaugurarla è stato chiamato Ramin Bahrami, con il suo Bach così lontano dallo stereotipo serioso e parruccone. La Bourrée della Suite francese n. 5 è rustica e saltellante come la dovevano danzare i contadini del sud della Francia ma anche abbondantemente e raffinatamente ornata come la amavano nelle corti (ma subito dopo la Loure mette da parte ogni carattere di danza per un'astrattezza celestiale e ultraterrena). Il Concerto Italiano trabocca di leggerezza, vivacità e gusto per la fisicità del suono. Bahrami usa senza timidezze il pianoforte per mettere in rilievo la vitalità, l'irruenza e la gioia di questa musica, per restituire insomma a Bach la sua umana concretezza (il suo motto è: "Non rendiamolo troppo spirituale!"). A tal fine è lecito usare il pedale, graduare le dinamiche, alternare varie articolazioni dal legato allo staccato, rubare il tempo, rallentare e accelerare. Per molti queste cose "non si possono fare", perché impedite o dal clavicembalo (e infatti Bach preferiva il clavicordo) o dalle presunte regole; ma Bahrami le fa esclusivamente per assecondare lo spirito della musica, pro e non contro Bach. Non c'è rischio che il suo Bach si trasformi in Chopin. È invece lo Chopin del bis (Mazurka in la minore) a suonare sorprendentemente bachiano...

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