Red Wine, Bluegrass per Genova

Il Bluegrass Party n. 16 della Red Wine al Teatro della Tosse

Red Wine
Foto di Alessandro Ardy
Recensione
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Genova, Teatro della Tosse
Red Wine Bluegrass Party n. 16
23 Novembre 2024

Ci sono avventure in musica che hanno lo spazio di un’idea appuntata in due righe, ci sono avventure che si dipanano per qualche pagina, come racconti di efficace concisione, e infine esistono percorsi avventurosi di lunga durata, che il tempo lo accileccano diventando essi stessi tempo del suono e della lunga durata. Un libro sonoro che non ha fine. 

Quest’ultimo percorso, vuoi perché così ha deciso il destino che cripta i suoi capricci nei più svariati travestimenti, vuoi perché sotto pulsa la volontà tenace di musicisti decisi a non mollare un giocattolo musicale che riempie di gioia, è il segno preciso di Red Wine. Ensemble dedito al bluegrass in ogni forma possibile: come filologica riproposta di un materiale musicale di matrice nordamericana, come “invenzione di una tradizione”, per dirla con Hobsbawm, come possibilità di affrontare in chiave elettroacustica e debitamente assolutizzata qualsiasi materiale sonoro di base. 

Pratica, quest’ultima, decisamente incistata nella matrice di ogni suono afroamericano. Red Wine è al quarantaseiesimo anno di attività: si avvicina il mezzo secolo, scavallando i decenni con grazia, compattezza ed eleganza. 

Il 23 novembre Red Wine è tornata ad animare i suoi Bluegrass Party a cadenza annuale alla Sala Trionfo del Teatro della Tosse di Genova, stipato di persone che li attendevano. Un’occasione importante, perché da un lustro esatto la band mancava dalla grande sala, e perché, ora, c’era un disco nuovo da presentare nuovo di zecca, New Night Dawning: dedicato a una Genova che riesce a far conto su se stessa e risollevarsi, dopo il crollo del Ponte Morandi, alla faccia di tanta cattiva politica qualunquistica urlata e brandita come arma contundente. E le magnifiche foto – scenografie su Genova del compianto Stefano Goldberg e di Alessandro Ardy, che ne ha rilevato il ruolo, ne sono state dimostrazione. 

Come di consueto, ogni Bluegrass Party è un’occasione preziosa per allargare il palco della Red Wine a tanti amici musicisti d’eccellenza ospiti. Quest’anno c’erano Francesco Mosna da Trento, formidabile specialista del dobro, e voce country rock perfetta, Roberto Bongianino a fisarmonica e melodica, un cesellatore di finezze e fioriture sui brani, Davide Zalaffi alla batteria, il “quinto membro occulto” della Red Wine, un strepitoso Paolo Bonfanti alla chitarra sul finale, che con il mandolinista Martino Coppo della Red Wine da anni porta avanti un duo, documentato anche discograficamente, di spessore notevole. 

Nel disco nuovo c’è ospite anche Tim O’Brien,  grande amico della band: da lui arriva la magnifica "The Church Steeple", riproposta in concerto, e un paio di brani dal grande Gary Ferguson: in un caso "Sally’s Angel", attento a rifinire il lavoro del banjoista (ma anche chitarrista) storico della Red Wine e fondatore, Silvio “Doc” Ferretti. A Ferretti si deve anche "Westport", solida melodia di impianto Irish che poi diventa un rutilante bluegrass strumentale, con cambio di tempo, mentre dalla firma di Coppo, mandolinista che affronta impervie vette di velocità con una leggerezza fatata e il sorriso sul volto, arrivava l’ironica "Blackout Laundry”. 

E il bluegrass  “classico”? C’era anche quello, in concerto, con una derapante "My Walkin’ Shoes". Al solito scandita con precisione metronomica dal basso rotondo sugli ottavi di Lucas Bellotti e dalla chitarra bruciante di Marco Ferretti, da sedici anni nella band accanto al padre.

 Commovente il tributo a un grande musicista genovese, Vittorio De Scalzi dei New Trolls, con l’esecuzione della sua ultima canzone scritta, "Quelle Navi": debitamente armonizzata per voci e corde, come da tradizione Red Wine. Ed ancora: "So Doggone Lonesome", un gioiello minore dall’uomo in nero Johnny Cash  approntato per un tributo importante, e ora dal palco e sull’ultimo disco, e la soddisfazione di veder riproposta (e incisa) la "Woodstock" di Joni Mitchell che diede corpo a un’intera edizione del Party. 

Finale in tripudio con gran festa bluegrass – gospel, tutto gli ospiti sul palco: una versione trascinante di "Saved", anno di grazia 1960, che usarono per festeggiare anche Elvis Presley e la Band di Moondog Matinée.

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