Premio Parodi 1 | Ancora, la world music

Da Cagliari, il racconto dell'edizione 2013

Recensione
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Adoro essere al Premio Parodi (questo è il secondo anno: qui trovate il resoconto dell’anno scorso, in due puntate).
Fra le ragioni più ovvie c’è lo stare a Cagliari, l’incontrare musicisti e persone interessanti (per esperienza, le due cose non vanno necessariamente insieme), l’ascoltare musica nuova, lo scoprire – magari – tradizioni non frequentate. In un momento di difficoltà e sostanziale disinteresse (pubblico e di pubblico) per le musiche popolari e world, il Premio Parodi è un piccolo baluardo di resistenza critica e culturale.

Un’altra ragione è che – nonostante si sia passato lo scorso anno a discutere su cosa sia la “world music” che campeggia nell’intestazione del Premio – non si è ancora giunti ad una risposta ragionevole. O meglio, tutti noi (della giuria critica, della giuria tecnica, della direzione artistica) abbiamo nostre personali idee, magari modellate su una “ideologia” condivisa di cosa dovrebbe essere, su una serie di aspettative. Ma poi, nella pratica, chi ha ragione? E questo è un tipo di discussione che io adoro fare.
Il dato che emerge dai dieci partecipanti al Premio di quest’anno suggerisce che la concezione del termine stia cambiando. E il fatto che siano stati selezionati fra oltre 400 proposte, suggerisce che il dato cominci ad essere statisticamente rilevante. Senza entrare nel merito dei singoli progetti artistici (la gara è ancora in corso), non si può non notare come, già l’anno scorso, dominino le proposte di canzone più o meno “d’autore” in linguaggio minoritario, opportunamente filtrata attraverso linguaggi jazz ormai ampiamente condivisi e stilizzati (per lo più, sonorità “smooth”, raffinate). Pochi, molto pochi, i progetti che fanno della ricerca musicale su materiali popolari.
Il che – naturalmente – non è un male in sé. Solo induce a riflettere su come una nuova generazione di musicisti stia oggi interpretando il rapporto con le proprie “radici” culturali e linguistiche, o con la loro riscoperta. Senza commenti – per ora – l’elenco dei partecipanti in rigoroso ordine alfabetico.

1 - ALFINA SCORZA - "Li penzieri" (cilentano)
2 - CANTO ANTICO - "Me volesse addurmì" (napoletano)
3 - DAMM & DONG - "Luntan' " (napoletano)
4 - DOMINIQUE - "Torna" (siciliano)
5 - FRANCESCA INCUDINE - "Iettavuci" (siciliano)
6 - JERBASUNS - Flaba par gno fradi piçul (Friulano carnico)
7 - RUSO' SALA E CATERINANGELA FADDA - "La meva terra" (catalano)
8 - SARA MARINI - "Una rundine in sas aeras" (sardo)
9 - TRES CORDES - "Tres jorns a Paris" (occitano)
10 - UNAVANTALUNA - "Isuli" (siciliano)



Immagine rimossa.
Elena Ledda e Mauro Palmas

Certamente, la Sardegna – per le sue peculiarità storiche e culturali, oltre che musicali – fa probabilmente meno testo di altre realtà regionali. Ad ogni visita qui ci si rende conto della qualità e della complessità artistica espressa dai musicisti dell’isola: basterebbe a darne conto il toccante inizio della prima serata, prima della presentazione, con una “Preghiera” cantata da Elena Ledda (anche direttore artistico del Premio) con la mandola di Mauro Palmas; una sentita - e antiretorica - dedica alle popolazioni colpite dall’alluvione. O il premio speciale “Albo d’Oro” assegnato al giovane tenore turritano Francesco Demuro, passato da Verdi al canto a chitarra (da cui proviene, prima degli studi lirici) con una versatilità che non siamo abituati ad attribuire a musicisti di impostazione classica. World music anche questa?

Immagine rimossa.
Francesco Demuro

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