Sei / ascolti #9: Lorenzo Troiani

I compositori di oggi si raccontano in sei brani che hanno influenzato il loro modo di pensare e scrivere la musica

Lorenzo Troiani (foto Sara Di Gianvito)
Lorenzo Troiani (foto Sara Di Gianvito)
Articolo
classica

Contemporanea o colta che dir si voglia, sono molti i nomi che possiamo usare per definire la musica del nostro tempo. Ma cosa si nasconde dietro quelle sonorità, spesso accusate di apparire troppo ostiche o addirittura cerebrali? Abbiamo chiesto ad alcuni compositori "di oggi" di scegliere sei brani di autori diversi che in qualche modo abbiano esercitato una particolare influenza sul loro modo di pensare e scrivere la musica.

Nelle ultime puntate abbiamo incontrato Yannis Kyriakides, Hugues DufourtMichel van der Aa e Mauro Lanza e Jug Marković. Oggi tocca a Lorenzo Troiani.

– Leggi le puntate precedenti di Sei / ascolti

Nato a Roma, dove si laurea in Filosofia con una tesi sul pensiero ontologico di Paul Klee, Lorenzo Troiani vive attualmente tra Vienna e Boston. Dopo gli studi in composizione con Salvatore Sciarrino, Rosario Mirigliano, Clemens Gadenstätter, Gerd Kühr e Chaya Czernowin, nella sua musica hanno un ruolo cruciale la poesia di Paul Celan e Francis Ponge, il lavoro di Paul Klee e Jannis Kounellis, la filosofia di J-L. Nancy e Jacques Derrida.

Dottorando in Composizione all’Università di Harvard, dove insegna come assistente, l’anno scorso Troiani è stato l’unico compositore italiano fra i vincitori della quinta edizione del Concorso Internazionale di Composizione “Neue Szenen” indetto dalla Deutsche Oper di Berlino, che gli ha commissionato l’opera breve Haut, dopo aver conquistato alcuni importanti riconoscimenti come il Musikförderungspreis der Stadt Graz, Impuls Competition e il Premio Bucchi.

Cancellati tutti gli eventi programmati per il 2020, inclusa la sua partecipazione al Festival Milano Musica, il 2021 terrà a battesimo diversi suoi nuovi lavori in prima esecuzione assoluta: La vita delle conchiglie con l’Ensemble Phace a Vienna, su commissione del Wiener Konzerthaus; Hold the Dark con l’ensemble NAMES a Salisburgo, su commissione del Festival Aspekte, e Appunti per una conchiglia con il Klangforum Wien al Festival Open Music di Graz.

1. “Il suicidio dei samurai”, Verdena

«Questo pezzo, e in generale l’omonimo LP, hanno segnato la mia adolescenza. Avevo una band e cominciai a comporre per il gruppo. Cresciuto a suon di Nirvana, nel 2004 il mio amico Michelangelo mi mostrò Il suicidio dei samurai: una detonazione nelle mie orecchie! La ciclicità della forma, la crudezza del suono. Chiunque mi conosca sa che ne parlo spesso».

2. “Zerstörte Zelle”, Einstürzende Neubauten

«Altro brano e gruppo di cui parlo ossessivamente con tutti i miei amici: “Zerstörte Zelle” è stato un asteroide nella mia vita musicale. Al di là della potenza sonora e della crudezza punk-industrial che mi ha segnato in giovinezza, il pezzo e in generale l’LP Halber Mensch, mi ha mostrato come ogni oggetto, la materia stessa sia pulsante e piena di vita. Ogni cosa risuona. E ha una sua voce».

3. Das atmende Klarsein, Luigi Nono

«Questo pezzo ha una storia particolare nel mio percorso musicale. Durante il mio secondo anno di conservatorio andai con la mia classe a sentire Das atmende Klarsein in concerto. Ne uscii cambiato. Ricordo ancora la mia esperienza: stupore seguito da una profonda noia, seguito, a sua volta, da un rinnovato ascolto. La tensione incredibile costruita nel tempo mi forzò ad ascoltare in modo diverso. Dovevo focalizzarmi sui dettagli del suono, sul respiro, sulla vibrazione. Ne uscii sconvolto. Una lezione di composizione che mi ha segnato profondamente. Probabilmente più di tutte. Tutt’ora è uno dei pezzi che porterei su un’isola deserta».

4. Concerto per pianoforte e orchestra, Beat Furrer

«Quando Beat venne a Roma per una masterclass organizzata da Nuova Consonanza nel 2010 io ero un ventunenne al sesto anno di composizione e al terzo anno di filosofia. La mia vita era ancora instabile. Non avevo mai sentito né di Furrer, né della sua musica, ma decisi di partecipare. Mi documentai. Scoprii così dell’Università di Graz, di Beat, e della sua musica. Ascoltai su CD il suo Concerto per pianoforte e orchestra. L’ascolto mi sconvolse. Ricordo ancora di essere uscito e aver parlato di alcuni dettagli del pezzo con amici per almeno tre ore di fila. Non potevo togliermelo dalla mente. La lezione con lui mi aprì un mondo e imparai a sognare e immaginare mondi sonori inauditi. Quattro anni dopo andai a studiare a Graz e la mia vita cambiò: l’incontro con Beat è stato uno dei più significativi della mia vita di musicista».

5. Concerto per violoncello op. 129, Robert Schumann

«Nell’esecuzione storica di Rostropovich e Bernstein. Non c’è bisogno di spiegazioni… Una musica che mi è stata vicina nei momenti difficili. Un rifugio che visito sempre quando necessario. Un Concerto la cui forma parla della vita stessa, e pulsa senza sosta».

6. Infinito nero, Salvatore Sciarrino

«Ascoltato per caso a 19 anni, mi ha segnato profondamente. Pezzo di estrema radicalità, mi ha aperto gli occhi e la mente sulla deformazione temporale e scenica che il suono può causare. Impossibile dimenticare il senso di claustrofobia che provai durante i primi 7 minuti del pezzo. Il primo intervento vocale fu come una freccia nelle mie orecchie. Un pezzo dalla potenza emotiva incredibile la cui principale materia è il silenzio».

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