Una storia del funk

Fred Wesley a Firenze per Musica dei Popoli

Recensione
jazz
Musica dei Popoli Firenze
08 Novembre 2014
Fred Wesley ha attraversato la storia del jazz e del funk con uno stile unico, ben riconoscibile, al tempo stesso ammaliante e rigoroso. Ritmiche precise e una timbrica che hanno fatto da colonna portante per grandi star del calibro di James Brown e George Clinton. Proprio per Brown ha diretto la travolgente JB's dal 1970 al 1976, prima di lanciarsi in altre avventure musicali e collaborazioni che ne hanno mostrato lo spirito trasversale, sempre aperto ai generi e in continua evoluzione. Anche per questo non stupisce che il concerto all'Auditorium Flog inizi con “Spain” di Chick Corea, entrata da tempo nel repertorio di Wesley, per ribadire ulteriormente come la cifra stilistica del suo gruppo si nutra a piene mani anche della fusion più raffinata. Il pubblico reagisce da subito in maniera entusiastica, conquistato ulteriormente da una tripletta dei brani più amati: “Funk for Your Ass”, “Damn Right I Am Somebody” e “Fourplay”. La New JB's che accompagna Wesley è una macchina battente che sa fa ben vibrare gli amanti dello shuffle trasportandoli nelle atmosfere degli anni settanta con estrema naturalezza. La batteria di Bruce Cox, la chitarra ai Reggie Ward e il basso di Dwayne Dolphin si divertono a giocare tra le dinamiche, passando da momenti più delicati a veri e propri slanci distorti. Bamey McAll amalgama il tutto con le sue tastiere, mai troppo invadenti, per far emergere la sezione fiati di Wesley, Garry Winters alla tromba e Phillip Whack al sax. Il resto è tutta una rincorsa tra le note ballabili che traghettano il pubblico da brani come “Bop to the Boogie”, che hanno caratterizzato il percorso artistico del Wesley dei primi anni Ottanta, alla perla “Peace Power”. E poi di nuovo un tuffo nel 1974 con “Breaking Bread”. Ultimi scoppiettii nel segno di James Brown con “Pass the Peas”, “Gimme Some More” e “Doing it To Death”. E gran finale affidato a una versione di “House Party” che ritrova tutta la sua bellezza, spuriata dalla melassa delle produzioni di certi eighties.

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