Una Turandot di sogno

Convincente prova di Gergiev nel nuovo allestimento con la regia di Barberio Corsetti

Recensione
classica
Teatro alla Scala Milano
Giacomo Puccini
13 Aprile 2011
Una Turandot di sogno, più che da sogno. Calaf si sveglia all’apertura di sipario per ripiombare nel sonno (eterno come le favole?) in chiusura dell’opera (peraltro, avrà preso un sonnifero strong, per potersi addormentare con quel baccano di coro finale intorno). Il lato onirico è la firma della regia di Giorgio Barberio Corsetti, ma qui concepisce sostanzialmente uno spettacolo di impronta tradizionale a cui manca una forte idea di fondo: già, perché non basta proiettare sullo sfondo il faccione ghignante di Turandot o la sovrapposizione in tempo reale dei protagonisti col fondale blu con gli sfondi in movimento (tecnica usata molto meglio nella sua regia della Pietra del paragone di Rossini) per avere una Turandot onirica. Soprattutto, manca il mistero. Componente, questa, che è invece assai presente nella lettura in buca di Valery Gergiev – di cui è noto il tardivo arrivo in fase di prove – tutta votata alle sfumature, al ‘sottovoce’ (fantastico il pianissimo con cui riesce a reggere tutto il “Notte senza lumicino” delle maschere), a un misto di primordiale ed efferato. L’orchestra della Scala, sul tutto, lo segue al meglio con una prova da ricordare, soprattutto nella sezione percussioni e – mirabile dictu – degli ottoni. Inoltre, in questo repertorio il coro della Scala guidato da Casoni non ha rivali. Per i cantanti, invece, il pollice è tendenzialmente verso: Maria Guleghina è una Turandot meno imperiosa di quel che ci si attendeva, ed è riuscita pure a sfumare qua e là qualche frase, ma in generale il personaggio è assente; Marco Berti è un Calaf da Arena, smorzati assenti e vibrato usato per aggiustare l’intonazione, mentre la Liù di Ekaterina Scherbachenko è flebile flebile, quasi di sogno, più che da sogno.

Interpreti: Turandot: Maria Guleghina; L'imperatore Altoum: Antonello Ceron; Timur: Marco Spotti; Calaf: Marco Berti; Liù: Ekaterina Scherbachenko; Ping: Angelo Veccia; Pang: Luca Casalin; Pong: Carlo Bosi; Mandarino: Ernesto Panariello; Principe di Persia; Jaeheui Kwon

Regia: Giorgio Barberio Corsetti

Scene: Giorgio Barberio Corsetti e Cristian Taraborrelli

Costumi: Giorgio Barberio Corsetti e Cristian Taraborrelli

Coreografo: Ricky Sim

Orchestra: Orchestra del Teatro alla Scala

Direttore: Valery Gergiev

Coro: Coro del Teatro alla Scala

Maestro Coro: Bruno Casoni

Luci: Fabrice Kebour

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Bologna: il nuovo allestimento operistico dell’Orchestra Senzaspine ha debuttato al Teatro Duse

classica

Successo per Beethoven trascritto da Liszt al Lucca Classica Music Festival

classica

Non una sorta di bambino prodigio ma un direttore d’orchestra già maturo, che sa quello che vuole e come ottenerlo