Le alchimie tra musica e danza di Aruán Ortiz
Il progetto Flamenco Criollo ha inaugurato con successo il Festival Aperto 2024
A inaugurare la XVI edizione del Festival Aperto di Reggio Emilia è stato chiamato Aruán Ortiz e il suo Ensemble, impegnato a presentare in questa occasione l’originale progetto Flamenco Criollo. Pianista e compositore nato a Santiago de Cuba ma residente a Brooklyn, Aruán Ortiz è un artista attivo sulla scena jazz statunitense ormai da più di tre lustri, coltivando una visione musicale nutrita di rimandi stilistici differenti e trasversali.
Un’attitudine che trova in Flamenco Criollo un terreno decisamente fertile, come è emerso anche l’altra sera di fronte al folto pubblico presente al Teatro Valli, trascinato in un crescendo multicolore che miscelava musica e danza in una sorta di sequenza composta da pannelli stilistici giustapposti – all’inizio forse un poco scollati ma via via sempre più efficaci – capace di legare idealmente melismi arabi con caratteri iberici per confluire in espressività afrocubane.
Frutto di due anni di ricerche condotte dallo stesso Ortiz sulle tracce di melodie di origine moresca migrate nella Cuba coloniale attraverso la Spagna tra il XVII e il XVIII secolo per trasformarsi infine in canzoni popolari nel melting pot cubano, Flamenco Criollo ha esordito nel 2021 come commissione della Flamenco Biënnale Nederland. Un’operazione che ha riunito attorno al pianoforte dell’artista cubano un gruppo di musicisti, cantanti e danzatrici di differente estrazione e provenienza, che qui a Reggio Emilia sono ritornati a riproporre in una veste rinnovata questo particolare progetto.
Artisti originari di terre diverse quali Marocco, Palestina, Cuba, Stati Uniti e Spagna chiamati a combinare, tra gli altri, i suoni di Al-Andalus – ovvero la Spagna islamica – ai ritmi rituali dall'Africa in un amalgama cangiante, dove si ritrovano miscelati colori timbrici differenti. Dallo oud di George Ziadeh al violoncello di Martín Meléndez, alle variegate percussioni di Fernando Favier, Inor Sotolongo e Yomar Amador, l’incedere musicale ha offerto – più che una vera e propria fusione di mondi espressivi – una sequenza di atmosfere differenti, ognuna sostanzialmente distinta in una giustapposizione stilistica plasmata con efficacia crescente grazie ad uno scorrere sempre più fluido dei diversi dialoghi strumentali, arricchiti con discrezione dagli interventi di pianoforte e synth di Aruán Ortiz e impreziositi dalle voci diverse ma complementari di Malika Zarra e Susana Orta.
Un caleidoscopio musicale completato dagli interventi delle danzatrici Niurka Agüero e María Moreno, capaci di alternare rispettivamente incursioni di segno afrocubano e flamenco in un dialogo coreografico ora intessuto a distanza ora ingaggiato in maniera più diretta. Due artiste che si sono rivelate le principali protagoniste di alcuni dei momenti di maggior coinvolgimento di una serata terminata forse troppo presto e salutata da un bis ottenuto a forza di applausi da un pubblico decisamente caloroso.
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