Le canzoni viventi dei Dálava

Il progetto di Julia Ulehla e del chitarrista Aram Bajakian rilegge antiche melodie morave trascritte dal bisnonno della cantante

Dalava
Disco
world
Dálava
The Book of Transfigurations
Songlines
2017

Un disco dell’anno scorso, da recuperare assolutamente: è The Book of Transfigurations, uscito per Songlines a nome Dálava. Si tratta del progetto condiviso dalla cantante nata a New York e di base a Vancouver Julia Ulehla, e da suo marito Aram Bajakian, chitarrista sperimentale del giro Tzadik, che ha suonato come turnista fra gli altri per Lou Reed e Diana Krall (notevole già il suo lavoro solista Aram Bajakian’s Kef, uscito nel 2011 per l’etichetta di Zorn).

Ulehla ha radici morave, e per la sua Tesi di Dottorato in etnomusicologia si è trovata a lavorare sull'antologia di melodie trascritte da suo bisnonno Vladimir Ulehla nell’area di Strážnice, nella Moravia meridionale. Furono raccolte in un volume uscito nel 1949, due anni dopo la morte di Ulehla, intitolato Živá píseň – ovvero “canzoni vive”. Vladimir, che fu folklorista e biologo – spiega la sua bisnipote – considerava le canzoni qualcosa di vivo, come organismi che si sviluppano e mutano: una visione figlia certo di quel romanticismo che animava la prima e la seconda generazione dei folkloristi europei, ma che in questo caso sembra dannatamente vicina al vero.

Julia Ulehla ha preso queste melodie trascritte e le ha “coltivate”, come lei stessa spiega nelle note di copertina del disco, facendole crescere negli Stati Uniti, a New York (e raccogliendole in un primo cd nel 2014) e poi a Vancouver, dove è ambientato questo “libro delle trasfigurazioni”. Gli arrangiamenti – brillanti, freschi, innovativi – e il suono possono ricordare, in certi punti – oltre a parte del mondo Tzadik – qualcosa di Tom Waits, o meglio ancora alcuni lavori di Marc Ribot sulle canzoni. Chitarra acustica e Telecaster, contrabbasso, violoncello, batteria, pianoforte, organo elettrico, per melodie dolci che passano dal sussurrato a sezioni free incentrate sugli strappi della chitarra elettrica.

Una bellissima storia, e un bellissimo disco, che è un atto d’amore verso le proprie radici – con la consapevolezza di chi sa bene che lo scopo delle radici è quello di sostenere la crescita dell’albero.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

world

Il Salento elettrico di Maria Mazzotta

Nel nuovo album Onde la cantante salentina mescola tradizione e suoni rock con intelligenza

Guido Festinese
world

L'afrofuturismo giamaicano di groundsound

Un esaltante progetto musicale fra riddim spoken poetry per ridefinire la percezione della Giamaica

Ennio Bruno
world

In volo con i Khruangbin

A la Sala è il nuovo album del trio “globalista” texano Khruangbin

Alberto Campo