Neve sulla Sonnambula
Al Teatro delle Muse di Ancona la prima di Sonnambula, con la regia di Cristian Taraborrelli
![La sonnambula Teatro delle Muse](/sites/default/files/styles/review_detail/public/review/main_image/La%20sonnambula%20dal%20centro%20verso%20destra%20VERONICA%20GRANATIERO_ISABEL%20DE%20PAOLI_Amina0S7A4152.jpg?itok=qj5VPv5z)
Montagne innevate, sentieri tra i boschi, lunghe nevicate, sono stati gli ingredienti di una scenografia lieve e appena accennata, proposta da Cristian Taraborrelli per Sonnambula, al Teatro delle Muse di Ancona. Il regista e scenografo non ha “osato” e si è strettamente attenuto all’ambientazione indicata nel libretto, ben caratterizzata dai costumi in perfetto stile tirolese di Angela Buscemi.
Sul palcoscenico, a parte gli arredi necessari per la scena clou dell’opera (Amina che si corica e viene rinvenuta nel letto di Rodolfo) praticamente nulla: domina lo sfondo, con le proiezioni di scene naturalistiche in bianco e nero a cura di Fabio Massimo Iaquone dove protagonista è la neve; a volte tuttavia alle immagini si sovrappongono i volti dei cantanti in primo piano, sorta di gigantografie delle espressioni del volto già assunte dal vivo dagli interpreti.
![La sonnambula Teatro delle Muse](/sites/default/files/inline-images/LA%20SONNAMBULA_Marco%20Ciaponi%20ELVINO_Isabel%20De%20Paoli%20TERESA%20Veronica%20Granatiero%20AMINA%200S7A3733WW.jpg)
La regia ha voluto poi una predominante staticità, più evidente per il coro, ma presente anche nei cantanti solisti, appena increspata da una maggiore mobilità nei momenti di delusione e rabbia di Elvino. «Neve come sospensione del tempo e dello spazio» come scrive Taraborrelli nelle note di regia, congiunta alla staticità del palcoscenico: lettura che, sì, ha sottolineato il clima di favola pastorale dell’opera e la rievocazione di un mondo puro e incontaminato, fuori dal tempo, con personaggi irreali e senza spessore psicologico, ma che è risultata poco godibile, focalizzando l’attenzione dello spettatore solo sulla musica.
Gli interpreti, tutti al loro debutto nell’opera, hanno sostenuto molto bene le rispettive parti; è svettata Veronica Granatiero nella difficile parte di Amina, che Bellini scrisse per Giuditta Pasta: il pubblico ne ha apprezzato il bel timbro, i delicatissimi filati, le morbide colorature e l’ampia gamma dinamica. Marco Ciaponi, primo premio quattro anni fa al concorso Voci verdiane di Busseto, è stato Elvino; la tessitura molto alta della parte non ha valorizzato appieno questo tenore dalla voce solida e ricca di sfumature, più adatta al repertorio verdiano che a quello belcantistico. Applausi anche per Alessandro Spina nel ruolo di Rodolfo, per Maria Sardaryan in quello di Lisa e per Giuseppe Toia in Alessio, nonché per il Coro Lirico Marchigiano Bellini, quasi sempre in scena.
Alessandro D’Agostini ha diretto con gesto molto chiaro e preciso l’Orchestra Sinfonica Rossini e le voci, sempre con grande attenzione al palcoscenico.
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