Marzo contemporaneo a Berlino
Il 16 marzo inizia "MaerzMusik"
Sarebbe facile leggere nell’impaginazione la conferma, persino l’aggiornamento, dell’attitudine post-moderna (l’iper-moderno di recente conio, che riconsidera il dramma e le contraddizioni della realtà a scapito dal disimpegnato edonismo della precedente voga), e un sicuro riconoscersi in un panorama messo assieme più per addizioni che per sintesi complesse; ma la cultura dialettica non rinuncia al tentativo di afferrare il concetto dai fatti, ed ecco gli eventi concertistici (ed espositivi) affiancati da conversazioni pomeridiane (Thinking Together) segnate dai protagonisti e dalle chiavi tematiche dei concerti serali, come a voler dire: “la realtà è ormai un collage di frammenti, ma ciò non c’impedisce di costruirvi attorno reti d’argomentazioni concettuali”. Il ventaglio della programmazione è dunque esteso, metamorfico e plurale: dallo spettralismo alla scena elettronica di confine (con deliberate, frequenti estensioni ultramediali o installative), dalla liuteria reinventata simbologicamente e con modalità povere da Walter Smetak, alle condizioni di fruizione radicali e vincolanti di Grisey e Haas, fino al “lungo adesso” di oltre 24 ore consecutive, per un appuntamento finale che sembra voler suggellare la discontinuità della fruizione come metafora dell’impossibilità di una totalità oggi.
Il focus su un esponente – ahimé tra i pochissimi ancora in vita – del Sonic Arts Union, Alvin Lucier, suggerisce che gli snodi si cerchino qui più di là dell’oceano (e di lì, in giro per il mondo), che nei dintorni; e, a Berlino, non deve meravigliare, se si pensa che già dal 1974 proprio una costola del Berliner Festspiele proponeva, col MetaMusik di Walther Bachauer, una formula festivaliera nuova intorno alla musica contemporanea, scandagliando new scene newyorchese, rock progressive, musica etnica (allora appannaggio dei circuiti specializzati) e sperimentazione d’arte. Questo MaerzMusik sembra un tentativo di riprendere e riformulare quella traiettoria, con un approccio più strutturato e consapevole (al di là dei 40 anni trascorsi), e cercando di riportare in luce esperienze sospinte verso una conoscenza circoscritta.
A tal proposito, accenno qui (non potendone dar conto poi nel blog) alla produzione musicale di Catherine Christer Hennix, figura a dir poco poliedrica di poetessa concreta, artista visuale, intellettuale e ricercatrice scientifica (matematica), autrice sin dagli anni ’70 di ricercata e fascinosa drone music (realizzata con generatori d’onda e strumenti antichi): la Hennix firmerà la performance inaugurale del festival (The Electric Harpischord), un nuovo lavoro il giorno 22, e uno ancora nella giornata conclusiva. Qualche riga merita pure il citato svizzero-brasiliano Smetak, con i cui strumenti (le plásticas sonoras, parallelamente esposte) quattro compositori di diversa provenienza hanno accettato di misurarsi per altrettante prime assolute, affidate all’Ensemble Modern (23.3). Aggiornamento dunque a dopo il concerto di sabato 18, con la prima corrispondenza. Per dettagli sul programma: Berliner festspiele
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