Una "Pia" preraffaellita

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Recensione
classica
Gran Teatro La Fenice Venezia
Gaetano Donizetti
15 Aprile 2005
La iattura del rovinoso incendio feniceo, avvenuto nella notte tra il 12 e il 13 dicembre 1836, l'aveva allontanata dall'alveo cui era destinata, dirottandola (e posticipandola il 18 febbraio 1837) al vicino Teatro Apollo, già dei Vendramin a S. Luca. Vi ritorna ora nella 'falsa' Fenice grazie alla complessa operazione chirurgica curata con acribia da Giorgio Pagannone, di indiscutibile pregio e che ci auguriamo a breve poter rimpiazzare la "Pia de' Tolomei" di Gaetano Donizetti nota al pubblico nella versione usuale napoletana (pur sempre rara), munita di lieto fine. Partitura rigogliosa di formule musicali convenzionali, ma intensamente espressive, essa stringe le contraddizioni dei personaggi che il povero Cammarano aveva desunto da Dante in una sequela di cavatine, lamenti, cabalette, impeti lirici, furenti corali e duetti generosi. Le limature che Donizetti approntò per le versioni di Senigallia e Napoli cassarono, per esempio, pagine sublimi come la "scena e cavatina di Rodrigo" del I atto (in seguito al non felice esito lagunare della Mazzarelli nel ruolo di Rodrigo) e il "coro di Guelfi" che apre il II. Agitare la fiaccola del romanticismo risorgimentale con la natura del canto, pieno di accenti, salti di registro e contrasti drammatici, ben si addice alla vicenda di Pia sullo sfondo di guerra tra Guelfi e Ghibellini. E il regista Gangneron, affascinato dalla presenza/assenza di Pia e dalla reversibilità del tema odio/amore, ha dato prova di libertà di manovra ispirandosi alla pittura preraffaellita: scene astratte, rette da pannelli di gusto berlinese, in cui compaiono i frammenti cubitali della lettera anonima scritta da Rodrigo che genera l'equivoco, felicemente risolte da Leproust. La spontanea concordia che al tempo di Donizetti correva fra l'opera e i grandi cantanti per i quali era stata pensata dovrebbe oggi essere rivissuta a patto di ricostituire il mondo canoro entro cui le Pie nacquero. Tale operazione storico-culturale è stata egregiamente recepita da Laura Polverelli, contralto "en travesti" dalla vocalizzazione eccellente, che ha incarnato un ineccepibile Rodrigo in perfetta intonazione alla dialettica della musica. Dalla Ciofi, sempre tenace nel leggere pagine morte per riportarle a nuova vita, ci aspettavamo colorature trasfigurate in lirici sospiri, prolungate interiezioni passionali, accenti 'au confessional du coeur' e invece si sono colti, al di là della meccanicità, più i suoi limiti (sforzi di emissione, scarsa percezione delle parole). Discreti il Piero di Borowski e il Ghino di Schmunck. Tra i comprimari emerge la bella voce di Francesco Meli, in grado di assolvere ruoli ben più complessi. Nei binari di una concertazione prudente si è orientato Arrivabeni (mai uno sguardo al palcoscenico!) tant'è che spesso il coro e i cantanti inciampavano in contrattempi ritmici.

Interpreti: Pia: Patrizia Ciofi; Ghino degli Armieri: Dario Schmunck; Nello della Pietra: Andrew Schroeder; Rodrigo: Laura Polverelli; Piero: Daniel Borowski

Regia: Christian Gangneron

Scene: Thierry Leproust

Costumi: Claude Masson

Orchestra: Orchestra del Gran Teatro La Fenice

Direttore: Paolo Arrivabeni

Coro: Coro del Gran Teatro La Fenice

Maestro Coro: Emanuela Di Pietro

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