Water Music sull’erba per Bologna Festival

Il Bologna Festival riparte con l'Orchestra Barocca Zefiro, ricordando Mario Messinis

Bologna Festival Foto di Stefano Santi
Foto di Stefano Santi
Recensione
classica
Ozzano nell’Emilia (BO), Parco di Villa Isolani alla Quaderna
Bologna Festival
10 Settembre 2020

Terminato il ciclo dei festival estivi, forzatamente riadattati e ridotti per le note limitazioni sanitarie, la scommessa sta ora nella ripresa delle attività musicali ordinarie, ripartendo da dove si erano interrotte alla fine dell’inverno. Il Bologna Festival ci prova fra i primi, recuperando uno dei tanti appuntamenti saltati in primavera. Ma ben diverso è lo spirito: da classico concerto in auditorium, l’evento viene riformulato all’aperto, negli spazi suggestivi che circondano la nobile Villa Isolani alla Quaderna, appena fuori città.

Il ritrovo è anticipato: si comincia con il picnic sul prato antistante, come a Glyndebourne, godendosi il tramonto di fine estate, mentre nel parco dietro la Villa tutto è già pronto per ospitare l’esecuzione, con gli ampi spazi che garantiranno le distanze interpersonali e la brezza serale che ti riconcilia con le tensioni della giornata.

Del resto quella che si esegue è musica creata per essere eseguita proprio all’aperto, in convivi festosi: sezioni dalla cosiddetta Musica sull’acqua di Händel aprono il concerto, che prosegue sulla stessa linea stilistica con il primo Brandeburghese e la quarta Suite orchestrale di Bach, intercalati da un Concerto Grosso ancora di Händel (op. 3, n. 2).

A eseguire il tutto, l’Orchestra Barocca Zefiro diretta dall’oboista Alfredo Bernardini, suo fondatore. Si tratta di un complesso peculiarmente italiano, con forte peso affidato alle sezioni dei fiati, costituito perlopiù da docenti di strumenti d’epoca attivi in conservatori italiani e stranieri.

La leggerezza cui allude il nome dell’ensemble è stata particolarmente apprezzata in una deliziosa giga inserita nella Water Music. Di risultato ineguale l’esito delle altre partiture: particolarmente riuscita la resa del concerto grosso händeliano, privo degli ottoni, mentre il brandeburghese è sembrato troppo complesso per garantire al meglio intonazione e sincronia fra tutti gli strumenti.

La festa per la ripresa delle attività concertistiche era tuttavia velata da quella malinconia che ti prende quando non ritrovi più chi, a tali eventi, aveva legato indissolubilmente il suo nome, la sua presenza, la sua intelligenza: l’8 settembre si è spento Mario Messinis, che ha diretto il Bologna Festival dal 1992 al 2019, per ventisette anni ininterrotti. A lui si deve l’attuale fisionomia della manifestazione, ora nelle mani di Maddalena da Lisca; a lui non mancheranno particolari omaggi pubblici, nel ricordo di un segno che lascia il segno.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Napoli: per il Maggio della Musica

classica

Nuova opera sul dramma dell’emigrazione

classica

Un'interessantissima lettura della Nona