Confessioni di un melomane sentimentale

Nel suo libro Opera, neutro plurale Emilio Sala propone un personale giro del mondo operistico in ottanta voci

AR

03 novembre 2025 • 3 minuti di lettura

Emilio Sala
Emilio Sala

Nel suo libro Opera, neutro plurale (Milano, il Saggiatore 2024, pp. 416, € 26,00) Emilio Sala – professore ordinario e docente di Drammaturgia musicale all’Università Statale di Milano – propone un personale giro del mondo operistico in ottanta voci, un vero e proprio “glossario per melomani del XXI secolo”, come spiega significativamente il sottotitolo.

Un lavoro originale, che offre un punto di osservazione diversificato e variamente articolato, ricco di obliqui spunti di riflessione sull’opera lirica, consapevolmente eterogenei e non necessariamente ortodossi, animati qua e là da quella sorniona – e, in questo caso, mai tracotante – ironia intellettuale che sovente contraddistingue quegli esperti d’opera che a una brillante intelligenza uniscono una solida erudizione.

Dai rimandi se vogliamo più lineari e naturali – non foss’altro per la comune matrice occidentale –tra melodramma e cinema, fino ai paralleli invero un poco più complessi con le tradizioni “operistiche” mediorientali – kabuki giapponese, jingju cinese, khōn thailandese, ta’ziyeh iraniano – Sala disegna un percorso fresco e stimolante, a tratti anche abitato da inaspettati scarti di lato prospettici, di quel complesso e a tutt’oggi inopinatamente brulicante mondo che appelliamo “opera lirica”.

Un mondo che attualmente, almeno in Italia (al netto di un pubblico più o meno “invitato”, più o meno d’occasione e/o di circostanza e più o meno ignaro di ciò che gli rapirà le successive 2 o 3 ore di vita…) pare essere transitato dalla palude passatista ma schiettamente appassionata di nostalgici – e, in fondo, anche simpatici e a tratti pittoreschi – loggionisti, al pantano autoreferenziale di sedicenti e affettati “melomaniaci”, organizzati in schiere di ottuse tifoserie pronte a sostenere – in teatro ma soprattutto sui social media – in maniera spocchiosa e stucchevole il beniamino di turno (sia esso cantante, direttore, regista, compagine strumentale, istituzione teatrale e così via).

Ecco, in questo panorama Emilio Sala nelle pagine del suo libro mostra una terza via, forse meno comoda e più impegnativa, ma infinitamente più stimolante rispetto alle precedenti prospettive.

Edgar Degas, “Cantante con guanto” (1878)
Edgar Degas, “Cantante con guanto” (1878)

Sulla scorta di una scelta consapevole e dichiarata, l’autore supera le consuete contingenze nozionistico-cronachistiche (ma anche di costume, con relative e marchiane derive pseudo-giornalistiche) alimentando il suo ragionamento grazie a una profonda conoscenza dell’oggetto trattato – e del suo contesto allargato – oltre a solidi innesti psicoanalitici. Prospettive, queste, manifestate fin dalla sua Premessa: «La cultura operistica è inseparabile dalle passioni eccessive che ha suscitato, e ancora suscita, tanto nel loggionista occidentale quanto nel piaoyou cinese. Si può affrontare la melomania in termini puramente sociologici? Secondo me no. Ecco spiegato il taglio psicoanalitico di questo libro». Uno sguardo animato da figure come, tra le molte altre, quella di Jacques Lacan, che porta Sala ha confessare – in quanto, supponiamo noi, melomane sentimentale – il suo punto di vista di partenza: «La magia dell’opera è illusoria ma non ingannevole. Ammaliati dalle voci che popolano il suo immaginario ipertrofico, protetti (ma anche imprigionati) dai rituali istituzionali dell’apparato simbolico cui apparitene, l’opera da una parte ci spinge fuori dalla realtà della vita normale, dall’altra ci predispone all’inaspettato incontro con il “reale”, cioè con l’impossibile».

Emilio Sala
Emilio Sala

Una visione nella quale anche il quadro di riferimento si amplia in maniera, per così dire, non scontata, come possiamo apprendere da uno stralcio delle Riflessioni conclusive: «il modo di concettualizzare l’opera sotteso a questo lavoro (e condensato nella formula “opera, neutro plurale”) prevede [che] non solo il Singspiel, ma anche l’operetta e il musical (così come la ballad opera, l’opéra-comique, la zarzuela ecc.) vanno ricondotti all’eterogeneità ontologica di un concetto aperto come quello di opera, sotto il quale possono convivere tanti fenomeni disparati, ma interconnessi e riconducibili alla stessa matrice».

In questa prospettiva, le ottanta voci che compongono il “glossario” di Emilio Sala meritano di essere lette e rilette sia con la circospetta intelligenza dell’interessato scopritore di preziosi oggetti culturali, sia con la vorace curiosità del cultore d’opera appassionato ma non uniformato, che non cerca conferme ma prospettive diverse e – sempre che si legga con attenzione – persino inattese.