Diepkloof United Voice, il gospel di Soweto

Dal Sudafrica il sorprendente debutto dei Diepkloof United Voice, coro di ragazzi delle township

harmonizing Soweto
Disco
world
Diepkloof United Voice
Harmonizing Soweto: Golden City Gospel & Kasi Soul From The New South Africa
Ostinato Records
2023

Dopo averci fatto conoscere l’artista sudanese Jantra, l’etichetta discografica newyorkese Ostinato Records ci consegna l’album d’esordio del gruppo vocale Diepkloof United Voice, insieme di ragazzini che senza l’ausilio di strumenti musicali ha dato vita a Harmonizing Soweto: Golden City Gospel & Kasi Soul From The New South Africa, album che non esito a definire straordinario.

Si avvicina il Natale, le nostre città si preparano a ospitare, secondo tradizione, i più svariati gruppi di gospel provenienti soprattutto da Harlem e dal Sudafrica, ma questa è una storia diversa: non stiamo per parlare di gospel religioso ma di quello che nasce per le strade, nello specifico quelle delle township sudafricane.

La storia delle armonie vocali corre in profondità nell’Africa meridionale: dai lavoratori migranti isolati in dormitori affollati che cantavano insieme nello stile zulu definito isicathamiya per scacciare i loro dolori fisici e la nostalgia di casa ai gruppi acclamati universalmente come i vincitori di Grammy Ladysmith Black Mambazo e il supergruppo mbaqanga Mahlathini and the Mahotella Queens, la combinazione delle voci musicali del Sudafrica nero ha sempre avuto un suono autentico.

Ovviamente il gospel è stato un’ispirazione per i gruppi vocali: portato in Africa dai missionari cristiani, ben presto le strutture tradizionali occidentali degli inni s’imbastardiscono con i dialetti locali e gli stili indigeni di canto dando vita a nuove forme e, a partire dagli anni Novanta, con lo smantellamento dell’apartheid, la musica gospel diventa un genere popolare in Sudafrica.

Sono passati trent’anni e le promesse e le speranze di questa nuova nazione Mzansi – il nome informale del Sudafrica - sembrano ancora lontane per molte persone, con il Paese che barcolla da una crisi all’altra e i giovani disoccupati delle township che fanno qualsiasi cosa per sopravvivere in condizioni inimmaginabili.

Durante il lockdown, un traballante video registrato grazie a uno smartphone di alcuni ragazzi sudafricani che cantano in una scuola abbandonata – più tardi si scoprirà trattarsi della Lebowa Elementary School a Diepkloof Zone 3 – diventa, senza clamore, virale: questi giovani cantanti sono i Diepkloof United Voice di Soweto e la loro versione a cappella della potente e tragica bubblegum hit del 1989 “Too Late for Mama” di Brenda Fassie è come un segnale di purezza in un mondo che si sente troppo sporco per essere toccato. Con armonie potenti e un primo tenore sorprendente, riescono a creare un momento di bellezza trascendentale, riarrangiando la canzone melanconica ma in levare in un pianto rivolto al cielo. Il brano ha anche il compito di aprire il loro album e, come potete ascoltare, è un’autentica meraviglia che arriva fino alle nostre ossa.

«Dieci kilometri a piedi nudi nella foresta / poi cominciò a piovere sulla via per andare a prendere un po’ d’acqua / la povera donna aveva un bambino sulla schiena / fu colpita da un fulmine sulla via per andare a prendere un po’ d’acqua / lei cercò di nascondersi sotto un albero per salvare il suo bambino / la povera donna non aveva un posto dove andare / il fulmine la colse con il piccolo sulla schiena / gli amici e i parenti corsero in suo soccorso / era troppo tardi, era troppo tardi, troppo tardi per la mamma, oh no / il marito arrivò di corsa sul luogo / il pover’uomo tenne la sua moglie morta tra le braccia / gli occhi pieni di lacrime, senza credere a quell’incubo / s’inginocchiò e pianse, perché quella era una perdita dolorosa» – “Too Late for Mama”

Diepkloof e il quartiere vicino, Meadowlands, furono create come nuove zone all’interno di Soweto alla fine degli anni Cinquanta per ospitare quelli spostati con la forza quando Sophiatown fu demolita perché al regime dell’apartheid non piaceva la sua vicinanza ai sobborghi bianchi. Nel 2016 nove ragazzi di quell’area, con una percentuale di disoccupazione tra le più alte al mondo, si misero insieme per formare Diepkloof United Voice. Da quel momento il loro stile unico di cantare il gospel è diventato molto popolare grazie a YouTube e TikTok con più di due milioni di visualizzazioni.

Ora è la volta del loro album d’esordio e, come già anticipato, è uno schianto. Loro lo chiamano kasi soul (kasi è un termine gergale che definisce una township nera) e, se la vostra idea di musica corale sudafricana è quella dei Ladysmith Black Mambazo, bene, preparatevi a essere sorpresi: dove le dolci armonie zulu infuse di gospel di quest’ultimi si mescolavano con l’influenza del canto liturgico anglicano, Diepkloof United Voice guarda allo stile santificato del profondo Sud degli Stati Uniti e lo combina con le esperienze urbane delle township.

Senza accompagnamento e con gli effetti percussivi forniti dalle loro voci, il risultato è semplice ma elettrizzante. “Round and Round” (sì, avete ragione, è proprio la versione di “Stay” di Rihanna: del resto Diepkloof United Voice è formato da ragazzi che ascoltano la musica per ragazzi) e “Who Knows” hanno un piacevole sapore doo-wop, mentre “My Brother” saltella come una versione aggiornata dei Manhattan Brothers, un gruppo musicale molto popolare in Sudafrica negli anni Quaranta e Cinquanta, il cui stile univa elementi jazz di provenienza statunitense ad armonie della tradizione zulu e africana. 

E proseguiamo con “Who Knows”, cover del brano inciso nel 1970 da Marion Black, una delle vette dell’album e canzone di rara bellezza.

“Baninzi”, unico brano cantato in zulu, è stato il singolo che ha preceduto l’album ed è la cover di un brano inciso originariamente nel 2011 dal gruppo The Soil, musicisti con un suono soul davvero unico a Soweto: sì, è il già citato kasi soul e DUV ne ha conservato il basso profondo e i clic da beatbox, base per meravigliose armonie vocali.

La canzone che ha il compito di chiudere questo eccellente album è “My Brother”, un brano dal sapore funky doo-wop di uno sconosciuto compositore sudafricano che lavora pesante sulle armonie tipiche dell’isicathamiya che conquistarono l’Occidente ai tempi di Graceland di Paul Simon. La rabbia del testo è in severa giustapposizione alla gioiosità della performance vocale e fornisce una chiusura perfetta a un disco altrettanto perfetto.

Come riportano le note di presentazione sulla pagina Bandcamp della Ostinato Records, Harmonizing Soweto è il primo album di gospel e kasi soul di una nuova generazione nel nuovo Sudafrica, una generazione pronta a dare forma non solo al suono futuro del Paese ma anche alla sua direzione e alla sua leadership, realizzando finalmente la promessa di un nuovo Sudafrica: le inimitabili voci di questi ragazzi ne sono l’anticipazione.

 

 

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