Zorn-Patton-Masada, urla avant-jazz

Con il quartetto Masada e in duo con Mike Patton, Zorn non delude il pubblico di Verona Jazz

John Zorn e Masada (foto Checiàp)
John Zorn e Masada (foto Checiàp)
Recensione
jazz
Verona Jazz Verona
20 Giugno 2008
Già ospite del festival scaligero negli "anni d'oro", John Zorn è tornato a Verona Jazz in una serata a lui interamente dedicata, che ha abbinato al quartetto Masada il duo con il cantante Mike Patton. Colpisce e fa riflettere che uno dei musicisti – qualunque sia la prospettiva da cui lo si voglia inquadrare – più 'avant' degli ultimi decenni si sia attestato a vario titolo su una già consolidata 'classicità', ma quando si parla di Masada questo dato non può essere ignorato. Il quartetto, che nell'incantevole ambientazione del Teatro Romano ha suonato in maniera superba, riservando a degli ispiratissimi Greg Cohen (contrabbasso) e Joey Baron (batteria) diversi momenti solistici, può contare su un vastissimo repertorio di temi (a Verona sono stati scelti dei pezzi a botta sicura come Sippur, Karaim o Beeroth) e su dinamiche collettive di collaudata telepatia. Pur se già ascoltato e riascoltato negli anni colpisce sempre il calibrato equilibrio tra i diversi momenti dei brani, il rapporto spaziale e temporale tra collettivo e individuale, la rilassata consapevolezza dei quattro musicisti. Frettolosamente classificato come un incontro tra il primo Ornette Coleman e le melodie della tradizione ebraica, Masada si conferma, senza sorprese, un punto di riferimento imprescindibile del jazz degli ultimi anni. Nella prima parte della serata Zorn ha presentato il duo con Patton: mezz'ora scarsa di suoni tiratissimi, nei quali prevale l'urlo, la convulsione, il montaggio ipercinetico, la furia dell'estremo. Concisione e fantasia timbrica hanno reso davvero efficace una modalità espressiva non certo accattivante. L'ex cantante dei Faith No More si è poi unito ai Masada per la conclusiva Hath Arob, felice esito di una serata accolta dalla platea gremita con grande entusiasmo.

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