Riscoprire Robinson Crusoé

Parigi al Théâtre des Champs-Élysées recupero riuscito dell’opéra-comique di Offenbach

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07 dicembre 2025 • 3 minuti di lettura

Robinson Crusoé
Robinson Crusoé

Parigi, Théâtre des Champs-Elysées

Robinson Crusoé

03/12/2025 - 14/12/2025

Non c’è l’isola deserta, ma un Robison moderno che parte in cerca di fortuna in Sud America e finisce in un accampamento di poveri disperati sotto le sagome svettanti dei grattacieli. Ed i selvaggi invece hanno giacca e cravatta, rossa e lunga oltre la vita come Trump, oppure tute militari o divise da fast food. Riuscitissima nuova produzione, in collaborazione con il Palazzetto Bru Zane, di questo poco conosciuto lavoro di Jacques Offenbach creato nel 1867 all'Opéra-Comique con libretto, ancora oggi attualissimo, pieno di battute divertenti dall’ironia graffiante, di Eugène Cormon e Hector Crémieux, con i dialoghi appena adattati da Agathe Melinand con qualche piccolo riferimento alla nostra attualità. Il regista Laurent Pelly ha attualizzato quindi la vicenda e la storia funziona bene pure nei giorni nostri, una storia d’avventura e di amicizia, ma anche una grande storia d’amore, quella tra Robinson Crusoé e la cugina Edwige, e non mancano quindi anche pagine liriche di grande tenerezza e romanticismo. Tutto il cast è all’altezza e adeguato per i diversi personaggi con in particolare una strepitosa Julie Fuchs nella parte di Edwige quando è catturata dai selvaggi e drogata prima di essere sacrificata, che recita benissimo la parte di chi ha perso i freni inibitori ed il suo canto è scoppiettante di acuti e vocalizzi perfettamente eseguiti. La parte di Robinson Crusoé, che inizialmente avrebbe dovuto essere interpretato da Lawrence Brownlee, è stata affidata al giovane tenore malgascio Sahy Ratia che si fa ammirare subito per il bel timbro e dolce musicalità della voce, ma che da il meglio di sé dopo, quando diventa un naufrago con barba e capelli lunghi e arruffati, perché acquista sicurezza e s’impone finalmente in scena. La direzione d'orchestra è di Marc Minkowski, alla testa del suo ensemble Les Musiciens du Louvre, che affronta con grande autorità la variegata partitura, che spazia da pagine molto delicate al valzer al marziale,  soltanto lascia andare forse un po’ troppo, probabilmente volutamente poiché è un’opera comica, i suoi musicisti a dei forti ben sottolineati, ma sempre perfettamente eseguiti, sopratutto le percussioni. Ma salvo questa piccola perplessità, tutta l’esecuzione orchestrale è molto godibile, e si fanno apprezzare in particolare le brevi sinfonie che precedono gli atti, riassuntiva di tutti i sentimenti quella d’ouverture, molto ben eseguita in particolare l’ultima, quella melodrammatica che annuncia il lieto fine. Ma tutto a inizio su una pedana quadrata rotante che condensa alcuni ambienti della casa dei Crusoé a Bristol, mamma e papà interpretati rispettivamente dal mezzo Julie Pasturaud e  al baritono-basso Laurent Naouri. Li troviamo anche la sveglia e vispa cameriera Suzanne, il soprano canadese Emma Fekete fidanzata segretamente con Toby, l’amico un po’ tonto ma tanto dolce di Robinson, ruolo affidato al bari-tenore Marc Mauillon, entrambi bravissimi e cantanti, deliziosi nei loro duetti. In Sud America, troviamo poi  Vendredi (Venerdì) interpretato dal mezzo Adèle Charvet, dalla prestazione in crescita durante lo spettacolo, la cui voce si rafforza e si impone nelle sue ultime arie. Ma sull’isola c’è pure JimCocks, il vicino di casa dei Crusoé catturato dai cannibali e diventato il loro cuoco, esilarante l’aria della sua ricetta del bollito umano, ruolo affidato al tenore Rodolphe Briand. Fa molto bene anche il coro accentus, istruito dal maestro Louis Gal, sia vocalmente che nelle azioni sceniche e nei travestimenti divertenti in cui è coinvolto. I costumi sono dello stesso Pelly e caratterizzano perfettamente i personaggi, mentre  le scene sono di Chantal Thomas e le luci di Michel Le Borgne. Lascia perplessi il fatto che è stato deciso di dividere il lavoro, originariamente in tre atti e cinque scene, in due parti ma stranamente con una prima parte di quasi due ore ed una seconda parte di poco più di mezz’ora. Non sembrano che ci siano esigenze di allestimento particolari, gli altri cambi scena sono risolti efficacemente e velocemente con brevi chiusure di sipario. Per il resto sono pochissimi i punti discutibili di questa nuova produzione, che funziona perfettamente e fa ridere molto il pubblico.  Lo spirito e il genio d’Offenbach ci sono tutti e ci si meraviglia che quest’opera sia stata tanto trascurata in passato.