Fausto Romitelli, brucia ancora

An Index of Metals di Fausto Romitelli alla prova del tempo

VS

17 ottobre 2025 • 5 minuti di lettura

Index of Metal (foto To Listen To)
Index of Metal (foto To Listen To)

Ogni riascolto della musica di Fausto Romitelli (1963-2004) è un ritorno alla materia del suono, alla sua densità fisica e alla sua luce corrosa. La nuova edizione Kairos di An Index of Metals non si limita a rimettere in circolo un capolavoro: riporta in vita un’esperienza sensoriale totale, grazie alla quale la musica diventa metallo fuso, immagine incandescente, trance collettiva.

Ultimo lavoro del compositore goriziano, scritto nel 2003 e presentato al Festival Voix Nouvelles di Royaumont, An Index of Metals è una video opera per soprano, ensemble, elettronica e proiezioni multiple, concepita come un rito percettivo, una «messa dei sensi» che immerge lo spettatore in un flusso continuo di suoni e visioni.

La riedizione curata da Kairos — diretta da Marco Angius con l’Ensemble AltreVoci e la voce di Livia Rado — restituisce alla musica di Romitelli la sua temperatura originaria. Rado attraversa la partitura come un elemento di metamorfosi: la sua voce, piegata e riscritta dall’elettronica, resta sempre viva, concreta, vibrante. Nel registro acuto, la linea vocale diventa fenditura che rovista nella densità del suono, restituendo al magma un volto umano. Il suono conserva la sua densità psichedelica, ma acquista una profondità spaziale nuova, che rende giustizia al pensiero materico del compositore.

Il disco nasce da una registrazione dal vivo realizzata il 27 settembre 2024 al Conservatorio di Torino, durante il festival To Listen To, organizzata da SMET, la Scuola di musica elettronica del Conservatorio. In quell’occasione la video opera fu eseguita integralmente, con le proiezioni originali e un complesso di undici strumentisti, voce e live electronics: un magma di suono e luce da cui la nuova edizione discografica trae la sua energia più autentica.

Un anno dopo, il 25 settembre 2025, il lavoro è tornato a Torino per la sua presentazione ufficiale al Circolo dei Lettori, sempre nel contesto di To Listen To, in un incontro pubblico con Marco Angius, Laura Bersani (flautista dell’Ensemble AltreVoci) e Andrea Agostini (compositore e anima della SMET).

L’evento, più che una semplice anteprima discografica, ha assunto la forma di un dialogo sul lascito di Romitelli: la direzione «senza click», la tensione tra libertà interpretativa e struttura elettronica, la persistenza del corpo dentro il suono. È stato un momento di ascolto condiviso, coerente con lo spirito del festival dell’ascolto sperimentale ideato dalla Scuola di musica elettronica del Conservatorio di Torino, che ogni anno interroga le forme dell’ascolto come pratica critica e politica.

Nel libretto di Kenka Lekovich, tre Hellucinations, tre «canzoni» deformate, scandiscono altrettanti stadi dell’esperienza: la discesa (Drowningirl), la risalita (Risingirl), l’esplosione rituale (Earpiercingbells). Le parole si aprono come ferite luminose dentro la partitura: «drowning in emotions», «crucified by noise».

Romitelli le traduce in un linguaggio fisico, ossessivo, dove la voce si scompone, si distorce, si contamina con la macchina fino a diventare pura frequenza. Il ciclo si chiude con un ritorno all’origine — l’accordo iniziale di "Shine On You Crazy Diamond", dei Pink Floyd, che riemerge e si dissolve in una colata di rumore e chitarre elettriche, come un paesaggio di rovine incandescenti.

Come scrive nel booklet Luigi Manfrin, che di Romitelli è uno dei più acuti interpreti, il compositore porta qui alle estreme conseguenze la sua idea del suono come materiale da plasmare: grana, spessore, lucentezza, elasticità. Il metallo, più che un simbolo, è una condizione del suono: la sua temperatura, la sua capacità di riflettere e corrodere. L’influenza della cultura pop, delle droghe e della psichedelia non è mai decorativa, ma strutturale: serve a liberare la percezione, a forzare la musica oltre la soglia della forma.

Lo testimonia la componente elettronica, per realizzare la quale il compositore si era rivolto ai Pan Sonic, il duo finlandese di Mika Vainio e Ilpo Väisänen. Nella tensione tra impulso e saturazione, due universi si incontrarono: la brutalità minimalista dei Pan Sonic e la scrittura deformante di Romitelli condividono lo stesso orizzonte di energia e di rischio. Dopo la morte di Vainio, nel 2017, An Index of Metals sembra trattenere qualcosa della sua eredità: il suono come sostanza viva, fragile, pronta a esplodere.

Nelle sue note, Marco Angius parla invece di una «ribellione del suono». Dirigere An Index of Metals, scrive, significa liberarsi dalla logica del click, restituendo alla musica la sua natura imprevedibile. Non più un gesto sincronizzato a un metronomo elettronico, ma un respiro che guida anche la parte visiva, in un’inversione che restituisce umanità all’apparato tecnico. «La musica — scrive Angius — finisce per ribellarsi al sistema che pretende di governarla, affermando la propria espressione gestuale e idiomatica». È un’idea che Romitelli avrebbe amato: la materia che resiste, il suono che rifiuta di essere docile, la tecnologia riportata alla sua vibrazione più umana.

Già nel volume che ho avuto la fortuna di curare più di dieci anni fa, Have Your Trip. La musica di Fausto Romitelli (Auditorium, 2014), Filippo Del Corno aveva riconosciuto in An Index of Metals «il tentativo di sperimentare un nuovo sublime». Non più quello dell’elevazione, ma quello dell’immersione: un sublime rovesciato, che nasce dal basso, dal corpo, dalla saturazione sensoriale. In quest’opera la vertigine non deriva dalla distanza, ma dalla prossimità assoluta con la materia. Il suono diventa vertice e abisso insieme; amplificazione e spegnimento coincidono, come scrive Del Corno, in «un’ennesima e affascinante alterazione percettiva».

È in questa zona instabile — dove il pathos si confonde con il bathos, una discesa nel magma della profondità, e il metallo fonde i due poli — che Romitelli trova il suo luogo più vero: un sublime sporco, fisico, esistenziale.

Riascoltato oggi, An Index of Metals non è soltanto un capolavoro dei primi duemila, ma una vera e propria prefigurazione. Anticipa la nostra estetica dell’immersione e dell’esperienza sinestetica, ma lo fa con una radicalità che resta unica. In un tempo che tende a lucidare ogni superficie, Romitelli ci riconsegna la ruvidità del mondo, la sua bellezza tossica, la sua materia viva. Il suo metallo continua a risuonare: fuso, sporco, inarrestabile. In quella risonanza c’è ancora tutto il desiderio di oltrepassare il limite, di affondare e rinascere dal rumore.