Una nuova prospettiva per il Trittico

Gelmetti presenta in una luce nuova il Trittico pucciniano, proseguendo nella sua rilettura dell'opera italiana dei primi decenni del Novecento, in cui sta gradualmente scoprendo una modernità fino a ieri insospettata

Recensione
classica
Teatro dell'Opera Roma
Giacomo Puccini
22 Gennaio 2002
Una solista (Bernadette Manca di Nissa) affacciata da un palco, un coro e un coro di voci bianche schierati in platea, più l'orchestra in buca - mentre le luci in sala si illuminavano sempre di più ad ogni strofa - hanno eseguito un inno di Mameli elevato all'ennesima potenza, che senz'altro avrà reso felice il presidente Ciampi, intervenuto allo spettacolo inaugurale della stagione lirica dell'Opera. Poi, il passaggio da tutta quest'enfasi al Tabarro era ancora più brusco, tanto più che la prima parte del Trittico nella lettura di Gelmetti e De Simone ha perso definitivamente i suoi connotati di storia grandguignolesca con contorno di episodi bozzettistici per diventare il ritratto d'un proletariato miserrimo, in cui sentimenti e speranze non possono condurre che a sbocchi sordidi e violenti. Un quadro dipinto da Gelmetti con una serie di piccole pennellate sottili, nette e acide, che avvolgono quest'angolo di Parigi in un'aria caliginosa, strisciante, appiccicosa, mefitica. S'inseriscono benissimo in questa linea interpretativa Daniela Dessì, una Giorgetta più lirica del consueto ma anche spenta e priva di speranze, e Carlo Guelfi, un Michele tenebroso ma non grandguignolesco. E anche un tenore di routine come Alberto Cupido appare contagiato da quest'approccio privo di sentimentalismo e retorica e interpreta Luigi senza sparate tenorili. Apparentemente la messa in scena non si discosta dalla tradizione, ma i personaggi sono stanchi e tristi, i vestiti e l'aria stessa sono intrisi di polvere di carbone, l'unico squarcio di luce è un irreale tramonto rosso, ma chi sta in quei bassifondi non può nemmeno vederlo. Diversissima, tersa, leggera, rarefatta, ma egualmente claustrofobica, è l'atmosfera orchestrale nel convento di Suor Angelica. Il giulebbe delle scene delle varie suorine è solo una patina, che non nasconde l'animo indurito delle suore più anziane e i piccoli ma tremendi drammi personali delle più giovani. Però la scena con la zia principessa - in cui Puccini miscela crudelmente dosi fenomenali di sadismo e sentimentalismo - è meno terribile del solito: la Manca di Nissa mantiene una calma distaccata che la rende ancora più inumana ma è deficitaria nel registro acuto e nel volume, mentre la Dessì ha in Suor Angelica tensioni e durezze che incrinano la vibrante semplicità della linea (ma è splendida poi nell'aria dei fiori: dobbiamo ringraziare lei e Gelmetti per il recupero di questa pagina arcana, modernissima, che illumina di luce diversa il finale, altrimenti sempre poco convincente). Anche qui la regia è sostanzialmente tradizionale, ma con un'accentuazione dell'atmosfera da caserma del convento, con quelle suorine che si muovono in piccoli plotoni ordinati, o addirittura da carcere, con le novizie che si affacciano dietro finestroni chiusi da grate. Messa in scena originalissma invece per Gianni Schicchi, con personaggi assurdi e caricaturali, a metà strada tra gli Addams e i Simpson: un ritrattino surrealistico ma anche crudelmente preciso (e divertentissimo) della famiglia di Buoso Donati. Cantano benissimo e recitano ancora meglio Carlo Guelfi (Gianni Schicchi popolano e sanguigno), Daniela Dessì e Giuseppe Filianoti (lei una Lauretta più stupidina che ingenua, lui un Rinuccio molto sveglio e furbetto). Ma anche qui il vero deus ex-machina è l'orchestra, a tratti freneticamente veloce ma più spesso molto lenta, che sottolinea la perfidia che si cela dietro l'umorismo con cui Puccini presenta questo piccolo mondo privo d'ogni barlume d'umanità. Tanta mondanità, e molti applausi per tutti, con un boato d'entusiasmo quando alla fine Gelmetti è uscito al proscenio.

Note: nuovo all.

Interpreti: Dessì/Nizza/Izzo/Barbieri, Manca di Nissa, Cupido / Martinucci, Guelfi / Mastromarino / Rinaldi (Guelfi è il baritono del primo cast per Tabarro e Schicchi, nel secondo cast viene sostituito da Mastromarino per Tabarro e Rinaldi per Schicchi), Filianoti / Giordano, Cassian, Reale, De Mola, Bragaglia, Nicotra, De Gobbi, Di Filippo, Fiore, Utzeri, Colaianni, Snarski

Regia: Roberto de Simone

Scene: Mauro Carosi

Costumi: Odette Nicoletti

Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera

Direttore: Gianluigi Gelmetti

Coro: Coro del Teatro dell'Opera

Maestro Coro: Andrea Giorgi

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