Sei / ascolti #8: Jug Marković

I compositori di oggi si raccontano in sei brani che hanno influenzato il loro modo di pensare e scrivere la musica

Jug Markovic
Foto di Ben Viaperalta
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Contemporanea o colta che dir si voglia, sono molti i nomi che possiamo usare per definire la musica del nostro tempo. Ma cosa si nasconde dietro quelle sonorità, spesso accusate di apparire troppo ostiche o addirittura cerebrali? Abbiamo chiesto ad alcuni compositori "di oggi" di scegliere sei brani di autori diversi che in qualche modo abbiano esercitato una particolare influenza sul loro modo di pensare e scrivere la musica.

Dopo Yannis Kyriakides, Hugues DufourtMichel van der Aa e Mauro Lanza, riprendiamo il ciclo con Jug Marković.

– Leggi le puntate precedenti di Sei / ascolti

Originario di Belgrado, dove si è laureato in filosofia e alla facoltà di Music Arts, Jug Marković si è recentemente trasferito a Parigi per seguire il corso di composizione e computer music dell’IRCAM. Nonostante la giovane età, le sue musiche sono state eseguite all'interno dei più importanti festival europei, dal Donaueschinger Musiktage al Festival d'Aix-en-Provence, affidate ad alcuni dei musicisti più in vista sulla scena internazionale, dal Klangforum Wien diretto da Enno Poppe, all’Ensemble Intercontemporain che, in occasione del Festival dell’IRCAM ManiFeste, nel 2019 ha eseguito il suo Kammerkonzert n. 2.

Interessato unicamente alle proprietà del suono, Jug Marković tende a una musica densa, energica e per certi aspetti impulsiva, manifestando una certa duttilità nei diversi campi di applicazione, come dimostrano le musiche di scena per Phaedra, per il film muto Illusionists, fino al monodramma EDIT che gli è valso il premio ArtTrema Fest.

Il prossimo giugno si terrà la prima esecuzione di Chant de Vélès, brano commissionato dal Festival d'Aix-en-Provence per grande coro, costituito da 200 persone tra cantanti professionisti, dilettanti e studenti universitari, e ottoni.

 

1. L’Orfeo, Claudio Monteverdi

«L'ingresso di Jordi Savall in sala, sulle note della Toccata iniziale, è ormai leggendario. La sua esecuzione de L'Orfeo è da considerarsi di riferimento per l'opera di Monteverdi, che è senza dubbio immortale. È uno di quei pezzi che ti porta ad ascoltare le esecuzioni più diverse per poterle confrontare nei dettagli, seguendo il libretto per cantare insieme ai vari personaggi. È superfluo ricordare quanto Monteverdi sia stato una figura rivoluzionaria nella musica europea, ma l’amore che provo nei suoi confronti e per il suo Orfeo è un atto spontaneo e per certi aspetti ingenuo. L'Orfeo mi fa venire voglia di comporre un'opera, se non di scrivere addirittura il mio Orfeo».

2. Effloresce, Oceansize

«Effloresce è un album che mi riporta a immagini e luoghi specifici di Belgrado, la mia città natale. È una musica malinconica, nostalgica. Per anni ho percorso lo stesso tragitto in bicicletta, da Dorćol, il quartiere in cui vivo, al lago Ada. Lo stesso percorso e il paesaggio circostante sono cambiati molto nel corso del tempo. L’album degli Oceansize riassume il cambiamento della mia città, lasciando scorrere ricordi e immagini così come è possibile vederli durante una corsa in bicicletta».

3. Concerto per pianoforte n. 2, Bela Bartók

«La musica di Bartók, insieme a quella di Scriabin, è una costante immutabile nella mia vita. Il suo Secondo Concerto per pianoforte, a mio avviso il miglior concerto mai scritto, è uno dei suoi brani più brillanti. Uno di quei pezzi che, nonostante tu lo possa ascoltare 5467 volte, continua a sorprenderti come la prima. La musica di Bartók ha esercitato una forte influenza su di me, soprattutto per il ritmo, l’energia, l’intensità e per il suo approccio al pianoforte vigoroso e penetrante. Dopo aver suonato molti suoi brani pianistici, come ad esempio la Sonata, la sua musica diventa per me tangibile, al punto da lasciare inevitabilmente traccia nel mio lavoro».

4. Sonata n. 10 op. 70, Aleksandr Scriabin

«Scriabin è da sempre una presenza importante, tant’è che le sue ultime cinque Sonate pianistiche sono state la chiave d’accesso alla musica contemporanea: è grazie a loro che mi sono avvicinato alla musica più recente. Fino ad allora, avrò avuto circa quindici anni, non avevo mai sentito qualcosa di simile. All’epoca la Decima era diventata la mia ossessione per molto tempo, almeno fino a quando non sono riuscito a suonarla. A differenza della musica di Bartók, quella di Scriabin ha esercitato su di me una forza più tenue, sottile, meno visibile. La sua influenza infatti sfiora la sfera emotiva, esprimendosi in un modo misterioso».

5. Lonely Child, Claude Vivier

«La musica di Vivier mi fa ripensare all'importanza di credere nel proprio intuito, nei sentimenti, e all’esigenza di abbracciare una specifica identità musicale. Ai miei occhi l’opera di Vivier è il simbolo di una musica dall'identità forte e inamovibile. A coloro ai quali riesce a comunicare, parla in modo chiaro e potente. È inutile elogiare il magnetismo di Lonely Child, si tratta di uno dei pezzi più incantevoli della musica più recente, un pezzo che fa la storia».

6. Lateralus, Tool

«Anche se è superfluo da dire, i Tool sono degli specialisti nel loro genere e l’album Lateralus è uno dei pilastri della musica progressive. Insieme agli Oceansize e Meshuggah, la musica dei Tool è qualcosa che ascolto indipendentemente da specifiche esigenze musicali, un punto fisso ormai da molto tempo che non si lega a qualche momento particolare della mia vita. Le tracce di questo album funzionano come un tutt’uno, ecco perché ho deciso di non scegliere una singola canzone ma di suggerire un ascolto d’insieme. Lateralus è un album rivoluzionario e, a mio avviso, l’equivalente dei più alti risultati compositivi in ambito sperimentale».

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