Trent'anni di Festival del Mediterraneo

Edizione speciale per il Festival Musicale del Mediterraneo di Genova

Deos & WoldWideWomen (foto Michele Mannucci)
Deos & WoldWideWomen (foto Michele Mannucci)
Recensione
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Genova
Festival Musicale del Mediterraneo
01 Settembre 2021 - 19 Settembre 2021

ll catalogo (delle cifre) del Festival Musicale del Mediterraneo è più o meno questo, su trent'anni continuativi di vita. Quattrocentocinquanta concerti, oltre quattromila musicisti coinvolti. Seminari, pubblicazioni, workshop, parate musicali. E un libro in arrivo, presumibilmente entro la fine dell'anno, che raccoglierà le testimonianze di chi c'è stato e ha qualcosa da dire su una storia consolidata ma mai ingessata, necessaria e pesante, ma nel segno della leggerezza calviniana. Con molti momenti topici, e la necessità dell'incontro sempre in primo piano. Perché se una certa dose di diffidenza è connaturata a Sapiens, come dicono gli antropologi, è altresì vero che solo l'incontro con la singola persona può persuaderci che non sempre il pericolo dell' “altro” è in agguato.

Il Festival Musicale del Mediterraneo diretto da Davide Ferrari di Echo Art, musicista, musicoterapeuta, ricercatore, ha compiuto trent'anni. Tre decenni festeggiati quest'anno con una serie di concerti e seminari sparsi per la città, come al solito in diverse e suggestive location, nel segno da una parte del ricordo delle “eccellenze” nella storia della rassegna, ammesso e non concesso che ognuno potrebbe avere una propria opinione a proposito, in cotanta messe di proposte, dall'Africa all'Australia, dall'Estremo Nord Europeo all'America Latina, dall'altra, al solito, della proposta di progetti originali. Spesso con iniziative che erano ricordo e progetto innovativo assieme, chiudendo il cerchio.

Come ha sostenuto un bravo musicista che fece parte di una grande band del passato prossimo di Genova, i Blindosbarra, ci fosse un po' più di attenzione da parte di chi amministra la città, per lo spessore culturale unico e inattaccabile del Festival del Mediterraneo, tra i più longevi in Europa, oggi sarebbe oggi la chiave di volta del sistema spettacolare e culturale della città che nel nome ha la radice di “porta”, porta del Mediterraneo e del mondo, trascinandosi a caduta tutta una serie di iniziative collaterali continuative.

Così non ha da essere, nonostante il patrocinio Unesco, e dunque resta il livello altissimo di ogni edizione, e la cronaca della serie di date che hanno scandito quest'anno il trentennale, nei primi venti i giorni di settembre. Spesso con concerti all'alba, sulla suggestiva Isola delle Chiatte nel Porto Antico, o al tramonto. Nell' impossibilità di dar conto di tutto, segnaleremo alcuni snodi centrali di questa edizione di festa, a cominciare dalla data iniziale di Deos (Dance Ensemble Opera Studio) di Giovanni di Cicco, primo maestro coreografo a condurre interessanti esperienze di inserimento di danzatrici in contesti rituali sufi dervisci maschili, con WWW WorldWideWomen, sezione speciale tutta al femminile di musiciste dalla Banda di Piazza Caricamento, (ensemble che s'è riunito con membri passati e presenti per un concerto speciale).

Nella serata iniziale al Ducale si sono ripercorse le piste di Coreografie, un cd di Echo Art, il gruppo di Davide Ferrari di  trent'anni fa, facendo incontrare il minimalismo art rock ed etnico della registrazione, per nulla invecchiata, con un testo persiano di Nezâmi sull'“amore folle”. Eleganza estrema e commozione. Sono tornati a salutare il loro pubblico la tuvana Sainkho Namtchylak e il maestro di canto armonico vietnamita Trang Quang Hai, per una serata di vocalità estrema condotta con leggerezza danzante.

All'alba del 5 settembre dal Rajashtan i fratelli Khan, Parveen al tampura e alla voce, Ilyas alle tabla e al tablaboxing, vertiginoso incrocio di ritmi antichi e beatbox vocale, raga del mattino per accompagnare il sorgere del sole nel Porto. Ed ancora le percussioni acquatiche secondo la pratica akutuk della magnifica camerunese Loïs Zongo, e il festoso incontro tra la pizzica salentina di Arakne Mediterranea  e gli Gnawa Bambara, grandi amici del Festival.

Un progetto speciale, Cordofonie, ha messo assieme al Teatro della Tosse la chitarra jazz di Marco Tindiglia, oud, bouzouki e chitarra battente di Franco Minelli dell'Orchestra Bailam, chitarre e altre corde etniche mediterranee di Michele Ferrari, ed infine il tar della persiana Sogol Mirzaei, tanto timida nell'apparire, quanto dirompente nella bravura sul suo liuto dal manico lungo: un incrocio quasi frastornante di temi e possibilità espressive, cordofonia e cordofilia, si potrebbe dire.

Chiusura con altri amici storici del Festival, i Tenores di Santa Barbana di Silanus. I quali, ha anticipato Davide Ferrari, presto saranno al lavoro per un suggestivo e inedito incontro con i tamburi rituali giapponesi di Joji Hirota & Kyoshindo. Ne sentiremo delle belle.

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