Riscoprire Stomu Yamash’ta

Una ristampa del live del 1971 Sunrise from West Sea, a nome Stomu Yamash’ta & The Horizon

Stomu Yamash’ta & The Horizon
Disco
jazz
Stomu Yamash’ta & The Horizon
Sunrise From West Sea
Wewantsounds
2022

Percussionista, compositore e multistrumentista che negli anni Settanta ha ottenuto una notevole fama globale grazie a una fusione tra le sonorità tradizionali giapponesi e le traiettorie del rock progressivo dell’epoca, Stomu Yamash’ta è poi progressivamente sparito dai radar più hip, sostanzialmente relegato a una temperie vagamente “new age” e rapidamente invecchiata in cui il suo pirotecnico virtuosismo strumentale si vendeva un tanto al chilo con l’esotismo del momento.

Formatosi a New York e Boston verso la fine degli anni Sessanta, Yamash’ta si fa conoscere nel 1971 con tre dischi, Metempsychosis in duo con il pianista Masahiko Sato, Red Buddha (nome anche della compagnia di performer con cui girerà l’Europa negli anni seguenti) e il live Sunrise From West Sea, registrato nell’aprile alla presenza di una platea selezionata di amici e musicisti.

Pubblicato allora solo in Giappone, il disco viene ora ristampato da WeWantSounds in un’edizione in vinile che riproduce l’originale gatefold.

Lungo flusso percussivo psichedelico diviso nelle due facciate (come era uso allora), Sunrise From West Sea vede insieme a Yamash’ta ancora Sato alle tastiere, il mitico violinista Takehisa Kosugi (Taj Mahal Travellers) e Hideakira Sakurai allo shamisen elettrico.

Riascoltato oggi, prendendosi una quarantina scarsa di minuti con telefono staccato per abbandonarsi totalmente alla ritualità performativa e sonica del lavoro, il disco rivela suggestioni ancora efficaci. Se alcuni momenti perdono la loro forza fisico-performativa (nella seconda parte a un certo punto il pubblico sembra divertirsi molto per qualcosa che verbalmente o corporalmente non possiamo decrittare), evitando di ricondurre all’idea di esotismo alcune sonorità, le trame posseggono infatti una qualità dialettica tra rarefazione e violenza – il fischio del violino di Kosugi, lancinante – che inevitabilmente va a spostare le possibili prospettive di ascolto confortevole, evidenziando una forte connessione con gesti e suoni arcaici che la globalizzazione prog degli anni seguenti ridurrà a innocui cliché.

Bel trip! Ottima operazione di ristampa!

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

jazz

Mulatu Astatke, il custode dell’Ethio-jazz

Mulatu Astatke ritorna con Tension, il risultato della sua collaborazione con l'israeliana Hoodna Orchestra

Ennio Bruno
jazz

Fresu, una specie di Miles

Kind of Miles è l'omaggio di Paolo Fresu a Miles Davis, ora in disco

Guido Festinese
jazz

Il post jazz secondo Anna Butterss

Mighty Vertebrate è il nuovo album della bassista e compositrice australiana

Alberto Campo